Per capire meglio che cosa sia il tè bancha, dobbiamo andare fino in Giappone, paese produttore, importatore e consumatore di tè. In particolare di tè verde, la seconda tipologia di tè più diffusa al mondo dopo il tè nero. Il tè verde è molto apprezzato in Giappone e acquista in questo contesto alcune caratteristiche specifiche, frutto anche della particolare conformazione geografica del paese, tra cui la vicinanza all’oceano e, in parte “il clima nebbioso e umido” come sottolinea Krisi Smith nel suo libro “Il mondo del tè”.
I tè verdi sono tanto importanti per la cultura giapponese da avere una loro propria classificazione (in mezzo alla quale troveremo un tè che va particolarmente di moda nei paesi occidentali) che si articola in base alla tipologia delle parti della pianta del tè raccolte, ai metodi di lavorazione e anche al momento dell’anno. Sull’organizzazione delle varie categorie, com’è ovvio, non c’è completa uniformità. Gyokuro, tencha, shincha, sencha, hojicha, matcha, kabusecha e bancha sono alcune delle parole più frequenti che vi può capitare di incontrare, con classificazioni più o meno articolate per indicare le tipologie di “cha” (tè) che ci sono in Giappone. In moltissimi casi altre parole vengono utilizzate per indicare tipologie di tè sencha e tè bancha che vengono rimaneggiate in nuove modalità di lavorazione, ad esempio tostate, oppure fatte in blending con altre foglie e piante, fino ad assumere nuove conformazioni.
Coltivazione e raccolta del tè bancha
Il tè bancha in particolare viene prodotto nelle regioni di Shizuoka, Kyoto e Kagoshima e viene coltivato grazie all’esposizione delle piante alla luce solare e a un clima mite. Si tratta di un tè estremamente comune che non viene annoverato tra quelli più pregiati. È infatti un tè “second flush” (ma può capitarvi di leggere anche “third” o “fourth flush“) ovvero deriva dalle raccolte secondarie di foglie della pianta del tè.
Il “flush” è l’indicazione del periodo di raccolta delle piante di tè ed è anche un’indicazione di qualità dei tè stessi. I tè “first flush” sono quelli che vengono raccolti nel periodo che segue alla fine della fase di dormienza delle foglie, dunque in primavera, in un periodo compreso tra febbraio e maggio. È in questo momento dell’anno che le foglie sprigionano il massimo del loro potenziale aromatico. I raccolti successivi invece (nei produttori di tè di altissima qualità, le foglie vengono raccolte unavolta soltanto nel corso dell’anno) prevedono foglie di tè meno pregiate.
Coerentemente con questo discorso quindi, le piante di tè utilizzate per la raccolta del bancha sono le stesse che si utilizzano per il sencha. Tuttavia la raccolta può avvenire solo dopo che quella del sencha (di maggiore qualità) è terminata, in un periodo compreso tra l’estate e l’autunno, ma anche in primavera (per i bancha più pregiati). Per il bancha vengono raccolte le foglie più grandi e anche gli steli, che vengono sottoposti tutti a una medesima lavorazione. Questo spiega anche perché si tratta di un tè estremamente comune in Giappone e molto accessibile. Non equivale però a dire che si tratta di un tè senza personalità: tutti i tè verdi giapponesi hanno caratteristiche molto riconoscibili che coincidono con il particolare metodo di lavorazione a cui vengono spesso sottoposti, il metodo Uji, che comprende la vaporizzazione e poi lo strofinamento delle foglie, che oggi viene compiuto meccanicamente, un tempo a mano.
Il sapore del tè bancha
Dal punto di vista del gusto e del profilo aromatico, il tè bancha è un tè verde, dunque ha tutte le caratteristiche tipiche dei tè verdi. Praticamente nessuna ossidazione, note erbacee molto ben percepibili, pochissima caffeina e metodi di lavorazione attenti che prevedono il passaggio con cottura in wok (in Cina) oppure la vaporizzazione di cui abbiamo parlato (in Giappone) che sono responsabili del blocco immediato dell’ossidazione. Il bancha poi può essere rilavorato in ulteriori modalità (come anche il sencha) per creare tè del tutto nuovi e molto particolari. Estremamente popolare è il genmaicha che deriva dall’unione di foglie di tè verde e riso mochi tostato.
Uno dei motivi che lo hanno reso particolarmente celebre in Italia è, oltre alla sua accessibilità, la narrazione dei suoi numerosi benefici per la salute, l’assenza di caffeina e la raccomandazione all’interno dell’alimentazione macrobiotica che suggerisce di berlo non solo durante la giornata ma anche durante i pasti. Tuttavia appare necessario ricordare, come nel caso delle spezie, che quando si parla di benefici per la salute dei tè ci si muove in terreni scivolosi, se non pericolosi (come se è tè potessero guarire dalle malattie, ringiovanire, far dimagrire). Raccomandiamo dunque un utilizzo legato più al gusto che alle potenzialità benefiche, su quello è molto più difficile sbagliarsi.