Si può dire di no a Masterchef?
Può uno chef rinunciare alla visibilità che porta il più seguito talent gastronomico nazionale, restando defilato nella cucina del proprio ristorante, a fare soltanto il mestiere che si è scelto, e per il quale si sono fatte tante rinunce, e non tutte così indolori?
Sì, se si tratta di Ana Ros, la chef slovena che, nonostante il titolo di migliore chef donna per il 2017 secondo la World’s 50 Best Restaurants, ha conservato un modo di intendere il suo mestiere molto distante dai celebri colleghi che impazzano in TV.
Ad Ana, diventare una chef-star interessa poco: per amore della sua famiglia, dei due bambini, e del suo lavoro, ha rinunciato a fare il giudice di Masterchef, anche se non lo ha confermato direttamente ma, davanti al giornalista de La Stampa che le chiede se sia andata effettivamente così, risponde con un diplomatico:
“Tu puoi immaginare ma io non posso confermare. Io o voglio stare qui: se ho due minuti sto con i miei bambini e devo viaggiare tantissimo. Non me lo potevo permettere”.
E il ristorante “Hisa Franko” (La casa di Franko), situato a Kobarid, in Slovenia, quella Caporetto a noi italiani tristemente nota e poco distante dal confine con l’Italia, ed è il posto a cui Ana vuole dedicare la sua vita:
The chef, the conductor. pic.twitter.com/Ju05ZC1cd0
— Hiša Franko (@hisafranko) 18 aprile 2017
“Uno chef star non può durare a lungo e una commercializzazione eccessiva fa male al mestiere: tanti ragazzi non si rendono conto che questo lavoro non è tanto romantico ed è fatto di ore, stanchezza, momenti senza creatività, per le donne di grandi conflitti tra cucina e famiglia».
Una lavoro costato ad Ana duri sacrifici: gli scontri in famiglia, l’abbandono della carriera diplomatica fortemente voluta dai genitori. “Vengo da una famiglia di intellettuali –dice Ana– dovevo fare la carriera diplomatica a Bruxelles e invece ho deciso di rimanere qui perché ho incontrato Valter, che è diventato mio marito».
Il padre non le ha parlato per sei mesi.
Oggi il ristorante di Ana è meta di turisti che arrivano da tutto il mondo per assaggiare le sue specialità, ma il vero giro di vite è stato nel 2016, con la serie di Netflix “Chef’s Table”, dove fu la prima donna chef protagonista. Dopo Netflix l’interesse è diventato globale.
“Ci avevano avvisato che sarebbe cambiato tutto, ma noi siamo a Caporetto, isolati, cosa poteva cambiare? In realtà è successo. Il primo giorno passò tranquillo, poi è partita la valanga di prenotazioni».
La chef migliore del mondo ricorda l’episodio di una famiglia canadese, che addirittura ha pianto quando è stato il momento di andar via dal locale:
“Forse erano impressionati da Netflix, che è comunque hollywoodiano, ti dà emozioni un po’ esagerate. Ma immagina il senso di responsabilità quando pensi a quanto qualcuno è disposto a sacrificare per venire qui a pranzo! Allo stesso tempo, magari, non riesci a convincere un friulano di Cividale a passare questo maledetto confine da vent’anni».
E non sempre le cose sono andate bene: quando Ana decise di darsi alla carriere di cuoco, a Kobarid stava finendo il turismo “della benzina”, quello che portava centinaia di italiani oltre confine per fare il pieno di benzina a basso prezzo e a rilassarsi poi nei ristoranti della zona, almeno fino a quando il Friuli non decise anch’esso di abbassare il prezzo della benzina. “E qui cominciò il silenzio. Non c’era più nessuno, esattamente quando io e Valter avevamo appena preso il ristorante in gestione».
Ma Ana non si diede per vinta: capì che per il suo locale ci voleva una novità, una formula diversa, e così, nel 2002, mentre era incinta, decise di dare il giro di vite alla sua preparazione culinaria.
“Mi sono messa sotto e ho cominciato a realizzare me stessa. Fai ricerca, lavori duro, buttando via, piangendo, urlando, rimpiangendo spesso. Qualche volta noi donne ci facciamo delle seghe mentali, abbiamo sempre la sensazione di essere a corto di qualcosa. Ma se realizzi te stesso e riesci a essere felice, trasmetti questa felicità alla famiglia, che è la cosa più importante».
Ma nonostante il successo, per Ana gli orizzonti non sono cambiati: “Noi rimaniamo qui, questa è casa nostra. Abbiamo preso un birrificio a Caporetto, apriamo un piccolo bistrot con la gastronomia locale, poi stiamo finendo di scrivere un libro, e tra qualche anno potremmo aprire una linea di bistrot, uno a Lubiana, uno verso la costa”.
Perché “puoi anche andare a Singapore, ma non sarai mai unico e soprattutto non rimani più te stesso».
[Crediti: La Stampa, Dissapore]