Ci ho messo una settimana, ma finalmente sono riuscito a strappare “Topolino” dalle mani dei miei figli.
Il motivo per cui desideravo ardentemente leggere il numero 3257 del celebre albo a fumetti era la storia “Uno chef da sogno”, starring nientemeno che il celebre cuoco “Paperacciuolo”.
Paperacciuolo è un papero grande e grosso, con barba e capelli folti e corvini ed elargisce pacche sulle spalle che fan tremare le vignette.
Non bisogna essere laureati in semiotica per capire a chi è ispirato: nelle pagine che seguono l’avventura a fumetti c’è una lunga intervista ad Antonino Cannavacciuolo a cura del toporeporter Filippo, un bambino con la felpa rossa e la toque.
[Daresti 728,34 euro ad Antonino Cannavacciuolo per farti “aggiustare” il ristorante?]
La storia: per incastrare il sorcio malavitoso e gourmet Tony Scaduto, gli agenti speciali di cui fa parte Ciccio decidono di aprire un ristorante in modo da recapitargli una cimice nel pasto a domicilio; per rendere il ristorante appetibile, assoldano lo chef Paperacciuolo che li aiuterà a sgominare la banda di Tony.
Allora. Insomma. Parliamone.
Premesse: Cannavacciuolo è un grande chef e un ottimo personaggio televisivo; ho sempre adorato Paperino & co, lo leggo tutt’ora, a quarantacinque anni, quando ne ho occasione.
Eppure.
Eppure questo crossover —stile “Godzilla contro Tarzan” o “la Signora in giallo sfida Magnum P.I.”— mi ha piuttosto deluso.
Per tre motivi:
1) Non c’è Paperino né nessun altro papero interessante (io ADORO Paperone) ma quell’inutile di Ciccio;
2) Quando Paperacciuolo va da Tony gli dice: “vi ho portato cibi di impostazione classica, ma con qualche ipotesi sperimentale. Abbiamo tagliatelle di fagioli con zenzero marinato e limone, tortino di asparagi, patata e liquirizia! Proseguiremo con avocado e con melanzane in guazzetto di provola! Termineremo con una mousse di mango, mela verde e sedano!” e non si capisce se sia sul serio o se voglia sembrare una parodia;
3) Soprattutto, Paperacciuolo è rappresentato come un giudice, come il personaggio che Antonino ricopre in “Cucine da incubo”.
[Sparare su Cannavacciuolo stangato dai Nas vi ha fatto sentire meglio?]
Ma insomma, dico io, il cuoco è prima di tutto un giudice? Mai e poi mai.
Mannaggia agli sceneggiatori: Paperino & co potevano essere l’occasione per riportare la cucina —almeno agli occhi dei bambini— dove deve stare: al centro della felicità tra parenti, amici e affetti.
E invece no: non si parla di felicità, si parla di tivù, di sfide e di contest.
Di questo passo le nuove generazioni —e già accade, come sottolinenando in tanti— non sederanno più a tavola per godersela. Ma per trovare gli errori.
Stiamo crescendo dei piccoli sgnaccamaroni.