Il tragico evento del terremoto in Abruzzo ha attivato in ognuno di noi una serie progressiva di allarmi; sulle prime chi aveva parenti ed amici, col cuore in gola, ha telefonato, s’è informato. Chi scrive è tra questi, e ha condiviso i giorni tristi del “tu come stai”. Ma a Dissapore parliamo di cibo, e di vino, e dopo lo spavento e il lutto, resta una specie di sinapsi riferita al nostro mondo. Pensiamo all’Abruzzo e lo colleghiamo, anche, alle grazie enoiche che sa proporre. Giorni fa Wine Spectator riportava le testimonianze di nomi evocativi per molti enofili, Zaccagnini, Cataldi Madonna, La Valentina.
La nostra Francesca Ciancio ha parlato di terremoto, e vigne, col professor Attilio Scienza, ordinario di Vitivinicoltura presso l’Università degli Studi di Milano, che ha affermato: “non ci sono esperienze sull’effetto dei terremoti sulla attività biologica delle piante, anche perchè l’azione sussultoria od ondulatoria della terra viene ampiamente assorbita dalla elasticità naturale delle piante, molto meglio di quanto non faccia il cemento armato. Si possono ipotizzare dei danni alle radici solo nel caso in cui la terra si fessuri profondamente, ma questo capita abbastanza raramente ed è riscontrabile in strutture rigide come ad esempio le strade. Forse un certo danno si potrà constatare in seguito nelle deviazioni che subiscono le acque sotterranee e quindi nell’abbassamento di falde o nell’interruzione di sorgenti e quindi nell’alimentazione idrica delle viti”. Ma tra queste confortanti osservazioni, qui a Dissapore è sembrata interessante la considerazione, forse, meno tecnica: “la coltivazione della vite può rappresentare una speranza per i viticoltori delle zone terremotate ed uno stimolo a non abbandonare la loro terra”. Coraggio, Abruzzo.