Autunno. Tempo delle guide del vino. Precedute da settimane di rapporti sul work in progress, distribuiti nei vari social network e da anticipazioni di premi sapientemente somministrati in dosi crescenti.
Eccoci qua con le nuove edizioni delle guide del buon bere.
Ce ne sono tante. Tenendo conto dei decessi e delle nascite ogni anno ne escono sul mercato all’incirca una quindicina.
Per ragion di logica avete svariate scelte: non comprare nessuna guida, comprarne una, un paio o tutte.
Nessuna guida
La domanda è più che legittima: ma le guide del vino servono davvero? Vediamo alcuni argomenti dei loro detrattori.
De gustibus non est disputandum, vulgo: sui gusti non si può discutere.
E’ il pensiero più duro a morire.
Ha a suo favore l’innegabile vantaggio di presentarsi come eno-political correct. Peccato che il suo valore pratico è pari a zero.
Se davvero ogni giudizio sul vino valesse l’altro, non bisognerebbe più ascoltare gli altri. Non solo gli esperti, ma proprio nessuno. Il convivio con il suo fertile e variopinto scambio di idee farebbe posto alla triste solitudine di un mondo popolato da eremiti del gusto.
Farsi guidare nelle scelte è un segno di debolezza intellettuale.
Questo sì che è un argomento forte.
Ha alle sue spalle niente di meno che un grande filosofo, Immanuel Kant, che l’ha sviluppato in un saggio del 1784 intitolato ‘Che cos’è l’Illuminismo?’
Applicando il suo pensiero al campo del vino si leggerebbe così: se ho un libro che valuta i vini per me, un esperto che sceglie i migliori per me, non ho certo bisogno di sforzarmi. Non ho bisogno di pensare e di affinare il palato, purché sia in grado di pagare.
E così comodo farsi guidare…
E’ tutto vero ma servirsi di una guida nella selva oscura delle offerte di vino può essere anche una scelta intelligente. La vera domanda non è se farsi guidare o no ma come farlo senza rinunciare al proprio giudizio.
Lo sapeva già Papa Paolo III, uno dei più famosi buongustai tra i pontefici rinascimentali. Come è ben noto nominò Sante Lancerio suo incaricato speciale per la selezione dei vini alla sua tavola.
Di vino il papa se ne intendeva parecchio e non fu certamente per la debolezza del proprio palato che ricorse ai servigi di uno specialista. Così aumentava semplicemente i piaceri del buon bere alla sua tavola.
Le guide non sono indipendenti.
Un’opinione che si presenta in versioni differenti ma la più comune è quella che fiuta sempre l’odore dei soldi dietro ogni proposta di assaggio. Secondo questa corrente di pensiero non c’è una guida cartacea o scaricabile da internet che non si faccia influenzare dai committenti di pubblicità e da vantaggi e compensi anche indiretti.
Ora, la cultura del sospetto che nutre tali critiche è in sé sempre meglio della cieca fiducia. Attenzione però a non commettere un errore logico banale: al fatto che l’interesse economico facilmente inquini la limpidezza del giudizio non segue necessariamente che tutte le scelte degli esperti siano alla mercé di qualche potere economico.
Dipende. Come sempre l’affidabilità di un giudizio si basa sull’autorevolezza della persona che lo esprime. Spesso basta seguirla un po’ in rete o attraverso le sue pubblicazioni nelle riviste e nei libri per farsene un’idea.
Le guide del vino parlano in gergo. Servono soprattutto agli addetti ai lavori.
Certo, in parte è vero. Come ogni pregiudizio che si rispetti troviamo anche in questa affermazione qualche verità. Purtroppo però, le mezze verità sono peggiori delle bugie. Il gergo delle guide c’è e qualche volta si esagera ma è un male necessario.
Come ogni linguaggio tecnico, quello delle guide è uno strumento per essere più precisi, per avvicinarsi a un fenomeno complesso in maniera non banale.
Prendiamo come esempio la poesia: il linguaggio poetico di Montale o Pasolini è sicuramente più ricco del “tvb x sempre” di un ragazzino delle medie ma non è per questo meno utile. Così anche per il vino.
Il consiglio «scrivi come bevi», che ogni giornalista di faccende vinose dovrebbe incidere con lettere maiuscole sulla sua tastiera, è sicuramente una buona regola. Ma proprio per questo il linguaggio non può essere sempre di tinta comune.
Per descrivere un Tavernello bastano poche parole semplici, per un Tignanello però ci vuole qualcosa in più.
Una guida
Una volta sgomberato il campo dai palati del fai da te, rimane la seconda possibilità, cioè quella di scegliere una guida sola.
Compro da anni la stessa guida non me ne servono altre.
E’ il motto ferreo di coloro che passano dall’agnosticismo enoico al monoteismo del bere. Ottimo. L’editore ringrazia.
Inoltre, in tempi in cui regna il diktat del cambio continuo, della ricerca disperata delle novità, questo atteggiamento simpaticamente démodé ha a suo favore di essere sincero.
Spesso deriva dall’aderenza a una scuola enologica, a un pensiero forte che professa l’esistenza di un solo dio del vino. Dal cosiddetto vino naturale alla preferenza dei piccoli produttori o dei vitigni autoctoni, la scelta è ampia.
Purtroppo c’è una brutta notizia: la guida perfetta non esiste.
Ognuna ha qualche parte debole. Anche se non parte dall’idea che tutti gli altri punti di vista siano nient’altro che eresia, ogni critico, qualsiasi assaggiatore ha sempre una sua prospettiva, un suo modo di vedere che ne esclude altri. Tutto qua.
Al contrario dei loro detrattori però non è per questo problema che dovremmo smettere di consultare le guide. Anzi, possiamo utilizzarle come controfuoco, come strumenti utili per correggere le miopie delle altre.
Tutte le guide
Ora, arrivato a questo punto, potrei semplicemente elencarvi tutti i titoli delle guide che trovate in commercio.
Per comodità, per non fare torto a nessuno ma anche per convinzione, perché trovo qualcosa di stimolante in tutte le guide.
Alcune guide
Invece vi propongo solo un mio personalissimo quintetto.
Se la guida perfetta non esiste, non potrei fare altro. Ognuna di queste guide è un contrappeso che porta in equilibrio i giudizi delle altre. Ogni racconto sul vino ci libera dal racconto precedente, svela i suoi limiti.
Solo vedendo la stessa cosa da più punti di vista evitiamo l’unico rischio innegabile, quello di abbandonare il proprio giudizio affidandoci al pensiero unico del critico di turno.
Per poter utilizzare le guide in questo modo devono essere trasparenti. Devono fare outing e dirci da che parte stanno, come funziona il loro sistema di valutazione e chi sono gli assaggiatori che ne fanno parte.
Vitae
La guida vini dell’Associazione Italiana Sommelier, la più antica – fondata nel lontano 1965 – e la più grande. Pesca da un bacino di oltre 900 degustatori che vengono selezionati in un processo trasparente e dopo una lunga formazione professionale basata su una didattica internazionalmente riconosciuta.
Con oltre 2000 pagine la versione cartacea è una vera Bibbia di Bacco in Italia. La prova che l’approccio enciclopedico al vino italiano è tutt’altro che superato.
Un elenco dei vini che hanno ricevuto il massimo riconoscimento di oltre 90 centesimi, indicati dal simbolo di quattro viti stilizzate o da un tastevin come massimo riconoscimento del valore territoriale di un vino facilitano la ricerca di chi punta subito alle eccellenze.
La versione cartacea è per i soli soci ma la versione digitale, che recensisce un numero ancor più elevato di vini, è scaricabile anche dai non associati.
Slow Wine
E’ la guida di Slow Food. Nasce nel 2009 quando termina la sua collaborazione con il Gambero Rosso. Per ventidue anni avevano realizzato insieme la guida Vini d’Italia.
L’approccio è quello del buono, pulito e giusto, il famoso motto dell’associazione fondata da Carlo Petrini. Con questo approccio ha influenzato buona parte delle critica eno-gastronomica non solo in Italia e continua ad essere la spina nel fianco di tutte le guide che seguono un approccio edonistico.
Visitando le aziende vitivinicole, parlando con i vignaioli e camminando per le vigne segue più di altre guide le orme del grande Mario Soldati: “La nobiltà del vino è proprio questa: che non è mai un oggetto staccato e astratto, che possa essere giudicato bevendo un bicchiere, o due o tre, di una bottiglia che viene da un luogo dove non siamo mai stati” (Vino al Vino, p. 77).
Inoltre in tempi non sospetti, quindi anche negli anni del benessere, la casa editrice ha prestato grande attenzione ai vini quotidiani, cioè a quelli di qualità ma a prezzo popolare, pubblicando un’apposita guida. Disponibile anche in versione inglese.
Guida Essenziale ai Vini d’Italia
Come indica il titolo qui si punta a una selezione assai severa di aziende e vini. Per fare questo ci vuole coraggio, indipendenza di giudizio e grande esperienza, caratteristiche incarnate dal curatore Daniele Cernilli, alias Doctor Wine.
Fu lui, all’epoca direttore del Gambero Rosso, a inventare il famoso sistema dei tre bicchieri, sostituito nella sua guida da una valutazione in centesimi.
Tra i vari riconoscimenti speciali assegnati dalla guida mi piace particolarmente il «premio qualità diffusa», dedicato ai vini che coniugano l’alta qualità con la giusta quantità, un connubio che gli permette di penetrare anche mercati lontani con un made in Italy di alta gamma. Una bella lezione a tutti coloro che credono religiosamente nella qualità superiore dei vini di nicchia.
Da ultimo ma non meno importante, fate attenzione ai “faccini”, il simbolo con cui Cernilli premia i migliori vini dell’anno mettendoci, appunto, la faccia.
E’ proprio qui che la sua guida rivela più nettamente la sua impostazione. Puntando senza compromessi alla sola qualità organolettica dei vini la Guida Essenziale è un potente controfuoco che tiene a bada le mode del momento, le filosofie parziali che hanno il sorso breve.
Vini da Scoprire
Vi sbagliate. Non è l’ennesima guida dei «1001 vini da bere almeno una volta nella vita» o dei «vini italiani che devi proprio assaggiare». Non è un libro che guarda indietro ma un apripista che indica alcuni vini che saranno famosi o dovrebbero esserlo in un mondo perfetto.
Un’impresa ad alto rischio di fallimento.
Per riuscirci non basta certamente la raccomandazione di qualche vino raro o il racconto di un’azienda ai quali nessuna delle grandi guide presta attenzione.
Ci vuole una nutrita esperienza di assaggio, accompagnata dall’intuito per fattori imponderabili che insieme permettono di riconoscere un potenziale ancora dormiente.
Doti rare che gli autori, Armando Castagno, voce tra le più colte della critica enologica italiana, Fabio Rizzari e Giampaolo Gravina, penne altrettanto autorevoli, possiedono.
Esempi? La scelta del Ventisei, un Pinot nero dal Mugello in Toscana, regno del Sangiovese, o del Noè, un vino ottenuto da uve Pecorino ad Arquata del Tronto e firmato da Stefano Amerighi, più conosciuto (finora) per il suo splendido Syrah cortonese.
Il lato più bello di questo libro è che la sua curiosità contagiosa non va alla ricerca disperata delle stranezze. Non è una Wunderkammer del vino italiano.
Lo dimostra l’inserimento della Tenuta Ebner. Di certo l’azienda altoadesina di Florian e Brigitte Unterthiner non è proprio una sconosciuta. Dall’ampia gamma dei loro vini gli autori focalizzano però non il Gewürztraminer o il Sauvignon ma un Zweigelt, un vitigno autoctono dell’Austria che nel terroir della Val d’Isarco potrebbe essere una scoperta sorprendente anche per chi frequenta con regolarità le vigne di questa regione.
Cantine d’Italia
Con le guide nominate fin qui potreste anche restare comodamente a casa ordinando i vini che vi hanno incuriosito con un click su uno dei vari siti di vendita online. Potreste ma non dovreste.
A convincervi a non impoltronirvi troppo ci pensa “Cantine d’Italia”, la guida curata da Go Wine, un’associazione che promuove l’eno-turismo in Italia.
Sarò di parte ma credo che una conoscenza del vino che non passi dalla geografia, dalla conoscenza diretta del paesaggio e dalla gastronomia del territorio, non sia completa. La mappa geografica non è mai la realtà e gli abbinamenti migliori si fanno quasi sempre in loco.
Allora alzatevi e viaggiate seguendo magari le tre impronte, il simbolo del massimo riconoscimento con cui Cantine d’Italia premia il top dell’esperienza enoturistica.
Mettete i piedi sulla stessa terra in cui la vite affonda le sue radici. Bevete in loco. Vedrete che differenza fa.
[Crediti | Foto copertina: The Winefathers]