Cinquecento milioni di bottiglie vendute in tutto il mondo con una crescita che minaccia lo champagne. Un exploit impressionate partito da un’area circoscritta del Veneto.
E che ora, sembra incredibile, rischia di sfumare a causa dei residui chimici nel processo produttivo.
L’imputato è il Prosecco, nei panni del giudice con tanto di analisi di laboratorio c’è invece la rivista Il Salvagente, che nel numero in edicola ha messo alla prova 12 delle etichette più vendute in Italia
accertando la presenza di 352 sostanze tra solfiti, erbicidi, diserbanti e fungicidi.
[Il prosecco migliore che si compra alla Coop]
Risultato, purtroppo, amaro: in ognuna delle 12 bottiglie è presente almeno un residuo di pesticida, con una media di sei a testa. Non ne è uscito bene nemmeno l’unico prosecco bio del test, con residui di un pesticida, il folpet, vietato nell’agricoltura biologica (probabile una contaminazione involontaria).
All’estremo opposto c’è un prosecco con ben 7 funcigidi differenti.
Va detto che, come spesso capita ai test de Il Salvagente, in nessun caso i residui superano il limite massimo consentito (Lmr) per ogni sostanza.
Ma questa, da sola, non è garanzia di tranquillità: Roberto Pinton, segretario di Assobio, afferma infatti che “Cinque, sei, persino sette residui sotto il limite consentito, si sommano comunque nell’organismo umano”.
Interpellati dalla stessa rivista, i produttori hanno usato questo argomento per difendersi: la varietà di pesticidi è necessaria per rendere le piante più resistenti nel tempo.
Aggiunge Stefano Zanette, presidente del consorzio Prosecco Doc (che da solo produce oltre 420 milioni di bottiglie l’anno):
“Prendendo un principio attivo e arrivando a una soglia di tolleranza si ottiene un prodotto rischioso, ma se in una bottiglia ho semplici tracce, non è che siano sommabili perché sono principi attivi diversi”.
[Il prosecco non si ferma più e dopo gli inglesi conquista gli Usa]
Continua poi Zanette: “Ci siamo impegnati a escludere il folpet, insieme al mancozeb e al glifosato dal disciplinare di produzione, e fintanto che non si fa il passaggio al comitato nazionale vini del ministero, che deve dare il via libera, noi continuiamo a sconsigliarlo, però c’è sempre qualcuno che fatica ad abbandonare le vecchie abitudini”.
Se i pareri scientifici sulla nocività sono contrastanti e in alcuni casi opposti, i residenti nell’area di produzione del Prosecco (ampliata di recente con 1.200 nuovi ettari) non sono rimasti fermi.
Da tempo organizzano marce per lo stop ai pesticidi manifestando contro il massiccio utilizzo di sostanze chimiche.
[Crediti | Il Salvagente, Qui Treviso]