Del recente inserimento delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO si è già detto molto tra grandi festeggiamenti e critiche più o meno centrate, spesso legate a pregiudizi duri a morire intorno al nome “Prosecco” e a una certa confusione, come se questo straordinario riconoscimento sia stato dato al vino e non a un territorio plasmato dal secolare lavoro dell’uomo.
Più ci penso, più cerco di guardarla da vari punti di vista, e più questa mi sembra sia stata una delle più straordinarie operazioni del vino italiano da molto tempo a questa parte. Rara iniziativa win-win, da cui tutti, proprio tutti gli attori coinvolti, riescono a uscirne da vincitori. Provo a mettere in ordine chi e perché.
Il territorio
Poco da dire, quello che da Valdobbiadene si sviluppa verso Conegliano è uno dei più bei luoghi del vino del mondo. Un’area vitata che non ha niente da invidiare non solo alle Langhe ma anche ai più bei paesaggi del Duero, della Champagne, della Borgogna o della Mosella, solo per citare alcuni dei più conosciuti.
La strada provinciale che dal paese lambisce prima la collina di Cartizze e poi si sviluppa attraverso le frazioni di Santo Stefano, Guia e via via fino a Miane è una gioia per gli occhi, dimostrazione di quanto l’uomo con la sua ostinazione sia in grado di fare sue zone quanto mai impervie, in questo caso colline ripidissime, in cui la glera (la varietà di uve alla base di ogni Prosecco) ha trovato zona di elezione.
La denominazione
Se il territorio avrà certamente ricadute positive in termini di attenzioni e quindi di flussi turistici non va dimenticato che l’areale coincide con la produzione di quello che viene considerato come il più importante dei Prosecco, quello Superiore di Conegliano Valdobbiadene. Con questo riconoscimento una delle due DOCG (l’altra è quella più piccola di Asolo, comune oltre il Piave, a ovest) trova quindi ancor maggior prestigio e sempre maggior centralità nel vino italiano, a dimostrazione di un territorio che si identifica completamente con un vino.
Non è poco: l’altro Patrimonio dell’Umanità UNESCO legato al vino italiano è quello del “Paesaggio vitivinicolo del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato”. Un’area enorme, forse anche troppo, all’interno della quale si producono sì vini come il Barolo e il Barbaresco, ma anche molti altri in un mosaico di denominazioni particolarmente intricato. Non qui: nella zona di Conegliano Valdobbiadene se ne produce solo uno e solo a partire da una singola varietà.
Luca Zaia
Dopo la candidatura vincente di Milano-Cortina per i Giochi Olimpici Invernali del 2026 il Governatore del Veneto porta a casa un altro straordinario risultato. Non bisogna infatti dimenticare quanto i luoghi inseriti all’interno della lista UNESCO siano questione tanto di merito quanto squisitamente politica. Per farcela, per spuntarla sui tanti che ogni anno si propongono, oggi più che mai servono unione di intenti di tanti soggetti e appoggio politico non solo regionale.
L’idea subito sostenuta con entusiasmo da quello che era allora il Ministro delle Politiche Agricole nasce infatti nel 2008, inizio di un percorso poi intrapreso nel 2010 con l’iscrizione nella lista ministeriale delle “proposte” e suggellata nel 2015 con l‘iscrizione nel Registro nazionale dei paesaggi rurali storici. Il tempo premia chi sa aspettare.
Il Prosecco
Il vero capolavoro ha però a che fare con il vino, più che con il territorio. Se infatti quello prodotto all’interno dell’areale di Conegliano Valdobbiadene rappresenta la punta della piramide qualitativa del mondo del Prosecco, è anche vero che si tratta di una differenza sconosciuta ai più. Impossibile immaginare che la stragrande maggioranza delle persone conosca le differenze geografiche tra le varie denominazioni.
È possibile produrre Prosecco DOC da Vicenza a Trieste, dal Mare Adriatico alle montagne del bellunese, da zone di collina molto vocate a pianure del tutto avulse alla produzione di vini di qualità (più le seconde che le prime, difficile immaginare 500 milioni di bottiglie solo da zone collinari). La ricaduta per tutto il tessuto produttivo del Prosecco è tuttavia eccezionale, in fondo il passo tra “Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene” e Prosecco è molto più breve di quanto si pensi.