Eravamo così presi dagli chef star con ciuffi, frangette e maniche arrotolate, dai menu cerebrali per cui battono orti, campi e boschi di montagna, da non renderci conto che perfino alcuni di loro sono stanchi di questo cortocircuito, Davide Oldani in primis, che spezzando una lancia a favore della categoria dei dipendenti risulta anticonformista.
Il fatto è che c’è un’intervista, pubblicata da Morning Future a Davide Oldani, chef stellato al D’O di Cornaredo, già allievo di Marchesi e Ducasse, da sempre molto televisivo.
Almeno a parole, Oldani va decisamente controcorrente, visto che pure nelle cucine stellate gli apprendisti chef vengono spesso sfruttati, pagati in nero, inchiodati ai fornelli per 80 ore alla settimana.
“Non ho dipendenti, sono io che dipendo da loro”. Nel senso che secondo lo chef proprietario del D’O di Cornaredo, la star non dura se non ha una squadra fidata intorno. Un concetto applicabile con facilità al mondo del calcio, dove le star esistono ma anche i numeri uno parlano di squadra. Mentre la sensazione è che molti chef abbiano invece perso la bussola.
Oldani parla di rapporti umani mentre la televisione continua a proporre un’infilata di programmi in cui i giovani aspiranti cuochi s’inchinano al grido quasi militare di “sì, chef”.
“Ogni volta che un giovane merita sono io il primo a spingerlo verso altre esperienze”, dice Oldani, il solo modo per andare oltre i sacrifici che questo genere di carriera impone”.
[Crediti | Morning Future]