Okay, in effetti “Il lusso della semplicità” non è il massimo della raffinatezza e nemmeno dell’originalità, se parliamo di nomi da assegnare a un ristorante.
Però l’associazione di parole è chiara, immediata, va dritta al punto senza tanti fronzoli.
Proprio come Alessandro Borghese.
Ma il sempre-sorridente telechef dall’aria un tempo stralunata che abbiamo conosciuto in trasmissioni quali Junior Masterchef o Kitchen Sound –e che è appena tornato in tivù con “Alessandro Borghese 4 ristoranti, trasmesso da Sky uno HD alle 21.15– non è solo un ristoratore e un popolare conduttore di programmi di cucina. E’ innanzi tutto è un marchio.
E, per ragioni che restano insondabili ai più, noi compresi, è anche una vera e propria macchina da soldi.
Il suo marchio infatti, “il lusso della semplicità”, insieme alla holding “AB NORMAL” –tanto per restare in tema di nomi originali– è una rete che spazia in tutto lo scibile della cucina.
Dalla ristorazione alla produzione di programmi TV, dai negozi di pasta fresca al catering, dall’utensileria da cucina alla comunicazione via web e, da ultimo, il nuovo ristorante da 50 coperti con scusa di cucina incorporata che sorgerà a febbraio 2017 a City Life, Milano, la città che, secondo le previsioni di Borghese stesso “è destinata a crescere di più in Europa”.
Giusto quindi investirci del denaro e allargare il già vasto impero, che conta in totale un più che ragguardevole fatturato da due milioni di euro, ricavato dalle molteplici attività seguite.
E la chiave per costruire questo piccolo impero non è certo stata solo la (presunta) l’abilità ai fornelli, ma, evidentemente, un innato senso per gli affari.
Borghese è stato infatti uno dei primi ad avere l’intuizione di quanto avrebbero contato il web e i social in ogni attività –come lo stesso chef-tv ha raccontato in un’intervista a Business Insider— intuizione che lo ha portato a “investire cifre non indifferenti nel mondo social quando ancora molti non ne comprendevano la portata: “ho creato alessandroborghese.com e la mia pagina Facebook oltre 10 anni fa, da lì si è sviluppata la società che si occupa di comunicazione web e che oggi produce format tv, i miei e quelli di altri”, dice lo chef.
Ecco perché Borghese, dietro l’aria piaciona e ammiccante del cuoco sorridente, è in realtà uno scaltro uomo d’affari, capace di fiutare l’aria e interpretare le nuove tendenze: “perché oggi lo chef deve sì avere il cuore sui fornelli, ma la testa negli affari, e non può più solo essere un artista del tegame”.
Ma il successo di Borghese e l’abilità nell’amministrare il suo impero culinario derivano anche dalla capacità di delegare l’imponente mole di lavoro, la capacità di scovare le persone giuste e creare un team valido, efficiente e affidabile.
Dice infatti Borghese: “Gli imprenditori italiani sono degli accentratori assolutisti. I miei anni negli Usa mi hanno invece insegnato che il segreto è saper mettere insieme le persone con le giuste competenze: non potrei seguire tutto senza delegare”.
E tra le molteplici attività seguite, c’è anche quella di consulenza ai giovani imprenditori, che Borghese forma iniziando con una domanda semplice e diretta: “quanta fame hai?”, ovviamente non riferita al desiderio di tagliatelle ma a ben più corpose attività finanziarie, sulle quali lo chef elargisce preziosi consigli, forte della sua lunga esperienza:
“Tanti vogliono investire nel food, dove c’è molto spazio, ma dove ti puoi fare anche molto male. Per imporsi servono una motivazione forte, un’idea imprenditoriale concreta, un business plan accurato. In troppi –-e questo è anche colpa della tv -– pensano che aprire un locale sia una facile via di fuga da un altro mestiere… In realtà la ristorazione ha costi alti e margini bassi».
Consigli che non dimenticano di rimarcare l’importanza dello studio e dell’aggiornamento, come in qualsiasi altra attività in cui si voglia ottenere un successo solido e duraturo. “Studiare, studiare e ancora studiare”, è il consiglio di Borghese, che raccomanda anche una solida formazione, da farsi nelle cucine dei ristoranti di tutto il mondo, una tappa obbligata per ogni chef che abbia mire più elevate dell’aprire la trattoria sotto casa: “Non sono per la fuga dei cervelli, ma sono per la loro “trasferta temporanea”. L’estero insegna a interiorizzare un diverso modello del lavoro. Poi però quel bagaglio te lo devi riportare in Italia».
Studio costante, aggiornamento, intraprendenza e voglia di novità sono doti che fanno immaginare a Borghese scenari sempre nuovi.
“Mi piacerebbe che Quattro ristoranti diventasse una sorta di nuova guida gastronomica, un diverso TripAdvisor, magari con un proprio sito – dice Borghese – e poi sto pensando a un’esperienza nel settore alberghiero. Di sicuro lì qualcosa potremmo fare”.
Perché tante sono le possibilità di successo, basta avere il fiuto giusto: il fiuto di uno chef.
Quello che –l’avreste mai detto?– sembra avere Alessandro Borghese.
[Crediti | Link: Business Insider]