Anthony Bourdain è morto. Suicida. Lo chef e autore di “Kitchen Confidential” è stato trovato in una camera d’albergo a Strasburgo da Eric Ripert, collega del ristorante Le Bernardin di New York.
Bourdain è stato un grande cuoco, un grande personaggio televisivo, un uomo rock, un ottimo scrittore (sul serio: è molto curioso e intelligente e bello anche un suo libricino minore, “Il segreto di Mary la cuoca”). Che si sia tolto la vita è un dolore immagino insostenibile per chi gli era vicino, piccolo ma intenso per tutti noi suoi fan.
Io so cosa succederà adesso.
[Anthony Bourdain è morto suicida a 61 anni]
So che tutti ripercorreranno la sua vita burrascosa, in Italia si sottolineerà la sua relazione con una delle donne più rock del nostro paese, Asia Argento, lei stessa magari rilascerà qualche intervista.
E certo i commentatori non si esimeranno dal titolare “la maledizione degli chef” o cose del genere, enumerando gli chef suicidi che si sono susseguiti nei decenni.
Scriveranno che fare il cuoco ai vertici è un mestiere dallo stress quasi insostenibile, citeranno Benoit Violier e gli altri grandi che hanno deciso di togliersi la vita.
[Lo chef Benoit Violier forse suicida per una truffa milionaria]
Ecco: tutto il resto è naturale, ma io sarei felice se ci venisse risparmiata la sezione “maledizione degli chef.”
Nessuno si è mai preso la briga di verificare dati alla mano se si suicidino più cuochi che casellanti, dunque non ha senso parlarne. Anche perché le morti dei “famosi” finiscono sulle prime pagine dei giornali, quelle degli ignoti nei necrologi.
Non ho idea delle motivazioni per cui uno decida di togliersi la vita, ma immagino siano complesse e ingarbugliate e qualsiasi professione uno faccia sarà sempre e solo un pezzo del puzzle.
Anthony Bourdain, se verrà confermato, ha deciso di togliersi la vita. Non c’è decisione più di questa che riguardi solo ed esclusivamente lui.