Si laurea la vicina? Compie 100 anni nonna Abelarda? Dopo un fidanzamento lampo di 22 anni e 6 figli hai deciso di sposarti? Che problema c’è, l’importante è che si mangi bene.
Proprio qui sta il problema: quante volte siete tornati delusi da banchetti matrimoniali, inaugurazioni, coffee break, feste di laurea?
Tante. Mangiare bene nelle cerimonie con catering è un’impresa, del resto cucinare per 100 persone non è facile, lo abbiamo detto tutti prima o poi addentando un fritto misto molliccio.
Così, intercettando la voglia di griffe perfino in questo settore della cucina, qualcuno (Kitchen Mood) ha messo insieme una scuderia di 10 cavalli di razza per proporre catering d’autore.
Diego Rossi, Eugenio Boer, Mauro Uliassi, Marcello Trentini, Cristiano Tomei, Eugenio Roncoroni, Moreno Cedroni, Felice Lo Basso, Giuseppe Zen, Wicky Pryian: insomma, mica pizza e fichi.
Stellati, ex stellati, gente in odore di stella che potrebbe polverizzare una volta per tutte i pregiudizi sulla cucina frettolosa da cerimonia.
D’altra parte, perché rischiare di mangiare male proprio quando c’è ragione di festeggiare? Ecco, appunto.
Con lo spirito di un condor con 15 decimi di vista, mi sono scapicollata dopo il lavoro alla cena di presentazione del progetto.
Testare è meglio che ciarlare del nulla, quindi mi sono sacrificata per la comunità e ho fatto una maratona culinaria di quelle da cui esci provato perché non puoi farti scappare nulla. E poi ho deciso di darvi dei consigli su come sfruttare al meglio l’occasione del catering d’autore.
Per la laurea “splatter”
– Dimenticate i noiosissimi confetti rossi e sostituiteli con qualcosa di più ardito. Per rendere omaggio all’essere sopravvissuti al mondo accademico, lo chef più adatto alla festa di laurea è di certo Eugenio Roncoroni (una delle due anime di Al Mercato a Milano).
Non andrà per il sottile il ragazzo, ve lo dico: è uno che, per dire, col coriandolo non ha la mano leggera, e non ha paura di far torto ai vegetariani. Con ogni probabilità i compagni di corso si ricorderanno della vostra laurea non tanto per la discussione ansiogena, ma per la sella di lepre, porro bruciato, bernese alla cenere e jus.
E poi è giovane, tatuato, tenebroso e le damigelle sospireranno per lo chef del cuore, nel senso di quinto quarto.
Per il matrimonio senza compromessi
– Niente crespelle e bis di primi. Possibilmente niente colonne rivestite di finto marmo e nemmeno buffet convenzionale. Per il matrimonio gourmet contemporaneo sarebbe cosa buona e giusta scegliere un purosangue che in cucina ci sta come il prete sull’altare.
Il cugino del cognato della zia si ricorderà, anche dopo 20 anni, che al vostro banchetto quei macaron salvia e rosmarino con ganache di cuore, fegato di piccione e gru e di fave di cacao erano eccezionali.
Eugenio Boer (di Essenza a Milano) ha personalità e si capisce dai suoi piatti coraggiosi, non adatti ai deboli di cuore o ai palati abituati alle sciaperie.
Se ne discuterà a lungo del risotto alla cenere, salmerino di montagna e le sue uova, anche quando la coppia avrà già i figli all’università: un piatto che non scende a compromessi e che, quindi, trasformerà tutti in “critici gastronomici”.
Per la nascita del primogenito
– I momenti topici vanno festeggiati come si deve, senza rinunciare a nulla, godendosi il meglio, fregandosene delle bilance, delle diete, delle calorie. Abbondanza, sostanza e odi solenni alla dea della fertilità non possono che essere rappresentate dal cibo “di panza” per eccellenza: lo street food.
Non dico che bisognerebbe strafogarsi, ma il senso non è tanto lontano: almeno per una giornata, scegliendo come capo catering Giuseppe Zen, ci si potrebbe dare dentro con pizza fritta e baccalà brandacujun.
Ma dal cappello, qui, lo chef potrebbe fare uscire sorprese di tutti i tipi, e se conoscete Mangiari di Strada capite il perché. Unica controindicazione: alla festa potrebbero non bastare i tovagliolini mignon da signorina che avete ordinato.
Un catering dove non ci si sporca la bocca che catering è?
Per la promozione lavorativa
– Dopo anni di gavetta dovrai indossare la cravatta e andare a un sacco di cene dove si parlano 12 lingue diverse e si mangiano piatti fusion. Anche se qui non è New York potrebbe capitare e bisogna stare pronti ad accontentare il capufficio tradizionalista e il collega 2.0.
Allora, per entrare già nel mood, lo chef della festa potrebbe essere Wicky Pryian, chef di Wicky’s Cuisine Seafood, in Corso Italia a Milano, probabilmente il migliore ristorante nippo-fusion d’Italia. Una sorta di samurai in versione contemporanea che a suon di crudi sconfiggerà le remore che ancora potete avere sulla cucina asiatica.
Ad esempio: il sigaro di baccalà è un involtino primavera che all’involtino ci somiglia, ma poi va anche oltre. Pure il carpaccio di ricciola con crema e polvere di yuzu non scherza.
Moreno Cedroni e Christian Tomei, o del tubino nero
Poi ci sarebbe un Moreno Cedroni, ad esempio, che come sanno i frequentatori de La Madonnina del Pescatore a Senigallia sta bene con qualsiasi ricorrenza perché è un po’ come il tubino nero.
O, per dire, un Cristiano Tomei, chef del ristorante L’imbuto di Lucca, che chiamerei per la festa di compleanno dei bambini perché coi piatti si può giocare (il suo raviolo ripieno all’olio esplode in bocca lasciandoti basito, ma anche l’ostrica sui carboni ardenti con alga wakame ha il suo fascino) e perché ce le vedrei proprio.
E ora che abbiamo scherzato, riflettiamo. Perché il catering “anonimo” non basta più?
Nell’era della gourmetizzazione globale, un po’ per vezzo e un po’ per evoluzione del palato, al cibo si chiede molto più di un tempo. E, nel giorno di festa, è vietatissimo toppare. Siete d’accordo?
[Crediti | Link: Dissapore]