Natale alle porte. Con tutte le cose a cui dobbiamo pensare il panettone sembra un gioco da ragazzi. Da anni ben serviti dal nostro pasticcere di fiducia ci rivolgiamo sempre a lui. Non è una strategia super originale ma, come dire, basta che funzioni.
Per chi invece vuole provare qualcosa di nuovo può scegliere dalla lista dei migliori panettoni con cui Dissapore, ormai da anni dissemina gioia e terrore tra i pasticceri d’Italia.
Fatto? Okay, ora vi tocca la scelta più difficile, cioè il vino giusto.
Abbinare il vino al cibo o viceversa per raggiungere una perfetta armonia tra di loro sembra una cosa ostica.
Naturalmente ci sono diverse scuole di pensiero che ci spiegano come scegliere il vino adatto ad un determinato cibo ma partiamo da una considerazione semplice.
Come nelle relazioni umane ci sono due modi per raggiungere un rapporto armonico: o attraverso una piena sintonia caratteriale o per una compensazione reciproca delle mancanze o delle esagerazioni dell’altro. Il risultato è armonia.
Se volete, chiamate i due principi pure col loro nome tecnico, cioè abbinamento per concordanza e abbinamento per contrapposizione, ma alla fine non importa, conta solo aver capito il meccanismo.
La stragrande maggioranza delle pietanze richiede l’applicazione del secondo principio invece le preparazioni dolci sono il regno della concordanza.
I dolci, come anche il nostro panettone, fanno a pugni, si oppongono fermamente a un qualsiasi abbinamento con i vini secchi. Stanno decisamente meglio in compagnia di vini che provocano all’assaggio delle sensazioni analoghe.
Un classico errore quindi è quello di servire uno spumante secco per accompagnare il dessert.
Ma lasciamo per ora la teoria ed entriamo nel vivo degli abbinamenti ponendoci la domanda cruciale: quale vino per godersi al meglio il panettone?
Vi faccio tre proposte.
La prima è quella più facile, cioè quando al miglior abbinamento del panettone col vino ha già pensato qualcun’altro. Non parlo delle proposte della grande distribuzione che avvicinano i due prodotti sullo stesso bancale per facilitare le vendite.
Trovo più interessante invece i casi in cui la ricetta del panettone è stata elaborata appositamente per un determinato vino.
1) Panettone e vino d’autore – Vernaccia di Serrapetrona Quaquarini
E’ il caso della Quacquarini, un’azienda vitivinicola marchigiana, fondata nel 1959 e cresciuta negli anni fino ad essere oggi, con 35 ettari vitati, il più grande produttore di Vernaccia di Serrapetrona DOCG.
Nel 1989 alla produzione vinicola la famiglia Quacquarini ha poi aggiunto un laboratorio di pasticceria artigianale.Tra tutti i prodotti della Dolciaria Quacquarini il panettone alla Vernaccia di Serrapetrona DOCG con uvetta e frutti di bosco è forse il più originale.
Come è regola a casa Quacquarini anche questo panettone lievita ben 36 ore. La vera differenza però sta nel trattamento dell’uvetta che viene imbevuta di Vernaccia di Serrapetrona. Il giorno successivo all’impasto si aggiungono poi acqua, un po’ di Vernaccia di Serrapetrona, l’uvetta ‘ubriaca’ e i frutti di bosco.
Al naso si presenta con una spinta burrosa impressionante e la fragranza di piccoli frutti rossi. In bocca una deliziosa dolcezza e il sapore di burro lasciano spazio ai frutti di bosco e all’uva passa. Un panettone particolarmente ‘succoso’.
Per quanto riguarda le bollicine la Quacquarini produce due versioni di Vernaccia di Serrapetrona DOCG, una secca e una dolce. Ovviamente scegliamo la seconda, ottenuta solo da uve di Vernaccia nera.
Nell’entroterra maceratese, in particolare a Serrapetrona, la Vernaccia nera è considerato un vitigno autoctono. Potrebbe comunque trattarsi dello stesso vitigno della Garnacha tinta spagnola di cui recenti ricerche hanno dimostrato un patrimonio genetico identico al Tocai rosso del Veneto, al Cannonau sardo e alla Grenache francese.
In ogni caso la nota distintiva della Vernaccia di Serrapetrona DOCG non va cercata solo nel vitigno. Sta, infatti, anche nella tecnica di vinificazione che prevede ben tre fermentazioni.
Funziona così: da circa il 60% delle uve raccolte si produce un vino base. La parte rimanente viene portata in locali di appassimento dove i grappoli rimarranno appesi per circa tre mesi. A gennaio le uve parzialmente appassite vengono diraspate e pigiate per poter aggiungere un mosto dolce e concentrato al vino base già prodotto in ottobre. Questo fa partire la seconda fermentazione che termina dopo circa due mesi.
Dopo una fase di maturazione il vino viene messo in autoclave in cui con l’aggiunta di lieviti e zuccheri inizia la terza fermentazione che produce le bollicine (metodo Charmat).
Avvicinando il naso al bicchiere si avvertono intensi sentori di spezie come pepe nero e ginepro. Dietro questo sipario olfattivo emergono poi frutti di bosco in confettura, fiori rossi appassiti e note terrose. In bocca un perfetto riscontro di quanto ha raccontato il naso: pepe e frutti neri maturi. Una buona freschezza e moderata dolcezza invogliano al sorso successivo. Caratteristica per il vitigno è un’elegante nota amarognola nel finale di bocca.
Come si vede, il vino e il panettone fanno qui un gioco di squadra. Mentre la loro dolcezza si trova in perfetto equilibrio, la freschezza del vino, ulteriormente sostenuta dall’azione delle bollicine, pulisce la bocca dalle note burrose. Viceversa il sapore di burro e frutta creano il contrappeso alle note spezziate del vino.
2) Panettone classico e vino – Passito Su’entu
Ora invece vediamo come scegliere il vino per accompagnare un panettone classico.
Certo, si fa presto a dire classico ma quando si entra nel regno dei panettone lovers, non solo milanesi, ogni affermazione può provocare discussioni interminabili. Evitiamole. Sapete di che cosa parlo, cioè di un panettone preparato con uova, burro, uvetta, agrumi canditi, zucchero e miele. Questi ingredienti ci danno le coordinate sufficienti per orientarci nella scelta del vino, ovvero dolcezza, aromaticità e grassezza.
Scontato ormai che il vino sia dolce. Ma quanto dolce deve essere per accompagnare al meglio un panettone?
La risposta dipende naturalmente dalla dolcezza del panettone. Ora, ricette particolari a parte, abbiamo a che fare con un dolce caratterizzato non solo dall’uso di zucchero ma anche da una più o meno abbondante aggiunta di miele. Considerando la sua alta percentuale di fruttosio il miele ha un potere dolcificante molto superiore allo zucchero.
Di conseguenza dobbiamo cercare un vino che ci procuri una carica zuccherina adeguata ad affrontare bene la dolce sfida del nostro panettone.
La seconda caratteristica del panettone è la sua aromaticità, data soprattutto dall’uvetta e dai canditi ma anche dal burro. Come per le sensazioni dolci anche l’aromaticità richiede un abbinamento per concordanza. Scegliamo quindi un vino in cui troviamo analoghe sensazioni al naso e in bocca: uva passa e frutta candita, agrumi in primis.
Un terzo elemento che definisce il profilo sensoriale del panettone è la sua grassezza. La presenza del burro gli dona non solo una piacevole aromaticità e tendenza dolce ma anche una sensazione grassa che richiede una contrapposizione con un vino dotato di buona sapidità e freschezza.
Il triangolo sensoriale del panettone, composto da dolcezza, aromaticità e grassezza, lascia spazio a tanti abbinamenti possibili. Se vi piacciono i passiti siete già a un buon punto.
Nella stragrande maggioranza dolci, i vini da uve appassite si distinguono spesso anche per intensi profumi di uva passa, frutta secca e agrumi canditi, cioè una buona parte del quadro olfattivo che troviamo in un panettone.
Attenzione però che il vino sia dotato di buona freschezza per non impastare la bocca con un sovraccarico di sensazioni dolci.
Provate, per esempio, il passito IGT Isola dei Nuraghi delle cantine Su’entu.
Con questa proposta di abbinamento vi porto in Sardegna, a Sanluri, a metà strada tra Cagliari e Oristano. Una terra arsa dal sole che affonda le sue radici nei tempi prenuragici. Migliaia di anni avanti Cristo per intendersi.
Qui dal 2010 la famiglia Pilloni porta avanti un progetto di valorizzazione del territorio che oggi si presenta con un vigneto di ben 32 ettari, vitato perlopiù con vitigni autoctoni.
Il loro passito è ottenuto da uva di Moscato bianco e un piccola percentuale di Nasco, un vitigno sardo autoctono.
L’uva utilizzata per la produzione di questo vino subisce un’appassimento naturale in vigna prima di essere vinificata in acciaio.
Un giallo dorato luminoso e intensi sentori di albicocca disidratata, arance candite, miele di zagara, seguiti da sbuffi di erbe aromatiche invitano a un sorso che dona una dolcezza avvolgente, perfettamente bilanciata da una robusta spalla acida e notevole sapidità.
Praticamente un panettone liquido. Manco a dirlo che l’abbinamento risulta armonico.
3) Panettone farcito e vino – Moscato d’Asti Gianni Doglia
Cambiamo prospettiva. Ora non cerchiamo il vino giusto per il panettone ma prepariamo un nostro panettone farcito per un determinato vino. Divertiamoci!
Il vino che ho in mente viene da Castagnole delle Lanze, piccolo borgo tra Alba e Asti. Qui siamo nel regno indiscusso del moscato bianco, l’uva a bacca bianca più conosciuta del Piemonte di cui la regione coltiva circa 10.000 ettari.
Uno dei massimi esperti di questo vitigno è Gianni Doglia. All’inizio del nuovo millennio, Gianni ha iniziato a selezionare i vigneti più vocati per la produzione del moscato bianco.
Oggi l’azienda produce un ottimo moscato d’Asti base e il Moscato d’Asti Casa di Bianca, un vero e proprio cru.
Al naso si presenta con intensi profumi di salvia e pesca sciroppata, i sentori tipici del Moscato bianco. Con un pizzico di pazienza si avvertono poi sentori freschi che ricordano la citronella, una rosa bianca e fiori di tiglio.
La dolcezza imponente che si avverte in bocca trova comunque un equilibrio grazie ad una rinfrescante acidità. Insieme donano un sorso leggiadro. Finale lungo e di gustosa sapidità.
Un panettone farcito per accompagnare il Moscato d’Asti di Gianni Doglia mi piacerebbe così:
Come farcitura sceglierei una crema pasticciera profumata al limone o all’arancia. Ci metterei anche uno strato sottile di confettura di pesche.
In alternativa alla confettura si potrebbe pensare alla frutta esotica sciroppata, per esempio un’ananas.
Tutto incoronato da una copiosa copertura meringata, per golosità ma anche per non stare sotto la dolcezza del vino.