È l’altro liquore ottenuto dalla fermentazione dell’agave, il mezcal, o come lo chiamano in Messico: El elíxir de los dioses, l’elisir degli dei. Pigliatutto estivo nei cocktail dei bartender italiani, ormai posseduti al pari di noi clienti da una specie di agavemania.
Un bellissimo articolo del New York Times ci aiuta a conoscere meglio il distillato che un tempo si beveva per lo più nei matrimoni e funerali dello stato di Oaxaca, in Messico.
Se per il tequila viene utilizzata solo l’agave azul, cha origina un fermentato chiamato pulque, il mezcal si ottiene dal cuore dell’agave, la piña, di seguito cotta in grandi forni interrati. Ecco spiegato il nome, mezcal significa proprio “agave cotta”.
[La Punta: il dolce segreto dell’agave per conquistare Roma]
[Tequila: 3 cocktail per il weekend]
[15 cocktail bar italiani senza rivali]
Una produzione diversa da quella del tequila, difficile, artigianale, che ora sta concentrando su di sé l’attenzione internazionale, spingendo i maestri locali del mezcal a concentrarsi su piccoli lotti di produzione destinati all’esportazione.
La maguey, la pianta di agave utilizzata per produrre il mezcal, può impiegare dai 7 ai 30 anni per maturare. Nello Stato di Oaxaca, la varietà di agavi con cui ottenere il mezcal è impressionante, esistono almeno 30 specie diverse, ognuna con il proprio sapore.
La tobalá, che richiede in media 15 anni per crescere, ha un gusto morbido e fruttato, mentre il tepeztate, che matura in circa 25 anni, è forte e con sentori di terra: sembra quasi di assaggiare la pianta, spiega Brett Gundlock, l’inviato del quotidiano americano.
Quando una pianta di maguey viene raccolta, la sua base ricca di zucchero, la piña, che può pesare anche 50 chili, viene levata dal terreno. Tutte le piñas finiscono poi in una grande fossa rivestita di braci dove ricoperte di pietre e affumicate per ore, danno al mezcal il tipico sapore affumicato.
In seguito le piñas vengono schiacciate e fatte fermentare, la miscela viene quindi distillata più volte sopra i forni a legna, producendo un liquore che fa registrare tra il 35 e il 90% di alcol.
Per i campesinos di montagna, che lottano contro povertà e violenza, la produzione di mezcal è una risorsa preziosa che offre loro la possibilità di essere autonomi, anche se per ora, buona parte delle distillerie sono di piccole dimensioni, e la produzione è dedicata quasi esclusivamente al consumo locale, spesso senza alcun marchio.
Ma di questo passo, considerata la popolarità crescente, anche il mezcal artigianale dei campesinos, al pari di tequila, tacos e guacamole, tortillas e fajita, verrà esportato nel mondo come simbolo messicano.
[Crediti | New York Times]