Siete vegani? Allora non potete bere vini biodinamici

C'è un conflitto intrinseco tra alimentazione vegana e vini biodinamici, con tutti i paradossi annessi.

Siete vegani? Allora non potete bere vini biodinamici

Generalmente agli essere umani piace semplificare. Una delle semplificazioni di maggior successo vuole il consumatore tipo di vini naturali come giovane, attento alla catastrofe climatica in atto, sensibile verso il mondo animale, con tendenze alimentari vegetariane quando non vegane. Ecco, per le persone vegane esiste un problema, e anche grosso: non possono consumare vini biodinamici. Non è una questione da poco, calcolando il numero crescente di persone orientate verso questo stile di vita e l’importanza del vino biodinamico all’interno del movimento del vino naturale.

Comprendo che, seppure si parli di biodinamica sempre più spesso, arrivando essa a finire addirittura in parlamento, non si possa dare per scontato che tutti ne conoscano le pratiche. Dunque per chi, vegano o meno, non riuscisse a spiegarsi come mai una viticoltura rispettosa dell’ambiente, dai criteri assai più stringenti rispetto al regime biologico, possa beneficiare di un qualche tipo di sfruttamento animale, cito solo i due preparati più famosi cui l’agricoltura biodinamica fa costante ricorso: cornoletame e cornosilice. Lo stilobate della viticoltura biodinamica. E, come è evidente, gli animali c’entrano eccome.

La biodinamica, non vegana per definizione

Biodinamica; cornoletame

L’agricoltura biodinamica venne teorizzata dal teosofo austriaco Rudolf Steiner in una serie di otto lezioni tenute a Koberwitz nel 1924, dal titolo “Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’agricoltura“. Ripeto: Steiner era un teosofo, non un tecnico del settore. Ciò nonostante egli teorizzò che i progressi in campo agricolo passavano dal fornire energie vitali al terreno tramite l’influenza delle forze cosmiche e l’uso di appositi preparati, detti appunto biodinamici (e io ora non commenterò tali teorie); preparati che, nella quasi totalità dei casi, coinvolgono direttamente il mondo animale.

Prendiamo ad esempio il già citato cornoletame, o “preparato 500“: è letame di vacca che viene inserito in un corno sempre di vacca, possibilmente che abbia già partorito una volta (sic). I corni vengono interrati in inverno, per agevolare la maturazione del letame, e dissotterrati in estate, e il quantitativo di cornoletame che viene utilizzato, opportunamente diluito in acqua (senza entrare nel dettaglio di come), va dagli 80 ai 250 grammi per ettaro (ripeto: per ettaro. Uno o due etti su un un campo e mezzo da calcio).

Demeter vs VeganOK

Bel-Colle-vini-VEGANOK

Ecco servito l’aspetto conflittuale della questione: un’azienda che operi in biodinamica, se vuole ottenere la certificazione Demeter (lo storico ente certificatore privato), è obbligata all’uso dei preparati, dunque è legata allo sfruttamento animale, per quanto etico e rispettoso esso possa essere.

D’altro canto, parlando con i produttori alle fiere del vino naturale, quasi tutti affermano di non effettuare chiarifiche o filtrazioni in cantina, evitando così l’uso di gelatina, albumina, caseinato di potassio o di altri derivati animali e accattivandosi le simpatie delle persone vegane. Tuttavia molti di loro, sebbene mancanti della certificazione Demeter in etichetta, dichiarano di trattare la vigna con preparati biodinamici. E seppure tu, viticoltore, approntassi i preparati in autonomia, e allevassi qualche bovino magari come animale da compagnia, e il letame delle povere bestie lo devi comunque pulire, che tanto vale riutilizzarlo, e le corna magari le rimuovi dopo che la vacca sia morta di vecchiaia, sempre e comunque di sfruttamento animale si sta parlando; e difficilmente un vegano potrebbe accettarlo o passarci sopra con nonchalance.

L’unico porto sicuro per i vegani resta la certificazione VeganOk, che i vini biodinamici, per le evidenti fattispecie sopra esposte, non possono esibire (ma che, paradossalmente, è vantata sull’etichetta di alcuni vini convenzionali).