Dopo l’annuale classifica sui multimiliardari paperoni, “30 Under 30” (30 non ancora trentenni con il “desiderio ardente di cambiare il mondo”) è la più nota classifica di Forbes.
Una lista della meglio gioventù internazionale colta mentre si prepara a governare il mondo, una specie di saranno famosi (e anche ricchi) sui leader del futuro.
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Questa volta, come ricorda Il Messaggero, sono undici i ragazzi italiani inseriti dalla rivista economica americana in 30 under 30 versione europea. Tra innovatori e visionari spuntano due chef, nella categoria Arte&Cultura.
Uno di loro è Davide Caranchini, classe 1990, curriculum da capogiro in sosta, almeno per ora, al ristorante Materia di Cernobbio, in provincia di Como.
Prima esperienza stellata da Semplice a Londra, la capitale della cucina europea dove si ferma un po’: tra gli “infernali” fornelli di Gordon Ramsay, poi Maze, Le Gavroche, dove fa lo chef-de-partie degli antipasti, Apsleys e Galvin at Windows, per intensificare la conoscenza della cucina asiatica.
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Infine —medaglia da appuntare sul petto— eccolo al Noma di Copenaghen, con René Redzepi, che dell’approccio innovativo nell’impiego di piante spontanee come elemento identitario della cucina nordica ha fatto il suo marchio di fabbrica.
Non c’è da stupirsi se oggi, accanto a Materia, c’è una serra con decine di varietà di piante, più o meno rare, selvatiche, in molti casi recuperate da tradizioni alpine.
Lo stesso Davide Caranchini coltiva e raccoglie erbe spontanee insieme al suo staff composto da Ambra Sberna, responsabile di sala (e fidanzata dello chef) e dai suoi fratelli, Marco e Luca Sberna.
Tutti giovanissimi, hanno tra i 27 e i 30 anni.
“In un luogo come il lago di Como dove i menu dei ristoranti abbondano di piatti a base di pasta e carne, o di pesci saporiti, Caranchini ha fatto qualcosa di rivoluzionario” —ha scritto di lui il New York Times, “creando un menu degustazione vegetariano di 5 portate basato su piante, erbe, foglie e semi” accanto a “Classico” con proposte più tradizionali.
Sono gli ispirati piatti che compongono il menu “Green power” (55 euro), tra questi Topinambur, burro nocciola, semi di senape e caffè, Linguine al non pomodoro, Sedano rapa “à la Royale”.
“Ci piacerebbe fare una cucina raffinata, ma con un’impronta più popolare”, ha detto al quotidiano americano lo chef che, nonostante la giovane età, applica con mestiere regole e tecniche della cucina orientale agli ingredienti del territorio lariano, come il pesce di lago.
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Ambientazione piena di fascino ma informale, prezzi praticabili per un ristorante di alto livello con un costo medio di 20 euro a piatto per le scelte alla carta.
Assolutamente da provare il piatto simbolico della sua cifra espressiva, auto definita “pop fine dining“, un dolce: Bansky.
Un sottile film di yogurt affumicato all’anice stellato e gelato alla camomilla, con la panna che fa da vernice da lanciare sulla tavolozza, nello stile di Bansky, appunto, il celebre artista di strada.
[Crediti | Il Messaggero, New York Times]