53 case spumantistiche, una bollicina di montagna dalle tante sfaccettature diverse – ma dal rapporto qualità-prezzo generalmente molto interessante – , così tante che abbiamo provato a riassumerle, attraverso 5 bottiglie: 5 vini da provare per capire il Trentodoc, spumante Metodo Classico troppo poco conosciuto, a nostro parere.
La realtà del Trentodoc andrebbe vissuta in Trentino: è qui che si conosce la grande passione con cui le cantine locali producono questo metodo classico, un vino fatto di tradizione e pochi compromessi. Uno spumante con un’impronta territoriale fortissima, fatta di un mix di altitudine, terreno calcareo, microclima con forti escursioni termiche. Un prodotto molto riconoscibile e generalmente di grande qualità, con spiccate caratteristiche distintive.
La storia
Da queste parti, le prime testimonianze di vinificazione risalgono al 3000 a.c.: già allora, terreno e microclima erano adatti alla coltivazione della vite. La svolta si ha a inizio Novecento, quando Giulio Ferrari (capostipite dell’omonima cantina, la portabandiera in termini numerici del Trentodoc nel mondo), studia in Francia le attinenze tra le sue terre e il territorio dello Champagne, iniziando a produrre spumantistica classica. Il riconoscimento della denominazione di origine controllata arriva nel 1993, ed è la prima DOC Metodo Classico in Italia, nonché una delle prime al mondo.
Trentodoc: il disciplinare
Se siete conoscitori di vino, sentitevi pure liberi di saltare questo paragrafo. Altrimenti leggetelo ma, dopo la lettura, sappiate che il metodo classico merita un approfondimento: visitate le cantine, e sorprendetevi per il lavoro che c’è intorno alla creazione di una bottiglia (che spesso, in parte, viene ancora fatto a mano, come una volta). Il Metodo Classico (o Méthode Champenoise) è un lavoro di tradizione e pazienza, che prevede la rifermentazione in bottiglia del vino base, dopo l’introduzione di lieviti e zuccheri selezionati (il “liqueur de tirage”).
Durante la rifermentazione, i lieviti mangiano gli zuccheri e producono anidride carbonica (le bollicine), per poi morire e depositarsi sul fondo. A questo punto, avviene la fase di affinamento, durante la quale i lieviti cedono al vino tutte le sostanze di cui si sono nutriti: più stanno lì, più il vino acquista complessità. Il disciplinare del Trentodoc, ad esempio, prevede un minimo di 15 mesi sui lieviti (36 per una Riserva), ma la prassi è farne almeno 20. Alla fine dell’affinamento, i lieviti esausti vengono eliminati dalla bottiglia con la sboccatura, e si può procedere chiudendo la bottiglia senza aggiungere nient’altro (Pas Dosé o Dosaggio Zero), o aggiungendo al vino un “liqueur d’expedition”, con un residuo zuccherino minore di 6 g/l per un Extra Brut, minore di 12 g/l per un Brut, tra i 12 e i 17 g/l per un Extra Dry, tra 17 e 32 per un Dry, tra i 32 e i 50 per un Demi Sec e superiore ai 50 g/l per un Dolce.
I Vitigni del Trentodoc
Quattro sono i vitigni che, da disciplinare, sono adatti a produrre Trentodoc: Chardonnay (il vitigno più usato per il Trentodoc, a cui dà longevità, eleganza e una forte carica aromatica), Pinot Nero (finezza, struttura, corpo), Pinot Bianco (meno utilizzato, ma in grado di arricchire il bouquet fruttato) e Pinot Meunier (utilizzato piuttosto di rado, con la capacità di bilanciare le note acide e una spiccata facilità ad adattarsi a qualsiasi tipo di terreno).
Le zone di produzione del Trentodoc
Il territorio di produzione di Trentodoc si suddivide sostanzialmente in quattro zone diverse, ciascuna in grado di dare caratteristiche e note diverse al vino. C’è l’Alta Valle dei Laghi, con una forte escursione termica tra il giorno e la notte e il vento caldo del lago (“l’Ora del Garda”, lo chiamano da queste parti) che spazza via le correnti fredde.
C’è la Vallagarina, la zona più bassa (siamo intorno ai 200 msl), sotto Trento, con vini più ferrosi e minerali. C’è la Valle dell’Adige, che regala vini dalla grande mineralità, grazie al terreno calcareo, e infine c’è la Val di Cembra, dove si trovano i vitigni tra i 600 e gli 800 metri, con vini caratterizzati da una grande freschezza e tensione gustativa.
5 bottiglie da provare per capire il Trentodoc
Per capire il microcosmo del Trentodoc, ci siamo fatti guidare da Simone Loguercio, giovane sommelier vincitore 2018 del premio (sponsorizzato proprio da Trentodoc) come Miglior Sommelier d’Italia dell’Ais. Con lui abbiamo selezionato cinque etichette in grado di dare una panoramica didattica delle diversità che può avere il Trentodoc, e ci siamo fatti guidare in una degustazione di bollicine trentine. Ecco le cinque bottiglie che abbiamo assaggiato:
Trentodoc Dosaggio Zero Letrari
Partiamo da un Pas Dosé, per capire come è il Trentodoc senza il passaggio del dosaggio. Un vino, quello che assaggiamo, che cresce a 400 metri, tra la Vallagarina e la Val d’Adige, composto all’85% da Chardonnay e al 15% da Pinot Nero. Una bottiglia che ha fatto trenta mesi di affinamento sui lieviti, ma che in bocca presenta una grande freschezza e linearità: questa è proprio una caratteristica delle bollicine di montagna, ci spiega il nostro sommelier, un vino di grande immediatezza nonostante abbia alle spalle un lungo lavoro. E in effetti è un vino molto beverino, caratterizzato da una spiccata acidità e sapidità.
Prezzo al pubblico: 22 euro circa.
Trentodoc Balter Brut
Passiamo a un Brut, 100% Chardonnay, con un residuo zuccherino da 5 g/l. Prima di assaggiare il vino, ci permettiamo una piccola divagazione di carattere turistico: l’azienda agricola Balter, a Rovereto merita davvero una visita (come tante tra quelle della zona), con il suo castelletto cinquecentesco immerso nel verde, con una stupenda vista su montagne e vigneti. Il vino che assaggiamo è stato affinato per 36 mesi: dovremmo quindi aspettarci un maggiore spessore, e invece troviamo un boquet molto ampio, avvolgente, cremoso, con un finale fresco. Grande equilibrio e acidità, senza che in bocca diventi invadente.
Prezzo al pubblico: 16 euro circa.
Trentodoc Pedrotti Brut Millesimato
Proseguiamo con un Brut Millesimato 2013, 90% Chardonnay e 10% Pinot Nero, affinato sui lieviti per ben 50 mesi. Una grande complessità al naso e molta avvolgenza all’ingresso in bocca, dovuta a un affinamento sui lieviti che regala una bollicina molto rotonda e mai pungente. Un’acidità contenuta e una chiusura salmastra, con un’accentuata sapidità finale che racconta di un territorio fatto di calcare e argilla.
Prezzo al pubblico: 20 euro circa.
Trentodoc Mach Riserva del Fondatore
Saliamo di complessità con un Brut Riserva Millesimato 2014, 70% Chardonnay e 30% Pinot Nero, affinato sui lieviti 44 mesi. Al naso molto complesso e di grande impatto, con una verticalità di profumi che corrisponde a una grande intensità di gusto. Si sente la frutta matura, i canditi e le note vanigliate, dovute a un passaggio di otto mesi in barrique. Un vino molto complesso ma elegante, equilibrato e fresco, con uve che crescono a quota 700 msl.
Prezzo al pubblico: 26 euro circa.
Trentodoc Pisoni Rosé
Proviamo sul finale una diversa declinazione, quella del Brut Millesimato 2014 Rosé, fatto con 100% Pinot Nero. Un’uva che regala al vino un ricco sentore di frutti rossi al naso e una colorazione lievemente rosata ma dotata di grande luminosità. I 32 mesi di affinamento sui lieviti contribuiscono a dare una minore complessità a questo vino rispetto agli ultimi assaggi, ma gli conferiscono una spiccata immediatezza e un sapore sferzante.
Prezzo al pubblico: 24 euro circa.