Atmosfera pepata agli Stati Generali del vino, tenuti a Roma lo scorso 17 febbraio. Com’era largamente prevedibile, i partecipanti hanno espresso le loro preoccupazioni riguardo la considerazione generale di cui il vino attualmente sembra godere. Il quadro dipinto è a tinte foschissime: si è parlato di criminalizzazione della più sacra delle bevande, di decisioni dettate da derive ideologiche, di fuoco amico, generando la sensazione di un accerchiamento, di un complotto ai danni del vino, quasi ci sia in Europa la voglia di arginarne totalmente il consumo. Moltissimi gli attori del comparto intervenuti nei panel, ma tre sono gli argomenti che meritano una riflessione sulle argomentazioni utilizzate per perorare la causa del vino.
Per Lollobrigida il vino “Produce salute”
Il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, ha parlato di “opporsi al tentativo di demonizzazione del vino“, senza specificare chi sia a demonizzare il vino e per quale scopo. Perché è l’alcol etilico ad essere preso di mira dall’Unione Europea (e, ad essere onesti fino in fondo, anche dagli USA), non il vino in quanto vino. I nomi di questi demonizzatori non sono ancora usciti fuori, sappiamo che c’è da prendersela con qualcuno ma non sappiamo con chi.
Al Ministro scappa anche la frase “il vino è un elemento che, non abusato, non solo non produce dei danni al fisico, ma sicuramente in un’alimentazione bilanciata produce salute“. Nulla da fare, si continua a proporre la difesa del vino promuovendone le sue virtù salutari e opponendo come unica problematica il suo abuso. Si continua a negare ostinatamente l’evidenza scientifica piuttosto che recepirla ed integrarla in un discorso più ampio ed aggiornato. Riferendosi alle avvertenze di salute, è stato proposto dal Ministro un ardito esempio dei danni provocati dall’abuso di acqua, ma per estrema misericordia non proseguirò oltre.
Frescobaldi improvvisa sul diritto europeo
Un altro intervento degno di nota è stato quello del presidente di Unione Italiana Vini, Lamberto Frescobaldi, che ha definito l’etichettatura dei vini un’autoflagellazione. Non solo, ma ha anche sostenuto che l’Irlanda debba recedere dall’obbligo di riportare gli health warnings in etichetta per tutti gli alcolici venduti su suolo irlandese. Lo stesso argomento era stato affrontato poco prima anche dall’ex europarlamentare Paolo De Castro, il quale ha affermato che con questa decisione l’Irlanda avrebbe violato il principio della libera circolazione delle merci.
Io ne so tanto di diritto europeo quanto del campionato pakistano di cricket. Fortunatamente in Italia esiste ed opera mirabilmente Michele Antonio Fino, Professore di Fondamenti del Diritto Europeo all’Università di Scienze Gastronomiche, il quale sul suo libro “Non me la bevo” ha giusto dedicato qualche pagina alla scelta irlandese. L’Irlanda ha dato inizio a questo processo normativo nel 2016 e, dopo l’approvazione avvenuta a fine 2022, solo nel 2026 qualsiasi bevanda ivi venduta con un tenore alcolico superiore all’1,2% dovrà per legge riportare questi avvertimenti di salute. Riguardo alla paventata violazione espressa dal Frescobaldi, il Fino aveva già esplorato anche questo aspetto, portando ad esempio il caso del Cassis de Dijon degli anni ’70. Non entro nel dettaglio, vi basti sapere che da allora esiste il cosiddetto ‘principio Cassis de Dijon‘: citando M.A. Fino, “[…] la richiesta di rietichettare un prodotto, realizzato legalmente e secondo le leggi nazionali in uno degli altri Stati membri della Comunità, violava il principio di libera circolazione delle merci. Tale principio poteva venir meno solo in caso di esigenze imperative, come quelle connesse alla salvaguardia della salute pubblica“. Non credo sia necessario aggiungere alcunché.
Cotarella compagno (di bevute)
Infine, ho trovato notevole la coesione all’interno della famiglia Cotarella sul ricorso alla protesta di piazza per la difesa del settore. La valutazione di una protesta pubblica è stata espressa durante uno dei panel da Dominga Cotarella, Presidente di Coldiretti Terni e di Terranostra, l’associazione italiana degli agriturismi promossa da Coldiretti, paventata contro le disposizioni normative dell’UE. Questa posizione è stata sostenuta in un successivo panel e in un’intervista a Wine News dal di lei padre, Riccardo Cotarella, Presidente di Assoenologi. Nell’intervista Cotarella padre parla anch’egli di vino sotto un attacco multiplo: dai dazi americani al nuovo codice della strada (che, ricordiamo, non ha visto un ritocco dei limiti alcolemici), al dibattito su vino e salute, a chi racconta male il vino italiano (“Sembra che ci sia un divertimento a parlar male del vino italiano. […] Non sento mai parlar male delle patate, dei pomodori, solo del vino“, parole sue. Io per esempio certi pomodori non li reggo proprio).
Il succo del discorso è che per Riccardo Cotarella mai come oggi il vino italiano risulta essere sotto attacco. Lungi dal dare consigli a chi è del settore, suggerirei una moderazione dei termini: il presidente Cotarella ricorderà bene lo scandalo del vino al metanolo del 1986, dove davvero fu necessario ricostruire interamente sia le pratiche vinicole che la narrazione del vino per far ripartire le vendite, soprattutto le esportazioni.
Il discorso resta sempre lo stesso: aver acclarato che l’etanolo sia un cancerogeno e, di conseguenza, voler informare la popolazione europea sui rischi derivanti dal consumo, non può essere visto come un attacco diretto al vino, una demonizzazione della bevanda o una critica capziosa a vantaggio di altri comparti. La promozione del vino non può continuare a fare riferimento alla tradizione millenaria, al “fino a ieri faceva male solo l’abuso, ora cos’è ‘sta novità”, a nonno novantenne che beveva un litro a pranzo e uno a cena ed è morto investito da uno scooter. Le nuove informazioni dovranno essere integrate in una modalità di racconto aggiornata, non nascoste, ignorate o, peggio, tacciate di infondatezza. Anche perché, come diciamo da sempre, chi vuole (e può permettersi di) bere vino continuerà tranquillamente a farlo: non sarà un avvertimento su un’etichetta a danneggiarne il fascino.
Casomai potrebbe essere un pericolo l’eventuale messa in discussione dell’aliquota minima di accisa sui vini, verosimilmente paventata nella revisione del Beca (Beating cancer plan). Ma finché non ci saranno proposte in tal senso all’Europarlamento, non sarebbe male concentrarsi su una diversa comunicazione ed eliminare dal discorso complotti, nemici e guerre, dato che in giro per il mondo già ce ne sono in abbondanza e in linguaggio assai meno figurato.