Una delle parole che ancora oggi si presta a un tentennamento ortografico è quella che designa il nome della bevanda più bevuta al mondo dopo l’acqua. Eppure il tè (spoiler, non si scrive the) ha una storia millenaria, ma la sua pratica e la sua cultura – purtroppo – è meno diffusa in Italia rispetto a quella di altre bevande. Intorno alla parola caffè ad esempio, esiste una minore ambiguità (ma esiste comunque, tra accento grave e acuto). E so che tutti sapete come si scrive vino. Vero?
Le questioni di grammatica talvolta sono ritenute beghe inutili per gente che ha tempo da perdere. In altri casi, per chi la lingua la usa tutti i giorni per lavorare, non sono fattori di secondo piano. In particolar modo, mentre parlavamo dell’accentazione della parola poke, il cibo di origine hawaiana oramai molto diffuso nei ristoranti delle nostre città, ci siamo resi conto che anche gli accenti hanno una certa importanza. E mai come in questo momento, riflettere sul linguaggio non è solo riflettere su un segno grafico ma pensare, in senso più ampio, ad elementi sociali, culturali e contestuali.
Non a caso molti degli errori che facciamo nel mondo della linguistica gastronomica sono ascrivibili a parole che vengono da altre lingue ed entrano a un certo punto a far parte del nostro lessico di tutti i giorni. Pensiamo ad esempio a dehors, delivery, chef, amuse-bouche, menu. Vi capiterà di vederli scritti in tutti i modi possibili. Ovunque.
L’origine della parola
Nella lingua italiana sono attestate molte forme, che concorrono con quella che definiamo oggi prevalente, ovvero tè con l’accento grave. Accanto ad essa troviamo the o thè, ma non è del tutto impossibile che vi accada di leggere thé o te. Una piccola annotazione a margine ci permette di sottolineare che la parola tè indica sia la pianta sia la bevanda che dalla pianta deriva. Anche se il nome scientifico del tè in botanica è Camelia Sinensis.
Peraltro il sostantivo rimane invariato sia al singolare che al plurale (il tè, i tè). La grafia con l’accentazione grave ha anche il pregio di mettere al riparo da eventuali sovrapposizioni che possano confondere tè (bevanda) con te/té (pronome personale).
Cosa dicono i dizionari
Complessivamente resta da preferire la forma tè (a cui si affiancano le forme più rare the o thè) come segnalato dall’Accademia della Crusca in un pronunciamento complessivo sull’utilizzo degli accenti. Il nostro sostantivo in italiano, riporta Treccani, viene dal francese thé, che deriva anch’esso da una forma di cinese dialettale t’e. Nel dizionario della lingua italiana Sabatini-Coletti, l’unica forma alternativa è quella the, benché sia da preferirsi comunque tè.
Garzanti invece presenta tè come forma ufficiale, e the come forma correlata. Stesso discorso anche su Hoepli. Resta detto che in un passato neanche tanto passato, la bevanda veniva scritta e accentata anche in modi diversi, come segnalato su questo forum di Wikipedia.