Che un fiero esponente dei boomer come Bruno Vespa possa rompere l’internet, a fronte di esternazioni tra il pericoloso e l’allarmante, è un dato di fatto. E il reel diffuso ieri dal Gambero Rosso ha alzato più polvere di una turbina nel deserto. In questo video si vede il produttore di vino Bruno Vespa rispondere alla domanda provocatoria “il vino fa davvero male alla salute?” con una risposta di inquietante superficialità: “questa è una stupidaggine assoluta“. Una stupidaggine assoluta.
Il produttore di vino, che incidentalmente è anche un giornalista da svariati decenni, e dunque è consapevole della forza delle parole pronunciate a mezzo video, soprattutto se a farlo è un uomo che funge ancora da punto di riferimento per buona parte dell’opinione pubblica, il produttore dicevamo asserisce che il vino non faccia male alla salute. Così, tranchant. Non “a piccole dosi”, non “moderatamente”. No, che il vino faccia male alla salute “è una stupidaggine assoluta”.
Vespa argomenta il suo punto di vista dicendo che esistono “centinaia, migliaia di studi che dimostrano il contrario“. Centinaia. Migliaia. Cifre che fanno girare la testa, direbbe l’Ingegner Cane. Le cifre ballerine vengono subito integrate dalla notizia che il 26 e il 27 ottobre si celebrerà il decennale della sua cantina a Manduria con un convegno dove “scienziati di alto livello” dimostreranno che il vino non fa male. Senza dubbio questi “scienziati di alto livello” citeranno alcuni di queste centinaia, migliaia di studi per dimostrare la salubrità del vino. Ad ogni modo, la conclusione di Vespa è che “il vino rosso in particolare in piccole quantità fa bene al cuore. Smettiamola con queste fake news“. Ed ecco qui un indiretto riferimento al famigerato paradosso francese, signori e signore: il mantra di ogni salutista enologico. Il paradosso francese è questa sì una fake news, smentita da centinaia, migliaia di studi; ma è una storia talmente bella, perché rovinarla con la verità.
Il paradosso francese
Tutto nasce più o meno negli anni ’80, dove uno scienziato dell’università di Bordeaux, Serge Renaud, osservò come i francesi mostrassero una scarsa incidenza di malattie cardiovascolari nonostante una dieta ricca di acidi grassi saturi; tutto il contrario degli americani, per i quali ad un alto consumo di cibo per così dire ‘impegnativo’ corrisponde un’alta incidenza di disturbi alle coronarie. E come venne spiegato questo apparente paradosso? Ma perché i francesi bevono tanto vino rosso, no?
Il passo successivo fu cercare le molecole miracolose, individuandole nei flavonoidi e, soprattutto, nel resveratrolo. E negli studi in vitro effettuati il resveratrolo fece risaltare le sue potenti capacità antiossidanti. Poi però si tornò con i piedi per terra: gli studi in vivo non confermarono tale effetto miracoloso. Vuoi per la scarsa biodisponibilità di resveratrolo, poiché quel poco che c’è nel vino viene metabolizzato dall’organismo e trasformato in qualcos’altro, e vuoi perché nel vino ce ne è approssimativamente tra i 2 e i 15 mg/l. E dato che anche sulla quantità da assumere per ottenere un effetto benefico non c’è grande sintonia nel comparto scientifico, ponendo che bastino 100 mg al giorno di resveratrolo per ottenere un effetto benefico, se anche avessimo a disposizione un vino ricco di resveratrolo dovremmo berne circa 6,5 litri. Al giorno. Immagino che possiate fare voi stessi un rapido calcolo costi/benefici.
Ma anche volendo pensare che comunque un bicchiere di vino al giorno ci possa regalare delle molecole preziose, va considerata sempre la presenza dell’alcol etilico. E l’alcol etilico è una sostanza cancerogena di tipo 1; vuol dire che una soglia ‘sicura’ per il consumo di alcol semplicemente non esiste. Difatti, anche gli studi scientifici più ottimisti non consigliano mai di consumare vino per stare bene, proprio per la presenza non trascurabile dell’etanolo, sostanza cancerogena acclarata oltre che droga psicoattiva. Ma immagino che non serva restare a parlare degli effetti dell’alcol poiché tutti noi, direttamente o indirettamente, ne sappiamo già abbastanza.
Una difesa di settore
La conclusione del video di Vespa è però al contempo spiazzante ed illuminante: “la concorrenza si fa lealmente con altri mezzi“. Cioè, non era una difesa del vino in generale, ma solo una pretestuosa reclamazione di salubrità della bevanda che il dottor Vespa produce e commercializza per mero tornaconto corporativistico? A chi era rivolto dunque il messaggio, ai consumatori o ai competitor? E chi possono essere i competitor del vino (perlomeno del suo vino che, vale la pena di ricordare, è presente sulla lista vini della bouvette della Camera, viene servito sui Frecciarossa, ed è stato anche selezionato per il G7 dello scorso giugno)? Proviamo ad analizzarli.
Le birre? Non possiedono le ‘molecole miracolose, contengono comunque alcol e, pur avendo una miriade di classificazioni, non raggiungono la complessità organolettica e la versatilità dei vini.
Le bevande gassate? Figuriamoci, è da quando eravamo bambini che ci sentiamo ripetere di quanto facciano male, di quanto siano zuccherate, di quanto siano acide, che si usano per pulire le macchie di sangue..
Il vino dealcolato? Vespa davvero teme l’avanzata del vino dealcolato, che in Italia neanche vanta numeri statisticamente significativi in una qualsivoglia comparazione con il vino tradizionale? Ma per cortesia. Cosa è rimasta come bevanda sostitutiva del vino? L’acqua? È la lobby delle minerali a segare le gambe del comparto enologico nazionale?
Dunque lo sfogo di Bruno Vespa nella sua interezza appare come un classico tentativo di difesa aggressiva dei propri interessi, mascherata da messaggio socialmente rassicurante, da un attacco in realtà mai portato da nessuno. Le fake news, queste sì, diffuse da Vespa servono solo a confondere di più le persone. E dato che quanto uscirà dal convegno celebrativo del 26-27 ottobre sarà certamente utilizzato a scopi di marketing, riteniamo che sia la frase “il vino fa bene” a rappresentare una modalità non leale di concorrenza, oltre ad essere pericolosa.
È semplicissimo: un completo ragionamento tra costi e benefici dimostra senza ombra di dubbio che il consumo di vino alla lunga non faccia bene. Però, a prescindere dalla presenza o meno di molecole benefiche, se a noi piace consumare vino siamo liberissimi di farlo. Ed è chiaro che noi non beviamo vino per curarci, ma perché esso agevola i rapporti sociali e rende le occasioni conviviali assai più divertenti ed interessanti (sempre se consumato con la giusta moderazione). Non crediamo che l’unico modo che abbiamo per trarne piacere sia sentirsi dire quanto faccia bene, anche se ciò non corrisponde alla realtà (e noi ne siamo già intimamente consapevoli, tra l’altro). E non crediamo certo che Bruno Vespa renda un servizio al vino negando la realtà, anzi. Ci sono centinaia, migliaia di studi a smentirlo.