Che cosa intendiamo per tè rosso? Questa è la prima domanda che il bevitore e la bevitrice di tè dovrebbe porsi, oppure la seconda domanda da farsi prima di aver apprezzato la bontà e il carattere di alcuni tè rossi. Quando si parla di tè rosso infatti si esprime una forte ambiguità che bisogna sciogliere per poter comprendere meglio origine e caratteristiche dell’infuso di cui stiamo parlando.
Facendo un breve passo indietro, quando parliamo di tè rosso in Cina e secondo la categorizzazione più recente fornita dal Professor Chuan Chen di cui abbiamo già parlato, stiamo facendo riferimento a quello che noi in Europa chiamiamo tè nero, dunque un tè vero e proprio (un prodotto in buona sostanza che viene dall’infusione delle foglie di una specifica pianta, la camelia sinensis), un tè fortemente ossidato con una serie di caratteristiche riconoscibili e apprezzabili. Peraltro un tè estremamente comune, forse il tè più comune e più accessibile in circolazione. Fuori dalla Cina però, in particolare in Europa e in tutti i paesi anglofoni il tè rosso è un’altra cosa, anzi non è neanche un tè ma un infuso.
Il tè rosso è noto anche con il nome comune di rooibos e deriva da un arbusto che cresce in una sola parte del mondo, nella Province del Capo nel sud del Sudafrica, in particolare sulle montagne di Cedeberg. “Rooibos” in afrikaans è il nome che viene attribuito al tipo di pianta, l’Aspalathus linearis, una sorta di arbusto, da cui si traggono le foglie per l’infuso. Dato che dopo la lavorazione le foglie diventano da verdi tendenti al rosso, comunemente ha preso il nome di tè rosso, ma anche di tè rosso africano o di “Red Bush”, cespuglio rosso. Esiste tuttavia una tipologia di rooibos più rara che non presenta il classico colore rossiccio ma è chiaramente verde.
La lavorazione subita dalle foglie è simile a quella del tè vero e proprio (ovvero l’infuso che viene solo da camelia sinensis) ma non del tutto identica: generalmente le foglie della pianta vengono raccolte, tagliate e spruzzate con acqua, poi lasciate fermentare ancora umide per 12 ore prima di essere stese ed essiccate al sole potente del Sudafrica, conferendo loro la caratteristica tonalità rossa/ambrata. Le qualità migliori di rooibos sono quelle che vengono dalle altitudini più aspre, si tratta comunque di una pianta con processi complicati e una lavorazione lunga e meticolosa.
Come è intuibile, le foglie di rooibos sono naturalmente prive di caffeina, ragion per cui lo si usa spesso in sostituzione del tè nero o del caffè, con aggiunta di latte o di zucchero, come è molto in uso presso le popolazioni locali. La sua popolarità si deve proprio a motivi commerciali: furono alcuni coloni a comprenderne le potenzialità e a capire che poteva essere proposto sul mercato proprio come un tè o come una sua alternativa.
Negli anni la fama e l’utilizzo del rooibos è cresciuta tantissimo e l’infuso è molto facile da trovare anche in Italia. Fu proprio per questa ragione che nel 2014, come riporta il Guardian, il Sudafrica ebbe la possibilità di considerare come esclusiva proprietà l’utilizzo del termine, a dispetto dell’Europa, in particolare la Francia, che lo rivendicava per altre commercializzazioni. Sempre nello stesso anno, per la prima volta in Sudafrica furono prodotti vini che riposavano in botti ottenute dal legno di rooibos e non di quercia.
La preparazione del liquore segue gli stessi processi del tè: le foglie vanno inserite nella teiera dove verranno coperte con acqua calda per qualche minuto. L’unica differenza è che le foglie lavorate sono sensibilmente più sottili di quelle del tè (del tè in foglie ovviamente, non pensiamo nemmeno alla polvere delle bustine) dunque potrebbe essere utile fare un secondo filtraggio. Essendo molto dolce naturalmente, vi suggeriamo, come sempre, un assaggio in purezza.