In molte città dell’Ucraina sta tornando legale comprare e bere alcolici: ma perché, prima era vietato? Ebbene sì, non se n’è parlato tanto – certo i problemi più gravi erano ben altri, tipo smettere di comprare la vodka anche se non è russa – ma pochi giorni dopo l’invasione da parte della Russia il 24 febbraio, in Ucraina è scattato il proibizionismo, e di conseguenza la maggior parte delle amministrazioni locali hanno bandito vino, birra e superalcolici.
Ora le cose stanno cambiando, e questo può essere visto come un segno di un capovolgimento di fronte nelle sorti della guerra, o forse come un atto propiziatorio verso un certo ritorno alla normalità. Da ieri, venerdì 1 aprile, nella capitale Kiev (Kyiv) è di nuovo possibile comprare alcolici nei negozi, e consumarli nei ristoranti, dalle 11 di mattina alle 4 di pomeriggio. Altre città importanti come Leopoli (Lviv) e Mykolaiv hanno già nei giorni scorsi allentato le restrizioni.
Ma questo mese di legge marziale non è andato proprio liscissimo: le ragioni possono essere comprensibili; vietare l’alcol, così come istituire il coprifuoco notturno, è una misura di ordine pubblico consueta in momenti di tensione e disordine, dove girano molte armi e c’è molto più spazio per la criminalità comune. E però, forse anche questo piccolo, breve ed estremo caso, può essere indicativo di quanto certe proibizioni siano insensate e, soprattutto, inutili. Perché alla fine scatta il contrabbando, sorgono gli speakeasy, e chi è dipendente dall’alcol un modo per bere lo trova, mentre vengono privati di un goccetto i consumatori moderati; e d’altra parte si finanzia la criminalità organizzata.
Era diventata una scena comune per gli ucraini, entrare in un piccolo negozio, e trovare alcuni degli scaffali vuoti, o certe zone non illuminate: una vista curiosa e triste, dovuta però non ai problemi di approvvigionamento e alla crisi della supply chain, ma alle decisioni dell’autorità.
Il divieto è stato mal sopportato soprattutto nelle zone più occidentali – sia dal punto di vista geografico che culturale – del paese, come appunto Leopoli. Un articolo del Kyiv Independent riporta le reazioni contrastanti dei cittadini; mentre alcuni appoggiano la linea dura, altri esprimono sofferenza: “Mi è mancato l’alcol… bevi, e tutto va bene. Non riesco a immaginare Lviv senza alcol”. Il sindaco Andriy Sadovyi aveva annunciato la linea dura il 1 marzo, con una chiosa un po’ retorica: “Festeggeremo dopo la vittoria”. E aveva insistito anche quando, dopo che il 16 marzo in molte zone era stata consentita la vendita almeno della birra, il 19 il governatore della provincia (oblast) di Leopoli aveva dichiarato che tutte le bevande erano consentite: “La posizione della città di Leopoli non cambia. Vendere alcolici è vietato”.
Ma l’insensatezza della misura era stata sottolineata anche da una voce istituzionale come Danylo Hetmantsev, parlamentare e capo della commissione tasse e dazi: “Non vorrei traumatizzare i sostenitori del divieto, ma proibire la vendita non vuol dire fermarla, significa solo sottrarre i soldi di imposte e accise allo Stato, proprio ora che ne ha bisogno”.
Intanto il 21 marzo le province occidentali – Lviv, Ternopil, Ivano-Frankivsk, Volyn, Rivne, Zakarpattia, Chernivtsi e Khmelnytskyi – permettevano la vendita di alcolici a gradazione medio bassa, come birra, vino e sidro. Ma per qualcosa di più forte, c’era il mercato nero. Con il passaparola, hanno iniziato a girare gli indirizzi di bar e negozi in cui, presentandosi con una parola d’ordine, si poteva accedere alle bottiglie proibite. Oppure i veri e proprio speakeasy, le aree segrete e spesso sotterranee dei locali create negli Stati Uniti ai tempi del proibizionismo: dei giornalisti di NPR ci sono stati e hanno raccontato la loro serata in un podcast. Nel bar nascosto, odore di whisky ma nessuna bottiglia in vista: su richiesta, la scelta esigua tra una birra lager ucraina, sidro di frutti di bosco, o uno shottino di amaro Jagermeister.