Quanto è importante il ghiaccio in un drink? La risposta è “tantissimo” e si lega sia a fattori climatici sia a ragioni tecniche che vanno ben al di là dell’uso del ghiaccio come elemento che raffredda il cocktail, lo mantiene alla giusta temperatura e ne modifica il tenore alcolico. Dietro a questo ingrediente che spesso non consideriamo c’è infatti molto di più, a partire dal processo di diluizione per spostarsi all’aspetto prettamente visivo fino al gusto – più o meno “annacquato” – della nostra bevuta. In sostanza, il ghiaccio porta dentro di sé la straordinaria capacità di trasformare la materia assumendo, dietro al bancone da bar, la medesima importanza del fuoco in cucina per gli chef.
Per spiegare il ruolo chiave del ghiaccio in miscelazione (e non solo), ci siamo fatti aiutare da chi il ghiaccio lo produce ormai da tre generazioni: Giuseppe Spada, imprenditore di neanche 30 anni che oggi guida con entusiasmo la fabbrica del ghiaccio più grande della Sicilia, Sword ICE. Ne ha fatta di strada la sua famiglia da quando il capostipite, nel lontano 1950, ebbe l’intuizione di aprire una tra le prime produzioni di ghiaccio in blocchi. Dopo essersi consolidati tra i principali player del settore dei surgelati, la nuova sfida degli Spada è stata appunto quella di aprire una fabbrica del ghiaccio di alta qualità, in grado di rispondere a precise caratteristiche di purezza, limpidezza e diluizione attraverso i migliori macchinari presenti sul mercato.
Anche in questo caso si parte dall’acqua, è forse scontato dirlo. Dalla limpida acqua che scorre in prossimità delle storiche necropoli di Pantalica (in provincia di Siracusa), racchiusa all’interno dell’incontaminato bacino idrografico dell’Anapo e contenuta nei calcari dei monti Climiti, per poi trasformarla in ghiaccio con le tecnologie più innovative del Giappone (le famose Hoshizaki, 53 macchine che lavorano all’unisono con una capacità giornaliera effettiva di circa 11.000 kg) e dall’America (con un macchinario di produzione Vogt per ghiaccio cilindrico, con produzione giornaliera effettiva di circa 20.000 kg).
Ora che abbiamo il ghiaccio, però, è opportuno considerare almeno cinque capisaldi per garantirne una corretta forma, diluizione, temperatura, tenuta e peso all’interno del nostro cocktail.
La forma
Se è vero che anche l’occhio vuole la sua parte, la forma del ghiaccio alimentare è importante sotto due punti di vista: in primis contribuisce all’aspetto estetico conferito al drink, che ormai ha assunto un ruolo fondamentale per i bartender. Servire un drink con dei cubetti di ghiaccio, per esempio con facce quadrate a spigolo vivo come il cubetto premium Hoshizaki, darà un valore aggiunto alla preparazione realizzata.
La forma incide però anche da un punto di vista tecnico. Ogni formato ha una differente superficie di contatto esterna, che a parità di tutte le altre condizioni (quantità e tipologia di liquido, quantità di ghiaccio, temperatura del liquido, del ghiaccio e dell’ambiente), incide sulla sua capacità di raffreddamento ma anche di diluizione. In sintesi: maggiore è la superficie esterna del ghiaccio a contatto con il liquido, maggiore sarà la sua diluizione e la sua velocità di raffreddamento.
Qualche esempio concreto? Avremo una diluizione minima usando un cubotto (un cubo di ghiaccio più grande, usato di conseguenza come unico elemento), poiché quest’ultimo ha una forma che minimizza la superficie di contatto esterno e quindi lo rende idoneo a preparazioni che vanno poi sorseggiate lentamente. Viceversa la sfera, non avendo angoli, massimizza la superficie di contatto e la diluizione, facendosi preferire per preparazioni da bere velocemente.
La diluizione
Dall’estetica passiamo alla sostanza. L’acqua e la quantità di essa all’interno di un drink è aspetto fondamentale per la diluizione ma non solo. Il ghiaccio da miscelazione, in termini premium, deve garantire una quasi totale assenza di sali nell’acqua. Come? Attraverso un sistema di misurazione e aggiustamento del dosaggio di cloro che ne garantisce l’effettiva potabilità, un trattamento di dissalazione per osmosi inversa, che consente di ridurre al minimo la presenza di sali, in modo da poter realizzare cubetti di ghiaccio al 100% cristallini, un trattamento a raggi UV per scongiurare ogni possibile presenza di carica batterica. Questi elementi, insieme a una tecnologia di produzione che garantisce un lento congelamento, permettono di massimizzare la presenza di molecole di acqua all’interno di ogni cubetto e di garantire al nostro cocktail la miglior diluizione possibile sia a livello di tempistiche sia a livello di qualità.
La temperatura di servizio
La temperatura ottimale di servizio di un drink dovrebbe essere tra i -2° e i +2°. Per ottenerla e preservarla è necessario prestare attenzione a numerosi fattori, tra i quali la temperatura dei liquidi e quella dei contenitori in cui questi vengono serviti. È preferibile, proprio in tal senso, scegliere cubetti al 100% pieni e senza fori. Questo renderà il ghiaccio molto più resistente all’ambiente esterno e quindi anche al liquido, evitando che tra il caldo del liquido e il freddo del ghiaccio prevalga il primo, riscaldando eccessivamente il nostro drink.
La tenuta
Un cubetto di ghiaccio pieno, senza foro, ha una superficie di contatto nettamente minore rispetto a un cubetto di ghiaccio con foro. Nel secondo caso, infatti, il liquido penetra all’interno del foro e ha superficie di contatto sia interna che esterna. Questa doppia aggressione del liquido rende il cubetto molto più debole e pertanto molto più soggetto ad annacquare il drink. Altro aspetto tecnico fondamentale è la tecnologia di produzione. Una tecnologia di produzione che effettua il passaggio di stato da acqua liquida a ghiaccio solido in maniera molto lenta consente di massimizzare il numero di particelle di acqua presenti in ogni singolo cubetto e di minimizzare la percentuale di ossigeno, massimizzando inoltre il peso specifico del ghiaccio.
Il peso
Per evitare il galleggiamento del ghiaccio nel drink è importante realizzare cubetti con un processo produttivo lento che ci consenta di avere la minor percentuale possibile di aria all’interno e quindi il massimo peso specifico ottenibile. Inoltre, per ottenere questo risultato il compito del barman è quello di rendere quanto più possibile uguali i volumi di ghiaccio e di liquido presenti nel drink. Ciò favorirà un equilibrio termico e dei volumi che eviterà il galleggiamento.