Tre fra i migliori dieci bar al mondo sono italiani, ma si trovano fuori dall’Italia. Perché l’hospitality made in Italy, almeno a livello bar, funziona meglio all’estero anziché nel nostro Paese? La riflessione sorge spontanea dopo la proclamazione di The World’s 50 Best Bars, la più riconosciuta classifica internazionale di settore che la scorsa settimana a Madrid ha visto il trionfo di Handshake Speakeasy di Città del Messico, con l’ascesa di tanti bar sudamericani e asiatici più in generale, ma anche l’ennesima conferma del savoir-faire italiano.
L’ospitalità italiana all’estero
Non è certo un caso il fatto che Simone Caporale (Sips, attuale 3° miglior bar al mondo) e Giacomo Giannotti (Paradiso, 10°), i principali volti italiani della frizzante scena bar di Barcellona, siano stati ancora una volta considerati tra i migliori bartender/imprenditori nel settore della miscelazione globale. Senza dimenticare Agostino Perrone e Giorgio Bargiani di The Connaught Bar a Londra, oggi tredicesimi ma molto più in su nelle gerarchie di tanti altri addetti ai lavori. Quattro alfieri del bartending italiano, ben diversi tra loro, che restano sulla cresta dell’onda dopo aver provato negli anni scorsi pure l’ebbrezza di stare in cima alla classifica, dimostrando al mondo come l’ospitalità in Italia sia una cosa seria, anzi serissima. Per saperne di più chiedete a Lorenzo Antinori, che col suo Bar Leone a Hong Kong è riuscito in un solo anno a diventare prima il miglior bar d’Asia e poi, proprio nell’edizione 2024, il secondo miglior bar al mondo. Una scalata mai vista, senza neanche passare dalla seconda metà della classifica (ovvero dalle posizioni 51-100, già annunciate peraltro prima della grande festa della Madrid Arena).
“È stato un risultato incredibile essere riconosciuto come secondo miglior bar del mondo. È davvero surreale, qualcosa che finora avevo solo sognato. Sono estremamente orgoglioso del mio team e di questo straordinario traguardo, nonché grato ai nostri ospiti per il loro sostegno. Questo riconoscimento ci spinge a continuare a superare i limiti e a elevare l’esperienza del bar per tutti coloro che varcano le nostre porte”, ci ha spiegato Antinori. Bar Leone è stata la sua prima iniziativa imprenditoriale, inaugurata nel giugno 2023 e diventata rapidamente uno dei bar più popolari di Hong Kong, grazie anche alla sua atmosfera di quartiere e un chiaro richiamo alle origini romane del co-fondatore. Il carattere di questo locale si ispira allo spirito dei tradizionali bar romani che costituiscono la pietra miliare dei 21 quartieri della città. Leone, il leone forte e sovrano, è stato invece il simbolo di Roma fino al Rinascimento e rimane oggi l’icona di Trastevere.
La filosofia di miscelazione del Bar Leone si concentra sulla rivisitazione dei cocktail classici con un approccio “a basso intervento”, che pone l’accento sull’artigianalità, sulla qualità degli ingredienti e sulla stagionalità. “Non ci sono insomma distillazioni o macchinari, facciamo un passo indietro rispetto alle tendenze attuali e siamo orgogliosi di mantenere la semplicità, permettendo ai nostri ospiti di apprezzare appieno gli ingredienti che compongono ogni cocktail senza bisogno di particolari espedienti. La nostra speranza è che i clienti tornino per i drink, ma restino per l’ottimo servizio e l’atmosfera di quartiere che abbiamo creato”.
L’ospitalità italiana in Italia
Funziona, sicuramente funziona, ma funziona comunque meno l’ospitalità italiana in Italia. Se è vero che tra i migliori 50 bar al mondo troviamo quattro cocktail bar italiani – nel dettaglio, il Drink Kong di Roma (33°), Locale Firenze (36°), Moebius Milano (38°) e il 1930 sempre di Milano (50°) – è altrettanto vero che i piani alti della classifica restano ancora distanti anni luce dal nostro Paese. Perché? “La bontà dell’ospitalità italiana è indiscussa e fa parte del nostro DNA. Tuttavia, spesso ci manca un po’ di attenzione alla qualità, che a volte viene messa in secondo piano. Quando invece un italiano lavora all’estero, viene inserito in contesti con standard di servizio ben definiti, che contribuiscono a esaltare la nostra innata ospitalità e a portarci ai massimi livelli”. Chi parla è Fabio Fanni, Bar Manager di Locale Firenze e quindi del cocktail bar italiano che, almeno secondo la già citata classifica, meglio ha lavorato in questo 2024: il locale per eccellenza in via delle Seggiole, pur non essendo il primo bar fisicamente in Italia inserito in graduatoria, ha scalato infatti 10 posizioni rispetto al 46° posto del 2023.
Ma il problema, a detta di Fanni, non è solamente a livello di approccio al lavoro. “Una delle ragioni per cui ci sono pochi bar italiani tra i primi 10 o 20 al mondo potrebbe essere una certa mancanza di visibilità. Non direi che non siamo all’avanguardia, perché penso che siamo in linea con le tendenze del mondo del bar attuale, ma quando si pensa all’Italia l’associazione immediata è più legata a vino e cibo che ai cocktail”, è l’opinione dell’esperto bartender sardo con alle spalle anche diverse esperienze londinesi. “È comunque positivo che, anche se non siamo al top del top, abbiamo quattro bar tra i primi 50 e altri tre nella fascia 51-100, distribuiti in quattro città lungo la penisola: Milano, Firenze, Roma e Napoli. Questo è un aspetto distintivo rispetto alla maggior parte dei top bar, che si trovano prevalentemente nelle grandi capitali nazionali”.
Negroni mezzo pieno o mezzo vuoto?
Manca visibilità o è solo questione di abitudine? “L’ospitalità italiana all’estero forse è vista come una cosa nuova, mentre in Italia viene probabilmente data per scontata o almeno i clienti sono abituati a determinati comportamenti da parte di bartender e ristoratori. All’estero l’ospitalità italiana è invece sempre stata molto forte grazie anche al fatto che ci sono stati dei maestri e professionisti che l’hanno esportata in maniera eccellente”, risponde invece Lorenzo Antinori, già rientrato in Estremo Oriente. Fatto sta che, vuoi per una questione culturale vuoi per il semplice fascino delle novità, l’Italia del bar che conta di più – quella più quotata dal punto di vista internazionale – si trova al di fuori dei nostri confini.
Il Negroni è mezzo pieno o mezzo vuoto quindi? Dipende da come si osservano le cose, perché al contempo, seppur senza primeggiare, il lavoro e di conseguenza la credibilità dei bar italiani sta vivendo un periodo di innegabile crescita. Ne è un esempio tangibile l’ingresso in classifica di Moebius, suggestivo cocktail bar e ristorante milanese del giovane imprenditore Lorenzo Querci che attraverso investimenti, idee chiare e un programma di attività costanti è riuscito a piazzarsi al 38° posto. I bar (e i bartender) di qualità, insomma, non mancano di certo: basta cercare bene e dar loro il valore che si meritano, in Italia così come all’estero.
The World’s 50 Best Bars 2024: la classifica completa
- Handshake Speakeasy, Città del Messico
- Bar Leone, Hong Kong
- Sips, Barcellona
- Tayer + Elementary, Londra
- Jigger & Pony, Singapore
- Line, Atene
- Tres Monos, Buenos Aires
- Alquimico, Cartagena
- Zest, Seoul
- Paradiso, Barcellona
- Himkok, Oslo
- BKK Social Club, Bangkok
- Connaught Bar, Londra
- Double Chicken Please, New York
- Overstory, New York
- Lady Bee, Lima
- Baba au Rum, Atene
- Coa, Hong Kong
- The Cambridge Public House, Parigi
- Tlecan, Città del Messico
- Caretaker’s Cottage, Melbourne
- CoChinChina, Buenos Aires
- Salmon Guru, Madrid
- Martiny’s, New York
- Bar Benfiddich, Tokyo
- Maybe Sammy, Sydney
- Superbueno, New York City
- Nutmeg & Clove, Singapore
- Satan’s Whiskers, Londra
- Panda & Sons, Edimburgo
- Tan Tan, Sao Paulo
- Licoreria Limantour, Città del Messico
- Drink Kong, Roma
- Jewel of the South, New Orleans
- Byrdi, Melbourne
- Locale Firenze, Firenze
- Scarfes Bar, Londra
- Moebius Milano, Milano
- Bar Nouveau, Parigi
- Mimi Kakushi, Dubai
- Bar Us, Bangkok
- Virtu, Tokyo
- Atlas, Singapore
- La Sala de Laura, Bogota
- Roda Huset, Stoccolma
- Floreria Atlantico, Buenos Aires
- Analogue Initiative, Singapore
- El Gallo Altenero, Guadalajara
- Danico, Parigi
- 1930, Milano