Marsala. Una parola, tante associazioni. Sbarco dei Mille, vino, zabaione, scaloppine.
Appena si pronuncia la parola «Marsala», tutto si intreccia. Storie di persone e di famiglie che si innestano sui diversi rami della grande storia, non solo italiana.
Il Marsala, uno dei vini più eleganti e complessi al mondo, ha visto di tutto: dalla sua fama assoluta nell’Ottocento fino alla pressoché totale disfatta negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, un periodo in cui venne relegato ad ingrediente di salse o proposto in veste di “Marsala all’uovo”.
Qua niente di tutto ciò. Già scrivere “Marsala all’uovo” ha attivato il correttore automatico del mio pc eno-collaudato.
Piuttosto che impastare le papille con prodotti del genere, seguitemi sulla strada del Marsala di qualità, vino di Sicilia pieno di genio.
COME SI PRODUCE IL MARSALA
Il Marsala è un vino liquoroso o fortificato. Significa che a un vino base vengono aggiunti acquavite o alcol, mosto concentrato, mosto cotto o mistella. Quest’ultima non è nient’altro che un mosto addizionato di alcol etilico o acquavite di vino.
La pratica di fortificare il vino, concetto fondamentale per il Marsala, lo accomuna ad altri vini liquorosi come il Porto, lo Jerez o il Madera. Non si fa torto a nessuno ricordando che il Marsala nasce proprio a imitazione dei suoi fratelli più antichi, in particolare il Madeira.
Fu nei primi anni Settanta del ‘700 che il commerciante inglese John Woodhouse, arrivato in Sicilia alla ricerca di soda, un prodotto molto richiesto dall’industria del suo paese, scopre la qualità dei vini dell’agro marsalese.
Considerando che le condizioni climatiche erano praticamente le stesse che aveva trovato anni prima a Madera e in Portogallo, gli venne l’idea di produrre a Marsala vini con le stesse caratteristiche ma a costi di produzione ben inferiori.
Woodhouse non viene da un paese vitivinicolo ma da una nazione di commercianti. Comprensibile quindi che affronti il tema vino senza attenersi troppo a tradizioni e usi locali. Nel suo pensiero il vino è una merce come qualsiasi altra. Meno costa la sua produzione, più alto sarà il profitto e più facile sarà penetrare i mercati già serviti da altri prodotti come, appunto, il Madeira o il Porto.
Ricordandosi del metodo di fortificazione che aveva conosciuto durante i viaggi in Spagna e in Portogallo lo adotta per rendere il suo vino più stabile durante il lungo viaggio via mare.
Nasce così il primo vino italiano di stampo industriale, ideato fin dall’inizio come prodotto di largo consumo per un mercato già all’epoca ampiamente globalizzato dall’Impero britannico.
Altri imprenditori del vino seguiranno il suo esempio, tra cui Benjamin Ingham, Vincenzo Florio e Paolo Pellegrino.
TERRITORIO
D’accordo, è da un bel po’ che se ne parla. Anche troppo. In questo caso però, parlare di territorio, o terroir, è davvero importante.
Il Marsala è un vino, prodotto al centro della cosiddetta fascia del sole, quella zona tra il 32° (Madera) e il 41° di latitudine nord (Porto) dove nascono i grandi vini liquorosi.
Un fattore non trascurabile in quanto la forte insolazione di quest’area permette già da sola la produzione di vini di un’alta gradazione alcolica. Di conseguenza, la fortificazione, che sempre altera un po’ gli aromi e i profumi del vino, può essere anche minima. In poche parole: quello che il terroir di Marsala offre naturalmente, in altre zone del mondo dovrebbe essere aggiunto, a scapito della qualità.
Dal 1984 il disciplinare del Marsala DOC restringe l’area di produzione alla sola provincia di Trapani ad esclusione del comune di Alcamo e delle isole di Pantelleria e Favignana.
La zona più vocata però rimane la stretta fascia costiera a nord e a sud di Marsala, costituita da Birgi, Spagnola, Triglia, Petrosino e un po’ dietro, cioè a est, dalle zone di Biésina e Fornara-Samperi.
E’ propri lì che si trovano le famose terre rosse, ricche di ferro ma povere di materiale organico e con bassa fertilità del suolo. Questi terreni sono permeabili, in genere sabbiosi o ciottolosi, quindi caratterizzati da un buon drenaggio.
Qui la vite accumula zuccheri piuttosto che perdere la sua forza in uno sviluppo vegetativo eccessivo.
VITIGNI
Per il Marsala ottenuto da uve a bacca bianca (categoria oro o ambra) si possono utilizzare singolarmente o congiuntamente il Grillo, il Catarratto, l’Ansonica e il Damaschino.
Per tradizione i primi sono il Catarratto e l’Ansonica che già nel 1696 vengono menzionati dal botanico siciliano Francesco Cupari nel suo libro Hortus catholicus.
Il Grillo invece, da molti oggi considerato il vitigno di maggior pregio, fa il suo ingresso solo nel 1873 quando il vino Marsala festeggiava già i suoi primi cento anni. Questo ritardo si spiega facilmente ricordando che il Grillo è un incrocio di Catarratto e Moscato di Alessandria (Zibibbo), due vitigni ben più antichi.
A completare l’ampia gamma dei prodotti che possono fregiarsi del nome Marsala sono i vini ottenuti dai vitigni a bacca rossa come il Perricone, il Nero d’Avola e il Nerello Mascalese. Facile da indovinare che con questa categoria, chiamata «rubino», il Marsala vuole competere con i Ruby port.
IL TEMPO
Da ultimo ma non meno importante: il tempo che il Marsala impiega a maturare in botte e in bottiglia prima di essere messo in vendita.
Il Marsala è un vino praticamente eterno. La sua leggendaria longevità si basa su due fattori. Primo, nasce già come vino volutamente ossidato. Di conseguenza, l’ossigeno che è la causa di morte numero uno di altri vini, non gli può più fare niente.
Secondo, come detto sopra, viene fortificato, pratica che ulteriormente lo stabilizza.
A questo punto ha bisogno solo di tempo. Tempo per riposare in botti di rovere o di castagno, affinché tutte le sue componenti si amalgamino. Lunghi anni in cui lentamente l’ossigeno attraversa i piccolissimi pori del legno delle botti per portare avanti i complessi processi che plasmano il profumo, il sapore e il colore del Marsala.
Per la categoria «fine» il disciplinare richiede un anno di invecchiamento mentre per la categoria «superiore» due ma è solo con i quattro anni previsti per il «Marsala superiore riserva » che il gioco comincia a farsi davvero interessante.
SCOPRIRE IL MARSALA
Fin qui la backstage story del Marsala. Andiamo allora ad assaggiarlo.
In loco, il primo approdo sicuro per trovare un buon Marsala è l’enoteca Garibaldi nell’omonima via del centro storico. Andateci. Curiosando tra le etichette scoprirete un mondo meraviglioso. Se volete, ad aiutarvi nelle vostre esplorazioni, ci saranno Franco Rodriguez e Michele Miceli due sommelier di grande esperienza.
Ma un vero appassionato di vino va oltre, cioè, in cantina. C’è ne sono tre famose. In ordine di numero di bottiglie prodotte, la Pellegrino (oltre 6 mill.), la Florio (3 mill.) e la Marco De Bartoli (100.000).
Come potete immaginare i percorsi enoturistici offerti da queste aziende sono ben diversi. Se non avete tempo o voglia per una full immersion, prendete un’appuntamento dalla Marco De Bartoli. Sarete nel posto giusto.
L’azienda marsalese, oggi guidata dai figli Giuseppina e Renato, produce vari tipi di Marsala utilizzando solo uva Grillo.
Iniziate magari con il Vecchio Samperi Ventennale. Questo vino è il frutto delle ricerche intraprese da Marco De Bartoli negli anni Settanta per ricostruire il terroir del Marsala.
Sì, avete letto bene, in quel periodo lì, ci voleva una vera ricostruzione, per tornare a un concetto di Marsala non banale che esprimesse le particolarissime caratteristiche della sua terra. In una lunga e faticosa campagna enoarcheologica che l’aveva portato in tante cantine sparse sul territorio, Marco De Bartoli ha cercato e finalmente trovato quel gusto originale che gli ha permesso di rilanciare il Marsala di qualità.
Il Vecchio Samperi è una sorta di Marsala pre-inglese in quanto non viene fortificato. Per questa voluta mancanza non è un Marsala a Denominazione di Origine Controllata (DOC) visto che il disciplinare richiede la fortificazione. La sua originalità e il suo fascino però stanno anche in questo tentativo di tornare alle origini, di legare oggi le radici dei suoi vigneti in contrada Samperi a un passato remoto.
Un vino di tale complessità per cui non potete sbagliare individuando la più ampia gamma di sentori che vanno da note di frutta secca e di mandarino a note salmastre per passare a cacao, miele, resine, funghi porcini e cannella.
Con il Marsala Superiore Oro Riserva, 1987 invece entriamo nel regno del Marsala DOC, quindi dei vini fortificati. La mistella, aggiunta al vino, viene preparata con acquavite ottenuta dalla stessa uva da cui si ottiene il vino base.
La fermentazione avviene in maniera tradizionale in botti di rovere e di castagno. Segue un affinamento in legno di diversa grandezza per oltre vennt’anni.
Con un prezzo di oltre 60,00 € la bottiglia, non è certo un vino quotidiano.
Questo Marsala però dimostra una tale progressione sensoriale al naso e in bocca che mi viene difficile immaginare una droga legale di più forte impatto. Armando Castagno, intimo conoscitore del Marsala l’ha semplicemente giudicato “vino geniale”. Punto e basta. Assaggiatelo e saprete perché.
Magari abbinatelo con qualche formaggio erborinato. Non pensate subito al Gorgonzola o al Roquefort ma procuratevi uno Stilton per lanciarvi verso un vero abbinamento british. Questo Marsala fa comunque bella figura anche da solo. Se siete generosi bevetelo in compagnia di una persona cara. Altrimenti basta un buon libro.
Assaggiando poi il Marsala Superiore Oro, Vigna La Miccia 2005 il cerchio si chiude con un Marsala di chiara impronta moderna. Una vinificazione in acciaio, poi oltre 4 anni in barrique di rovere francese e 6 mesi in bottiglia gli conferiscono note di agrumi e frutta esotica, accompagnati da note marine e da una splendida freschezza gustativa.
Non vi siete coccolati abbastanza negli ultimi tempi? Assaggiate allora questo marsala con un foie gras o abbinatelo ad una cassata siciliana. Fatelo e vedrete che effetto che fa.
PER PROSEGUIRE…
Una volta su questa strada non vi fermerete più. Ne sono sicuro. Troppo affascinante il viaggio nel tempo che l’assaggio di questi vini ci offre. Troppo ampia la gamma dei profumi e dei sapori di queste terre arse dal sole, rinchiusi in un bicchiere.
Proseguite per esempio con il Marsala Superiore Semisecco Ambra Donna Franca Riserva della Florio. Insieme ai marchi Duca di Salaparuta e Corvo, questa azienda di origine ottocentesca, appartiene oggi all’Illva Saronno Holding, che produce bevande alcoliche, semilavorati per gelati, prodotti da forno e altro.
Lo sottolineo perché spesso nel mondo del vino c’è una pregiudiziale diffidenza verso le aziende grandi, accompagnata da un’altrettanta superficiale fiducia nei confronti dei piccoli produttori.
Questo Marsala dà comunque filo da torcere ad ogni romantico del vino che non tocca niente se non viene prodotto da una famiglia di agricoltori che da generazioni coltivano la propria terra.
Ottenuto da sole uve Grillo, il «Donna Franca» si presenta come blend di diversi vini invecchiati dai quindici ai trent’anni in botti di rovere.
Dal colore che assomiglia al legno di mogano fino alle sensazioni olfattive che spaziano su un ampio campo di fiori di ogni tipo, tra cui anche la lavanda, poi albicocche sciroppate, agrumi canditi, note balsamiche, noci, mandorle e una vivacità, freschezza e sapidità in bocca. Perfezione su tutta la linea.
Con il suo residuo zuccherino di 93 g/l si posiziona ufficialmente nella categoria «semisecco» ma questo termine, nel caso del Marsala, vuol dire poco. Pensate solo che i vini Marsala «secco» hanno un bagaglio zuccherino fino a 40 g/l, i «semisecco» da 40 a 100 g/l e solo oltre inizia il regno dei Marsala «dolce»!
Abbinate questo elisir allora tranquillamente con alcuni formaggi erborinati o godetevelo come vino da meditazione.
Concludo con il Marsala Vergine 1980 dell’azienda Intorcia. Fondata nel 1930, periodo assai difficile per il Marsala, la famiglia Intorcia ha saputo accrescere il suo patrimonio vinicolo fino ad arrivare ai tempi nostri con una superficie vitata di ben 90 ettari.
Ottenuto da Grillo in purezza, ha passato trent’anni in fusti di rovere. Ne ha fatto buon uso. Di gusto secco attira per i suoi sentori intensi e eleganti che ricordano il cacao, la liquirizia, fichi secchi e tabacco… Impossibile che non ne troverete altri ancora. Cin cin!
[Crediti | Link: Dissapore, immagini: Rossella Neiadin, Pippo Onorati, Maurizio Gjiovovich, Nicasio Ciaccio, Marco Belli]