Finora le inchieste di Report sul mondo del vino non sono state sto gran scoop. Le tre puntate della stagione 2024 dedicate al tema si sono distinte più per le polemiche e le inesattezze, che per l’effettivo servizio pubblico. Con il nuovo anno però il team di Sigfrido Ranucci sembra aver scovato la traccia giusta. Forse perché stavolta non si parla di vino in sé, quanto di due protagonisti del settore come Riccardo e Renzo Cotarella. Dissapore ha ottenuto in anteprima i contenuti del servizio che andrà in onda stasera su Rai 2 dal titolo “Il Re del vino”. Un’inchiesta che cerca di far luce sulle operazioni opache dei Cotarella: dalla beneficenza legata a Dimora Verdeluce e Tellus, fino al disboscamento di foreste in Argentina.
Chi sono i fratelli Cotarella
Chi non fa parte dell’industria sarà perdonato. Per tutti gli altri però è ingiustificabile ignorare un cognome così fondamentale per il vino italiano. I Cotarella sono diventati sinonimo di garanzia per chi lavora in vigna o almeno vuole piazzare il suo nome in bottiglia (e farci successo). Il più noto è Riccardo (destra), a detta di Report “il più famoso winemaker d’Italia” e vanto della categoria a livello internazionale. Presidente di AssoEnologi, curatore di cantine prestigiose, consulente per celebrità che a un certo punto decidono di buttarsi in produzione (vedasi Bruno Vespa, Massimo D’Alema, Sting). L’unico addirittura cui sia mai stato dedicato un biopic, dal titolo Master of the Vine.
E poi c’è Renzo (sinistra) anche lui enologo in carriera e ad di Marchese Antinori. Sono passati più di quarantacinque anni dallo scatto qui sopra. È il 1979, l’anno in cui i due fratelli fondano l’Azienda Vinicola Falesco a Montefiascone. Oggi, chiaramente, i due si dedicano ai vini degli altri (le consulenze ammontano a 130 in Italia e nel mondo) e l’Azienda Famiglia Cotarella è passata alle figlie Dominga, Marta, Enrica. Ranucci lo definisce un “impero del vino” con un patrimonio di 40 milioni di euro. Ma non è finita qui: perché alla produzione si affianca l’attività di beneficenza legata alla vendita del vino Tellus e alla Fondazione Cotarella. Proprio da qui parte l’inchiesta di Report del 2 marzo 2025.
Agriturismo Verdeluce
Dimora Verdeluce doveva essere il fiore all’occhiello della Fondazione Cotarella. Il progetto, di cui è presidente Dominga Cotarella, nasce nel 2021 dedicandosi alla lotta contro i disturbi alimentari. La Fondazione raccoglie i soldi principalmente tramite il Tellus, Syrah Lazio IGT e cavallo di battaglia dei Cotarella, il più venduto e tra i più economici. Nel corso dell’inchiesta, a cura di Emanuele Bellano, il prezzo di partenza proposto nell’ambito di un evento a scopo raccolta fondi è di 15 euro.
In casi come questi, ci informa Bellano, i soldi vanno interamente alla Fondazione. Se la bottiglia viene acquistata al supermercato o in enoteca invece, la quota di beneficenza corrisponde a 20 centesimi sul prezzo totale. Ma cosa va a finanziare esattamente il Tellus? Da etichetta: “Questo vino sostiene il progetto di Fondazione Cotarella aiutando tanti ragazzi ad affrontare la propria battaglia per superare i disturbi del comportamento alimentare”. Il progetto in questione è proprio Dimora Verdeluce, casale/residenza di cura nelle campagne orvietane.
Nel corso del 2023, anno di lancio del progetto, vengono raccolti in totale 240mila euro. C’è una charity dinner con Carlo Cracco, un crowdfunding attraverso Intesa Sanpaolo, e appunto la vendita del vino. La Dimora viene ristrutturata e inaugurata a luglio 2024 con tanto di cerimonia. E poi, più niente. O meglio, qualcosa c’è, peccato non si tratti dei giovani pazienti. L’inchiesta di oggi ci mostra un casale deserto che risulta intestato a una Srl, ente commerciale a tutti gli effetti e con scopo di lucro, appartenente alla Famiglia Cotarella. Così accade che, da brochure, la tanto sbandierata Dimora diventi sede per degustazioni a 130€ a persona. E ancora che, su richiesta, si faccia Agriturismo Verdeluce in cui passare giorni di bucolico idillio.
Tellus per il sociale?
Alla richiesta di chiarimenti da parte di Report, arriva una comunicazione dalla Fondazione: “I programmi sociali di Dimora Verdeluce sono ancora in fase di progettazione e realizzazione”. Il problema però è che le domande non si fermano qui. C’è ancora da chiarire un aspetto riguardo al Tellus, legato a un’altra iniziativa benefica decisamente poco chiara, anzi proprio torbida. Occorre tornare indietro al 2018 e a un’altra etichetta che in quel caso andava a beneficiare l’associazione Iris.
Sì ma quale? Perché sulla penisola di Iris ne esiste più di una. L’Associazione Iris Roma, cui era stato indirizzato un assegno di 13mila euro a sei mesi dall’inizio dell’operazione, svela a Report che non è arrivata l’ombra di un centesimo. Dieci, in teoria, sarebbero stati devoluti in beneficenza dalla vendita di ogni bottiglia, recante la dicitura “Tellus per il sociale”. La Onlus romana che si occupa di prevenzione e cura dei tumori ginecologici da allora si è dissociata. Dice a Bellano il responsabile Iris Roma: “Non mi piaceva questa cosa che loro avevano bisogno del nostro nome per vendere la bottiglia di vino”.
Del resto alcol e tumori non vanno proprio d’accordo. Nonostante ciò, Cotarella non demorde. Il Tellus continua a portare il logo Iris in modo generico, solo che stavolta si tratta di Iris Nazionale. Che però, sempre dal 2018, risulta non operativa. Nel frattempo Iris Roma continua ad essere associata a Tellus suo malgrado, tanto che deve intervenire con diffida e richiesta di cancellazione. Intanto il vino continua a essere commercializzato in stile Pandoro Ferragni: “Acquistando questa bottiglia di Tellus Syrah contribuisci a sostenere con una donazione IRIS associazione per la prevenzione, la cura e la ricerca in Oncologia Ginecologica presso il Policlinico Gemelli di Roma”.
Alla fine della fiera, vale a dire marzo 2020, la famiglia Cotarella versa 29mila euro. Il destinatario però non è né Iris Roma, né Iris Nazionale: i soldi vanno a “Oppo e le sue stanze”, associazione mai citata in etichetta o pubblicità del vino. L’azione risulta ancora più strana, dato che Iris Nazionale e Cotarella erano legate da contratto che disciplinava l’operazione di beneficenza. Il dubbio, avanzato dall’esperto di Diritto dell’Economia Gian Gaetano Bellavia, è che tutta questa storia non sia altro che “cinema” costruito ad arte per pura questione di immagine. Ferragni, come sempre, insegna.
Dal vino agli allevamenti in Sudamerica
Ma arriviamo all’ultimo, inaspettato capitolo di questa saga dei Cotarella. Bellano ci porta fino alle pianure argentine, che per inciso diventano tali a causa del disboscamento selvaggio. Quelle che erano foreste e ciò che ne rimane sono la casa di popolazioni indigene, nonché di biodiversità di fauna e flora. Poco importa ai proprietari delle fincas, i grandi latifondi di coltivazioni intensive e allevamenti di bovini. Ma cosa c’entrano i Cotarella in tutto ciò?
Stavolta il riflettore si sposta su Renzo. Perché viene fuori che una di queste fincas, spesso finanziate da capitali esteri che acquistano abusivamente migliaia di ettari di terreno, porta il suo nome. Siamo a Salta, peraltro una delle zone più sfruttate dell’Argentina, nella Finca Ampascachi. Uno dei dipendenti svela a Bellano chi sono i proprietari: Piero (Antinori) e Renzo (Cotarella). La faccenda è molto più intricata del previsto. Dal reportage emerge che la società anonima Estancia Ampascachi sia stata acquisita da una lussemburghese, a sua volta attraverso una fiduciaria svizzera legata alle compagnie offshore panamensi. Che al mercato mio padre comprò, giusto?
Nello sviluppo ed estensione del latifondo però non sono solo i soldi a essere inghiottiti: lo è soprattutto il terreno. Nel 2015 la finca ha chiesto al governo locale l’autorizzazione a espandersi su ulteriori 1800 ettari, sottraendo superficie boschiva e abitazioni degli indigeni. Forse a Cotarella servono sgravi fiscali, forse ha semplicemente sentito dire che vino e stracotto di manzo fanno un bell’abbinamento e ha deciso di produrli entrambi. Quale che sia il motivo di questa avventura da cowboy capitalista, la faccenda ha dell’incredibile. E nonostante il servizio termini qui, le domande restano e abbondano. Specie per una Famiglia che da anni fa della filantropia (e dunque si presume dell’empatia) il suo vessillo.