Disapprovate i vini naturali, che “non esistono”, “puzzano”, “sono imperfetti”. Okay, vi capiamo. Capiamo anche le differenze tra vignaioli convenzionali e quelli che vorrebbero pestare ogni acino con i piedi, ma solo se vendemmiato al chiar di luna.
Sta di fatto che la tendenza dei vini “naturali” o “biologici” o “biodinamici” o “artigianali”, protagonista del salone internazionale Live Wine, dal 3 al 5 marzo animerà il Palazzo del ghiaggio di via G.B Piranesi 14, a Milano, non può certo essere ignorata.
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Da venerdì a domenica, l’edizione numero 4 dell’evento ospita produttori italiani e non, con un focus su Spagna e Austria. Se temete di perdervi tra gli assaggi sappiate che, al netto dell’ingresso che costa 20 euro, le degustazioni guidate sono tante, costano tra i 20 e gli 80 euro e si prenotano sul sito.
VINI NATURALI
Cosa dovete aspettarvi dal Live Wine? Secondo la definizione dello stesso evento: “Vini biodinamici o biologici, prodotti artigianalmente da chi segue vigna e cantina, rispettosi del territorio, che ammettono solo l’aggiunta di anidride solforosa (solfiti), ben al di sotto dei limiti di legge”.
Notato? Nessuna menzione per i “vini naturali”. Perché? Perché i vini naturali non esistono, non secondo la legge, almeno, visto che il solo ingrediente usato nella produzione del vino è il grappolo e affermare che un vino sia “naturale” presuppone che gli altri non lo siano. “Naturale”, a dirla tutta, non si può nemmeno scrivere in etichetta. È solo una questione di approccio, basato su tecniche non invasive in vigna e in cantina.
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Il vino naturale rinnega, più di tutto, l’appiattimento dei sapori stabiliti a priori. È l’annata, che per definizione cambia di vendemmia in vendemmia, a stabilire cosa sentiremo nel bicchiere. Insomma, una cosa bella, ma “vino naturale” non si può dire.
VINI BIOLOGICI
Discorso diverso per i “vini biologici”, che devono attenersi a standard definiti dall’Europa: il vino bio si riconosce dall’etichetta, con la foglia stilizzata su fondo verde, che indica la provenienza da coltivazioni bio e l’uso limitato di additivi in cantina.
VINI BIODINAMICI
Il vino biodinamico, ideato da Rudolf Steiner (fondatore dell’antroposofia), segue nella produzione il calendario astrale e utilizza tecniche di compostaggio particolari (l’humus di lombrico, per esempio).
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Potete inquadrarlo come un sottoinsieme radicale del vino biologico, ma non ditelo troppo forte: sono vini amati da chi detesta le definizioni quasi quanto l’aroma di chewing-gum tipico di quelli che –secondo loro– vini “naturali” non lo sono per niente.
Ora sapete (più o meno) che tipo di assaggi vi aspetta nel prossimo week-end. Bene, mettiamo che, approfittando del fatto di essere lì, vi venga voglia di bere naturale in qualche locale di Milano ad hoc, dove l’uva è la sola vera protagonista dei calici.
In occasione di Live Wine, ViviMilano inserto del Corriere della Sera, ha segnalato bar, bistrò, wine-bar e ristoranti da non perdere, c’è pure una eno-libreria. Li abbiamo riassunti.
LOCALI
Vino
via Pier Lombardo 9
Piccola enoteca con un’offerta perlopiù italiana e francese. Se volete consumare in loco, sappiate che i posti sono pochi, ma la scelta ampia; in abbinamento i taglieri di salumi e formaggi, ovviamente di piccoli produttori.
Nuvole in cantina
via Canaletto 11
Eno-libreria che in una lista del genere figuriamoci se può mancare. Si divorano fumetti e si mangiano stuzzichini, tra un calice e l’alto. E’ il posto giusto per approfondire la conoscenza di vino naturale, non solo bevendo.
Champagne Socialist
via Lecco 1A
Noi sgamatoni di Dissapore vi abbiamo portato in questo locale mesi fa.
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Ad ogni modo: più di 500 referenze, con molto imbarazzo della scelta anche alla mescita, e “conservas” iberiche, dallo sgombro allo spada sott’olio, accanto ai classiconi da aperitivo.
Tipografia Alimentare
via Dolomiti 1/3
Bistrot con annessa bottega nuovo e molto accogliente, con tavoli spaziosi che invitano a sostare calice alla mano, che fa del rapporto diretto con i produttori una pratica abituale: ogni giovedì, alle 19, si beve con i vignaioli stessi.
Vinoir
Ripa di Porta ticinese 93
Anche i vini naturali hanno le loro griffe, e questo è il posto giusto per metterle alla prova. Qui le etichette si dividono tra quotidiane, per occasioni importanti, bolle e orange cioè, orange wine (che sono ricavati da uve bianche fermentate sulle bucce), servite anche alla mescita e accompagnate da piatti espressi.
Saluti da Modena
via S.Fermo 1
Molte funzioni (enoteca, drogheria, bistrot) e una vera ossessione: la gastronomia modenese. Aceti, parmigiani, tigelle & Co da portare a casa o mangiare sul posto, con vini naturali che, però, vengono anche da altre Regioni.
Surlì
via Thaon de Revel 12
Come il nome suggerisce se siete dotati di un intuito supersonico, la piccola enoteca incentra la proposta sulle rifermentazioni in bottiglia. Da “Sur lies”, “sui lieviti”, tanti vini italiani e francesi rigorosamente torbidi, non filtrati, come da dogma naturale.
RISTORANTI
Capra e Cavoli
via Pastrengo 18
La cucina è marcatamente vegetariana, con opzioni vegane ma senza idee talebane: insomma, si può mangiare onnivoro.
[Il nome è Capra e Cavoli, voi chiamatelo Capra e Calcoli]
Per restare in tema l’ambiente è ricco di vegetazione e il menù degustazione (45 euro a testa) è affiancato da una carta vini biologica e biodinamica, che costano da 22 a 40 euro.
28 Posti
via Corsico 1
Una cucina creativa per cui vale la pena provare il menù da cinque, ma che dico otto, o addirittura dieci portate (per 50, 70 o 80 euro). Anche la carta dei vini è decisamente ampia: provengono da tutta Europa e vanno dai 28 ai 75 euro.
Soulgreen
piazzale Principessa Clotilde angolo Vespucci
Il posto giusto per togliersi due sfizi in un colpo solo: provare i vini biodinamici (dall’Italia all’Australia, dai 20 ai 200 euro), se non lo avete già fatto, e assaggiare la cucina ayurvedica, quella basata sull’antica scuola di medicina indiana, per capire se è vero quel che si dice specie tra i suoi seguaci, ovvero che sia buona.
[Lo dico per il tuo bene: Soulgreen a Milano, una recensione negativa]
Occhio però, è anche l’unico protagonista –finora– della serie di recensioni negative di Dissapore: “Lo dico per il tuo bene”.
[Crediti | ViviMilano – Corriere ]