Ha fatto molto discutere (la politica e gli addetti ai lavori, ma anche il grande pubblico) il servizio di Report riguardante il vino italiano. Il Ministro Francesco Lollobrigida ha detto la sua, chiedendo prima al servizio pubblico di tutelare l’immagine di un’eccellenza nazionale, e poi specificando meglio che il tema era non fare di tutta l’erba un fascio.
Il fatto è che chi ha visto il servizio di Report, e magari non ha una conoscenza dettagliata sul mondo del vino, può uscire dopo la visione con l’idea che il sistema vino italiano sia fatto di sofisticazioni e frodi, o che comunque nasconda (in generale) qualcosa di torbido. Così non è, va detto, e per averne ulteriore conferma abbiamo chiesto il parere di Vincenzo Gerbi, docente di enologia presso l’Università di Torino e tra i massimi esperti dell’argomento in Italia. E, a posteriori, non si capisce bene perché una trasmissione seria come Report non abbia sentito lui, anziché l'”esperto di vino” (senza particolare qualifica specificata, come da sottopancia della trasmissione) per parlare di un argomento così delicato e tecnico.
Professor Gerbi, lei lo conosce questo “esperto di vino“?
“In realtà no, e non capisco perché non abbiano usato un enologo. Ci siamo consultati tra esperti del settore e nessuno sa chi sia: mi viene da dire che quantomeno non è un tecnico conosciuto, anche perché è stato tutt’altro che preciso“.
Cioè?
“Credo che ci siano diverse cose che sono state trattate in maniera non precisa e fuorviante. In generale, è stata fatta confusione tra sostanze che vengono usate come additivi o corretivi e sostanze che vengono usate come coadiuvanti, e si sono accomunate cose che non hanno nulla a che vedere l’una con l’altra. Per dire, il fatto che ci possano essere vini fatti con eccedenze di uva da tavola è una cosa che va perseguita dai carabinieri, dalla magistratura: ci sono cose che non si possono fare, punto, e chi le fa deve essere perseguito per legge. Ma qua mi sembra che la finalità di informazione sia stata un po’ aggirata, e che si sia voluto dimostrare che il mondo del vino non è naturale perché usa additivi e coadiuvanti, cosa che è completamente separata dal mondo delle frodi“.
Anche sulla bentonite sono state dette delle inesattezze, giusto?
“Sì, la bentonite ha tante virtù ma certamente non quella di disacidificare il vino, come ha detto l’esperto di Report. Semmai è una sostanza illimpidente, una cosa che si usa in tutta l’industria alimentare per sedimentare le particelle in sospensione, ma è assolutamente inattiva. D’altronde, l’acqua potabile del rubinetto è passata su argilla e carbone attivo allo scopo di illimpidire e togliere sostanze: non è una cosa scandalosa dire che si chiarifica il vino“.
E sul mosto concentrato rettificato, usato per correggere il tenore zuccherino?
“Ecco, quella poi, casomai è un vanto dell’Italia: siamo gli unici che lo fanno con il mosto d’uva, anziché col saccarosio come fanno i francesi. Dovrebbe essere portato a merito il fatto che quando necessario si usi, anche se peraltro con il cambiamento climatico non lo fa più nessuno, perché abbiamo il problema contrario: non abbiamo più bisogno di aumentare il grado alcolico dei vini, perché ce n’è già troppo. La correzione del tenore zuccherino è consentita da sempre, in tutta Europa, con la differenza che noi ne mettiamo molto meno: non c’è nulla di cui scandalizzarsi, mi sembra“.
Ci sono state altre imprecisioni?
“Sì, abbastanza, non le ricordo neanche tutte, ma in generale, senza mancare di rispetto a nessuno, mi sembra che dimostrino una competenza limitata in materia. Per esempio quando si è parlato dei lieviti selezionati per fare aromi: sui pacchetti c’è la figura del frutto perché il loro bagaglio enzimatico viene selezionato perché dia una mano a idrolizzare i sentori primari dell’uva, che vengono esaltati dall’azione di questi lieviti. Non c’è niente di artificioso, non ci sono aromi artificiali all’interno: si riconoscerebbero alla velocità della luca analiticamente“.
Insomma, un po’ di confusione…
“Esatto. Non si può mettere sullo stesso piano la Bentonite con il Prosecco fatto in Puglia: vuol dire mettere in cattiva luce un intero settore. Sembrava che fosse fatto un po’ con gli occhi distorti, rivolti a un obiettivo particolare. E sa cosa mi dispiace, da telespettatore di questa trasmissione? Che quando vedi un servizio su qualcosa che conosci, e capisci questo metodo, ti dici: caspita, ma faranno così anche per altre cose?“.
A suo parere qual è lo stato di salute del vino italiano?
“Al di là delle crisi di mercato che vanno e vengono, e dei cali di vendite che ci sono stati, dal punto di vista dell’offerta possiamo dire che non è mai stata così buona. Nel 2023 saranno sessant’anni esatti dalla prima legge sulla Denominazione di Origine, e dobbiamo dire che le denominazioni hanno fatto miracoli, anche nel contrastare le frodi. È evidente che ci possono essere piccoli sotterfugi e furbizie, ma non possiamo generalizzare: forse mai come in questo periodo abbiamo avuto un’offerta così qualificata e di grande qualità“.