“Senti, ci sarebbe da scrivere sul piatto che vedi in questa foto”.
“Non dirmi che è la carbonara 3.0 di Davide Oldani che ho visto anche io tre secondi fa e che ho subito scartato come ennesima rivisitazione”.
“Sì, è lei”
“Ma sono le solite rivisitazioni trite e ritrite di ricette tradizionali, ricordi quella di Jamie Oliver che vi fece scrivere ‘Jamie, se te pio te cavo l’occhi‘?
“Sì, però Oldani sa bene che la carbonara sul web tira tantissimo, e quindi…”.
“Ho capito. Allora vediamo ‘sta meraviglia, va..”
Così inizia la storia di questo post sulla carbonara 3.0 di Davide Oldani. Anzi, su un’altra, ennesima, ulteriore rivisitazione di uno dei piatti più amati a livello nazionale. Che ultimamente pare proprio non avere pace.
Non bastava il video della carbonara alla francese apparsa poco tempo fa in rete a stravolgere la ricetta originale, video dove in un bel pentolone venivano messi assieme abbondante cipolla (sigh), pancetta, pasta e acqua, facendo un pappone informe dove poi venivano buttati sopra,a a crudo, tuorlo d’uovo e panna.
No, non bastava questo scempio. Ora ci si mette pure Davide Oldani. Anche a lui la carbonara tradizionale proprio non va giù.
Deve aver fatto qualcosa, santa carbonara, deve aver ammazzato qualcuno, deve aver commesso qualche crimine immondo, perché ormai non c’è sito, non c’è chef, non c’è oste che non si inventi una carbonara “rivisitata”.
E chi non mette il pecorino, e chi mette la pancetta, chi il prosciutto, chi la panna, chi la cipolla, chi la fa risottata (ancora sigh), insomma, nonostante a parole sia uno tra i piatti più amati nella penisola, pare che in realtà gustarla in modo tradizionale faccia schifo un po’ a tutti. E quindi, giù di “rivisitazioni”
Che dire, allora, di questa carbonara targata Oldani con l’ormai trito (pure quello) suffisso 3.0, ideata per il Barilla World Pasta Championship tenutosi ieri a Parma e che Oldani proporrà anche nel menu del nuovo D’O di Cornaredo a 13,50 euro se non che è una ennesima rivisitazione?
Certo, gli ingredienti sono quelli originali: pasta, pecorino, uova e guanciale, ma sono utilizzati in modo diverso:
1. Il guanciale non è soffritto ma è disidratato e sparso sopra (…).
2. La crema di uova diventa una vera crema inglese salata.
3. La pasta è, come dice Oldani “cotta in padella come si fa con il riso”, quindi praticamente risottata e, come se non bastasse, raffreddata e fritta per darle la croccantezza di uno stuzzichino.
4. Il pecorino, per fortuna, pare rimasto fedele a se stesso.
5. Tutto presentato non in comune e troppo ordinario piatto, ma in un… indovinato! In una sorta di bicchiere, come ormai tutti i primi italiani, dalle zuppe di ceci alla pasta con le cozze.
Insomma, un altro piatto “destrutturato”, “alleggerito”, rivisitato.
Una smania, quella della “destrutturazione” che pare essersi impossessata del corpo e della mente degli chef in una furia di stravolgimento e ammodernamento –nonché sicura rovina– di piatti della tradizione nostrana di cui, sinceramente, non ci sarebbe così bisogno.
Ora, nessuno dubita né delle capacità di Oldani né della squisitezza di questa raffinata composizione.
Anzi, chi scrive si schierò dalla parte dell’ossuto chef quando tirò fuori la storia del burro nel pesto ligure, che fece gridare allo scandalo molti e che invece è pratica abbastanza frequente in Liguria, come da ricetta che, decenni fa, diede alla sottoscritta una vecchia cuoca ligure.
Per dire, chi scrive non ha nulla contro il buon Oldani, anzi lo stima, come tutti, come uno dei migliori talenti in campo gastronomico.
Ma ciò non toglie che questa sua “carbonara 3.0” non convinca.
Non con questo nome.
La vellutata crema accompagnata dalla pasta croccante e dalla spolverata di guanciale grattugiato è un’altra cosa, che del gustoso piatto nazionale (o di derivazione americana, ma sì, ci siamo capiti) ha solo il nome, e ci si chiede il perché.
Ma forse, il motivo è lo stesso per il quale si è scritto questo stesso post: la carbonara, “tira”.
[Crediti | Link: Cucina Corriere, Repubblica Parma]