“Il piatto forte è l’emozione”: anche se non vincerà il Pulitzer per il titolo, il nuovo libro di Antonino Cannavacciuolo è già tra i bestseller di cucina su Amazon.
E pensare che è uscito solo qualche giorno fa (attento, caro Dottor Mozzi che stai lì sul podio ormai da mesi, senza che a noi comuni mortali sia dato sapere il perché).
Cannavacciuolo, nato a Vico Equense (NA) nel 1975, diplomato alla locale Scuola alberghiera nel 1994, gavetta in Francia all’Auberge dell’Ill di Illhaeusern, ritorno in Italia al ristorante del Grand Hotel Quisisana di Capri prima di prendere in gestione nel 1999 il ristorante dell’Hotel Villa Crespi a Orta San Giulio sul Lago d’Orta (due stelle Michelin, nel 2003 e nel 2006), di aprire il Cannavacciuolo Cafè & Bistrot, locale su tre piani con terrazza affacciata su Piazza Martiri della Libertà, adiacente il mitico Teatro Coccia di Novara, e di approdare in televisione con Cucine da Incubo e Masterchef 5, è il nuovo re degli chef: dagli un rubinetto incrostato di calcare e lui te lo trasformerà in oro.
Perché? Quando è successo che Antonino nostro si è trasformato in quello che vince sempre?
Da quando il figurone massiccio dello chef campano ha iniziato a mettere in ombra persino quel figurino tanto osannato dal pubblico femminile di nome Carlo Cracco?
Tutto questo fino a ieri, quando Camillo Langone ha riversato sul cuocone che brilla come una stella la sua prosa feroce:
“Quella di Cannavacciuolo è una cucina da televisione e da ufficio stampa, basata su idee stracotte come il connubio Nord e Sud a cui si devono gli agnolotti del plin con ragù napoletano, su frasi fatte del genere «tra innovazione e tradizione», su trombonaggini che la «sinfonia di sorprendenti piaceri per il palato» oggettivamente è“.
A cosa si riferisce l’articolo apparso ieri su Il Giornale? A un recente pasto consumato dalla scrittore, nota penna gastronomica, proprio al Cannavacciuolo Cafè & Bistrot, forse il locale che ha dato a Cannavacciuolo i maggiori grattacapi, incluse un paio di nostre recensioni.
Non contento Langone si sofferma sui prezzi del locale, non proprio in linea con la definizione di bistrot:
“Antipasti e primi costano in media 15 euri, i secondi anche 24 come nel caso del filetto di manzo in crosta di pane e salsa al Nebbiolo“.
E conclude l’articolo rincarando la dose:
“In contraddizione con l’essere grande e grosso, panciuto e barbuto oltre che ostentante virili, minacciosi coltelli, Cannavacciuolo non fa che abusare della femminea parola «emozioni»: sul sito, nel titolo del nuovo libro pubblicato addirittura da Einaudi, ovunque. Un concetto che non trova riscontro nemmeno nei piatti, tutti ben eseguiti (salvo l’anziano polpo alla luciana) però spesso talmente delicati da risultare flebili, di fronte ai quali non si può che rimanere impassibili“.
Critiche pesanti per uno chef che, il passaggio ininterrotto da un progetto all’altro potrebbe aver distratto dall’iniziale core-business, ovvero la cucina.
Peraltro proprio alla vigilia della riapertura del ristorante Villa Crespi, la sua principale attività, dove un lungo cantiere ha messo tutto sottosopra con interventi di manutenzione descritti come operazioni a cuore aperto.
Chissà cosa penseranno leggendo l’articolo di Camillo Langone i trecento prenotati al Villa Crespi per il primo weekend di apertura.
[Crediti | Link: Il Giornale]