L’altro giorno il solito leone da tastiera si scagliava contro un ristorantino che fa il caffè con la moka. Scriveva, il gattone digitale: “ma siamo matti? Il caffè con la moka? Non lo faccio più nemmeno a casa da vent’anni.”
Stavo quasi per rispondere al suo commento esordendo con “Che katsuobushi dici…” quando mi sono ricordato che non bisogna far polemiche con i leoni perché ti portano nella loro savana e ti sbranano.
Però mi permetto qui una piccola riflessione.
[Caffè per la moka: prova d’assaggio]
Bevo molti espresso al giorno, mi piacciono, ma allo stesso tempo so che l’espresso non è il modo migliore per fare il caffè: è veloce, è semplice, è diretto, ma non tira fuori il meglio dei chicchi.
A casa non ho le capsule: non ne sento il bisogno, bevo già molti espresso al bar; e poi il fatto di pagare il caffè al chilo parecchie volte di più m’è sempre sembrato curioso.
Ci sono i locali che fanno tutta una ricerca, quelli che estraggono a freddo; ci sono quelli –come un cuoco napoletano da cui ero a casa l’altra sera– che usano la cuccuma, che è lenta e bella e aromatica.
Io mi contento della moka. Non è il meglio del meglio –l’acqua deve bollire, per il caffè non è il massimo–, ma l’invenzione che il signor Bialetti perfezionò nel 1933 dedicandola alla città yemenita di Mokha mi è amica ogni mattina.
Il caffè con la moka mi piace. Mi ricorda il caffelatte dell’infanzia. E’ semplice, buono, economico e straordinariamente ecosostenibile, tanto da mettere i fondi del caffè nelle piante (non ho mai provato a concimare le piante con le cialde: fatemi sapere). La moka ama anche chi la odia.
Viva la moka. Che dio la benedoka.