Le guide non hanno più senso da quando c’è Internet
— La carta fa schifo, io penso in digitale e ho una porta usb nell’uretra
— Inutile leggere le guide, vincono sempre gli stessi.
— Le segnalazioni di chi è chiamato a giudicare le aziende vinicole sono troppo politiche
— I tre bicchieri del Gambero Rosso spostano ancora molto, soprattutto all’estero
— In un periodo di crisi del settore avevamo bisogno della nuova guida di Daniele Cernilli?
— La guida dell’Espresso è la più affidabile e la più attenta ai piccoli produttori, proprio per questo da quest’anno è stata profondamente cambiata
— Le chiocciole della guida Slow Food sono paracule
— La tomba di Veronelli subisce sempre degli smottamenti sismici quando esce la nuova edizione della sua guida ai vini
Sono alcune delle sentenze che accompagnano ogni anno la lista dei premiati delle principali guide enologiche italiane. Un mantra sempre uguale a se stesso, con piccole varianti più o meno esecrabili e complottiste.
Eppure che piaccia o no, a ottobre il mondo del vino non parla d’altro. Rendendo sempre più caotica e difficile la vita del semplice appassionato che vorrebbe indirizzare qualche decina di euro su una bevuta indimenticabile.
Proviamo allora a scegliere 10 vini che mettono d’accordo tutti.
Partiamo con 5 rossi
1. Barolo Monprivato in Castiglione Faletto 2011
Il Barolo, principe dei rossi italiani spadroneggia ovunque anche se la gran parte dei produttori è fuori con l’annata 2012, ampiamente inferiore alle due precedenti.
Per alcuni costano troppi, per altri troppo poco, visto quanto si fanno pagare il grande vino in Francia. Se ne volete prendere uno e andare sul sicuro, provate il tradizionalissimo Faletto di Mascarello.
Una bevuta austera e indimenticabile. Specie se vi va di attendere un paio di decenni.
2. Barbaresco Rabaja 2013
Il nebbiolo vi fa godere (come darvi torto), ma non avete tutta sta voglia di aspettare i lustri.
Il Barbaresco di Cortese è pronto (o quasi) già adesso e pronto a dare soddisfazione a chi ama i rossi molto vivi ed espressivi, potenti e nervosi, privi di banalità e piacioneria. Una delle più belle bevute dell’anno nella tipologia.
3. Chianti Classico 2014
Tipologia iconica a cui il successo internazionale ha recato non pochi danni. Il Chianti si vende ancora benissimo, ma nell’immaginario contemporaneo arranca un po’.
Per chi vuole provarne una versione pura, di grande golosità, freschezza ed eleganza, Badia a Coltibuono ha tirato fuori il capolavoro in un’annata piuttosto infame. Vino che stappato la sera non vede mai l’alba.
4. Montepulciano d’Abruzzo 2012
Valentini
Erano anni che Valentini, non imbottigliava il Montepulciano e faceva godere il mondo solo con il suo inarrivabile Trebbiano. Solo per questo è lecito mettere da parte qualche decina di euro e riuscire ad accaparrarsi la bottiglia.
Poi però dimenticatevela in cantina almeno un decennio. Meglio due.
5. Etna rosso 2015
È un decennio che leggo della prossima esplosione dei vini dell’Etna. O meglio l’esplosione c’è stata ed è radicata, ma forse non nei modi iperbolici in cui a volte mi sembra di leggere. Quest’anno le guide però hanno ampiamente aumentato le referenze.
Bere da queste parti è divertente e stimolante: vini che infrangono lo stereotipo dei rossi tutto frutto e concentrazione che ancora vanno per la maggiore nelle fasce economiche di mercato. Non costano poco, ma se puntate alla qualità/prezzo Pietradolce fa per voi.
Passiamo a 1 rosato
6. Tauma 2015
In Italia la produzione di rosati è in grande crescita. La qualità invece rimane spesso abbastanza modesta, sia sul Garda, dove però un’addrizzata al livello è stata data, che nelle più note versioni pugliesi e abruzzesi. Ma occhio ai rosati calabresi e siciliani.
Fuori categoria il Tauma: vecchie vigne di Montepulciano. Ciliegioso, corposo, lontanissimo dall’idea classica del vino rosato. Buonissimo.
Un paio di bianchi
7. Verdicchio di Matelica
Collestefano 2015
Invecchia alla grande, è buono subito, ha una bella storia da raccontare. E costa pochissimo, tanto che da un decennio è il sinonimo enologico di qualità/prezzo.
L’annata però a parere di chi scrive non è indimenticabile e se cercate il miglior Verdicchio in circolazione, tra quelli recentemente usciti, buttatevi su Pievalta – Verdicchio dei castelli di Jesi San Paolo 2013.
8. Fiano di Avellino 2014
Bere bianco in Irpinia è un atto doveroso verso la zona qualitativamente più entusiasmante d’Italia. Le ultime due annate sono inferiori alla 2013, ma Favati, Villa diamante, Pietracupa e Colli di Lapio si sono divisi le citazioni delle guide.
Insieme a loro Rocca del principe, piccola cantina artigianale di grandissima espressività che ha la sana abitudine di uscire in ritardo rispettando il più possibile la longevità del Fiano. È il vino perfetto per elencare i sentori più disparati, anche in un’annata piuttosto magra, goderlo subito o attenderlo qualche anno.
Una bottiglia di bollicine
9. Franciacorta Dosage Zéro Noir 2007
È la categoria dove mi trovo sempre più in disaccordo con le guide, che elencano sempre nei gradini più alti alcuni Franciacorta enologicamente inattaccabili, ma dal fiato sempre un po’ corto, almeno secondo me.
Ma siccome non è la mia graduatoria, quanto una sintesi delle migliori segnalazioni godetevi questa nuova Riserva 2007 di Ca’ del Bosco, citata frequentemente al pari del più celebrato Annamaria Clementi.
Personalmente gli preferisco l’extrabrut di Mosnel, il misconosciuto metodo classico di Mattia Filippi e salendo ancora un po’ di fascia il mitico Giulio Ferrari.
E un passito
10. Passito di Pantelleria Bukkuram “Padre della vigna”
I vini dolci saranno anche in caduta libera nel consumo, ma i picchi qualitativi – specie delle nostre isole – rimangono impressionanti.
Nell’attesa che sardi e siciliani capiscano di avere in mano dei Marsala e delle Malvasia di Bosa da lacrimazione compulsiva, come non citare l’eterno irraggiungibile De Bartoli. Fico, datteri, mare, dolcezza. Godimento.