A gennaio 2017 il ministero delle Politiche agricole dà notizia della candidatura a patrimonio mondiale dell’Umanità per il 2017-2018 del Prosecco, il paesaggio vinicolo del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene.
Ma a pochi metri dal traguardo, la candidatura subisce uno stop inatteso che rischia di vanificarla sine die.
Motivo? Troppi pesticidi.
Oggi la Tribuna di Treviso riporta la notizia (non online) di una richiesta di integrazione al dossier della candidatura fatta da Icomos, ente consultivo dell’Unesco –una specie di primo giudice delle candidature– spiegando che ci sono problemi per quanto riguarda la sostenibilità ambientale.
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A pochi mesi dalla decisione definitiva dell’Unesco gli addetti ai lavori e i 3000 agricoltori che lavorano nella zona sono preoccupati.
Le vendite degli ultimi anni hanno spinto il Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene sempre più in alto nel mercato del vino, al pari di giganti come Chianti e Brunello, grazie a una produzione di quasi mezzo miliardo di bottiglie all’anno, con oltre 20.000 ettari di vigneti.
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Ma vigneti significa anche pesticidi. E da mesi Legambiente contesta la candidatura di questa zona del Veneto a patrimonio dell’Unesco per l’impatto che la corsa al vigneto ha sulla salute e sull’ambiente. Secondo gli ambientalisti il fatto che i vigneti di glera, il vitigno da cui si ricava il prosecco, rappresentino ormai il 70% della superficie agricola locale implica un utilizzo ancora maggiore di fitofarmaci.
E oggi Pietro Laureano –presidente di Icomos Italia– spiega alla Tribuna di Treviso che nonostante le leggi più restrittive, questi prodotti si continuano a utilizzare. E l’abuso di chimica tra i filari del Prosecco rischia di vanificare gli sforzi.
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A questo punto le strade possibili sono due: andare avanti rischiando che la candidatura venga bocciata oppure rifare i dossier, ripresentarli tra qualche mese e riproporre la candidatura del Prosecco a patrimonio mondiale dell’Umanità il prossimo anno.
[Crediti | La Tribuna di Treviso]