Nonostante le brutture quotidiane, lo stupore è una cosa a cui in Italia, anche nelle zone di confine, è impossibile sottrarsi.
Lo conferma questo episodio di “Naturale Italiano”, la serie che Dissapore riserva ai vini naturali delle nostre regioni. Episodio speciale perché tutto dedicata alla Vitovska del Carso.
[Naturale Italiano: la serie]
Prendete Trieste e la zona carsica, percorrete quel pezzo di terra di confine tra Italia, Istria e Slovenia, fatevi ammaliare da questi luoghi, dai volti e dai modi di fare –fieri e semplici– di queste persone, bevete i loro vini e mangiate le loro specialità, poi arrampicatevi sulle colline o ammiratene il paesaggio marino.
L’indifferenza qui non è contemplabile.
Da queste parti ogni anno si tiene “Mare e Vitovska”, manifestazione dedicata al più evocativo dei vitigni autoctoni carsi. Bene, se esiste una vacanza enogastronomica, credo difficilmente si possa eguagliare il piacere di assaggiare splendidi bianchi dalle altitudini del castello di Duino, tra salumi di bontà surreale e scenari da romanticismo ottocentesco.
Se non conoscete la Vitovska non fatevene grandi colpe però, non raccontiamo di un vitigno particolarmente conosciuto fuori dalle sue zone di origini, ma restate sintonizzati perché parliamo di uno dei migliori bianchi italiani, perfetta sintesi del crocevia tra cultura latina, mitteleuropea e slava.
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Qui la natura è selvaggia, gli inverni sono rigidi e le estati molto calde. La Vitovska ha il carattere di questi posti: si è adattata a condizioni anche estreme e a viticulture ineluttabilmente artigianali. Impegno e cura maniacale in vigna sono immancabili. Se c’è un vitigno dove la viticultura è quasi tutta naturale è questo.
Le origini storiche della Vitovska sono piuttosto complesse: il nome dovrebbe provenire dalla località slovena di Vipacco. Per secoli è stato associato alla molto più nota Malvasia, di cui il vitigno è un incrocio (con la Glera). Il grappolo però ha una forte riconoscibilità visiva perché il suo acino ha un caratteristico puntino nero.
Riconoscibilità che emerge fortemente anche nel bicchiere dove i toni agrumati, minerali e salini la fanno da padrone, sia nelle versioni vinificate “tradizionalmente” che in quelle con macerazione sulle bucce, che l’hanno resa nota e amata un po’ ovunque. Grande personalità insomma, ma anche strepitosa longevità e quel rinfrescante carattere salmastro la caratterizzano dai tempi in cui Edi Kante la imbottigliò per primo.
Passiamo a qualche consiglio, allora, tra mostri sacri, piccole chicche e nuove scoperte fatte durante la manifestazione (dove mancavano i vini di Votopivec, che è giusto vi segnali essere il produttore delle più indimenticabili Vitovska che io abbia mai assaggiato).
ZIDARICH
Tra i più grandi interpreti della Vitovska macerata, Beniamino ha mani grandi, modi gentile viso sornione e una grande visione.
Basta entrare nella sua cantina per capire tutto: 8 anni di lavoro per un progetto architettonico sostanzialmente artistico. Cinque piani, una profondità di 20 metri, tutta scavata interamente nella roccia, capace di levare lo sguardo perfino allo splendore delle sue vigne di Prepotto con vista mare.
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Vini naturali nell’accezione più nobile del termine, le sue Vitovska esprimono tutti i caratteri distintivi del vitigno, ti stregano con le note aranciate regalate dalla sosta sulle bucce, odorano di bucca d’arancia, spezie, canditi e camomilla e ti sorprendono per profondità e capacità d’invecchiamento.
Provate, se lo trovate, il Kamen 2015, un grandissimo bianco, unico, prezioso e dalla grande finezza.
SKERK
Se Zidarich è il re della Vitovska di Prepotto, Sandy Skerk è il principe della Malvasia, il gemello più noto e altrettanto amato dei vitigni bianchi del Carso. Ciò non significa che la sua Vitovska sia trascurabile, anzi.
Skerk coltiva 6 ettari di vigna in regime biologico da circa trent’anni: non filtra, non chiarifica e asseconda con grande sapienza gli autoctoni del Carso con un’attenzione maniacale per evitare gli eccessi ossidativi che spesso secondo lui flagellano alcuni macerati.
La sua Vitovska 2016 è un trionfo di erbe, frutta croccante e mandorla: la bocca è lunga, complessa, con il tipico finale sapido che impedisce di smettere di berne.
SKERLJ
Azienda vinicola e agriturismo a Sgonico, non molto lontano dalle precedenti aziende, Matej Skerlj è silenzioso e gentile, come la moglie Kristina. Insieme sono l’anima dell’ennesima azienda artigianale che dagli anni ’90 si è fatta conoscere per l’autenticità e e la personalità dei propri vini.
Come nel caso di Skerk amo più la Malvasia di Skerji che la sua Vitovska, che rimane comunque una delle più importanti del territorio. Provata la 2016 in magnum, si è rivelata un piccolo gioiello di finezza, corpo e sapidità. Da bere subito o dimenticare in cantina.
Rado Kocjančič
Tra i produttori che non conoscevo, Kocjancic è quello che mi ha fornito le vibrazioni più profonde, anche per la visione che ha della vigna e dei suoi vini. Siamo a Dolina, su un versante dove i suoli cambiamo moltissimo rispetto a quelli descritti sinora.
Qui domina la marna arenaria, detta Ponca (tipica del Collio) e i vini hanno mediamente più corpo e un’impronta più mediterranea.
La sua Vitovska (2016) macera un giorno sulle bucce, per favorire la fermentazione spontanea, ma poi le abbandona, non presentandosi al colore con i toni aranciati tipici delle precedenti versioni. Un vino solare, dalla grande freschezza ed energia.
Da non lasciarsi sfuggire anche la sua bolla: un’ancestrale di Vitovska e Malvasia di gran carattere e dalla beva contagiosa.
MILIC
Lucjia Milic è stata la mia locandiera: giovane, esuberante e orgogliosa è un fiume in piena di aneddoti e deviazioni stradali. Non da meno è la mamma, donna energica e di grande ospitalità.
L’azienda è legata a un noto agriturismo di Sagrado, tanto che i vini esistono non per il mercato generale, ma per fare bere i tantissimi ospiti che popolano un ristorante dalla cucina iper casalinga, con prodotti locali e allevamenti del maiale peloso tipico di queste parti.
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Producono due versioni di Vitovska (Zagrski): la prima soggetta a una lunghissima macerazione (28 giorni) è un vino quasi estremo, che si fa conquistare progressivamente, ma che sull’impatto è fin troppo segnato dagli eccessi di acidità volatile.
La seconda fa un breve contatto sulle bucce e ha una cifra molto più fresca e conviviale: un gran bel bianco da pasto che non fa prigionieri.
ZAHAR
Altra piccola cantina di persone deliziose. Siamo nuovamente nel territorio caratterizzato da suoli arenari e l’espressione dei vini è più calda e fruttata. Qui però venite a dissetarvi con una Vitovska rifermentata in bottiglia, fresca, agile e dissetante.
Se non vi basta rifermentano anche il Refosco, con risultati sorprendenti. D’altronde siamo vicini a Prosecco. Quello vero (il luogo, non il vino).