Accade spessissimo di entrare in enoteca, o di finire fra gli scaffali enologici del supermercato, e trovarci davanti una schiera di bottiglie di vino dai nomi altisonanti e dai prezzi più che mai vari. Pensiamo “meglio prendere qualche bottiglia di questo che costa 2,99 €, o magari ne prendo una sola ma di quest’altro che costa 40 € e dunque sarà buono per forza?”. Se siete spesso preda di indecisioni simili e il vino vi piace non solo come status social, ecco una lista di 15 vini ad un prezzo che costeggia i 15 euro. I vini sono stati scelti a mio insindacabile giudizio, non è una classifica e non è una nota di demerito per le centinaia di vini lasciati fuori dalla lista: purtoppo 15 è un numero finito; per le classifiche di merito si rimanda il lettore alle maggiori guide di settore.
Prima di partire con la lista è opportuno chiarire il perché dei 15 euro come limite. Una delle domande evergreen riguardo al vino è: quale è il prezzo giusto per un buon vino? Per rispondere a questa domanda occorrerebbe un bel trattato, ma siccome noi vogliamo arrivare subito alla ciccia facciamo qualche considerazione pratica: il vino si produce a partire da piante di vite che devono essere gestite lungo l’arco dell’anno dal vignaiolo; poi l’uva deve essere vendemmiata, e lì serve la manodopera (e va pagata; non fate i furbi con “provate la magnifica esperienza di vendemmiare da noi per una giornata intera! A fine giornata vi diamo anche una bottiglia di vino e una fetta di caciotta!”); consideriamo che le piante sono su un terreno che, a meno che non sia ereditato da decenni, richiede esborso di denaro per il mutuo o l’affitto (oppure l’uva la si acquista da altri vignaioli, nulla di illecito, e comunque bisogna corrispondere del danaro ai bravi coltivatori); poi ci sono i macchinari per la vendemmia e la vinificazione, i vasi vinari; poi ci sono i tempi di giacenza e, se il vignaiolo non opera in solitudine, i compensi di enologo e cantiniere; infine vanno sostenuti i costi di bottiglie, tappi, etichette e capsule, il macchinario per l’imbottigliamento, nonché la distribuzione urbi et orbi del vino.
Ora, dopo aver assorbito tutto questo, come si può pensare che un vino venduto a 2,99€ possa essere un prodotto di qualità? Potabile certamente, ma è ben lungi dall’essere un esempio dell’eccellenza agricola italiana (e badate bene che questo discorso riguarda anche, se non soprattutto, i vini DOC). E dato che noi vogliamo spendere i nostri soldi nel miglior modo possibile, indirizzarsi su una fascia di prezzo attorno ai 15 € massimizza la possibilità di acquistare un prodotto di pregevole fattura senza doversi svenare. Magari si berrà qualche bottiglia in meno l’anno, ma ne beneficeranno epitelio olfattivo e papille gustative, oltre al fegato.
Colle Picchioni – Lazio IGT Donna Paola
La mia lista parte da un frequentatore abituale della mia cantina: un bianco del Lazio sapido e profondo. Il vino è dedicato alla memoria di Donna Paola Di Mauro, fondatrice della storica cantina Colle Picchioni sulle pendici del Vulcano Laziale, donna del vino troppo poco ricordata oggi dai conterranei. Il vino è un blend di malvasia puntinata e semillon, è sorprendente per fibra e carattere, e non va in depressione se malaccortamente dimenticato in cantina per qualche tempo.
San Leonardo – Vigneti delle Dolomiti IGT Terre di San Leonardo
Chi mastica la materia reagisce con un sospirato sorriso al sentir nominare il San Leonardo, un vino di sublime eleganza. Qui però si parla del suo fratellino, che con il maggiore condivide l’uvaggio bordolese (cabernet sauvignon, merlot e carmenere), ma affina solo per il 20% in barrique, con il resto della massa che riposa in cemento (l’intera massa del San Leonardo invece sosta per due anni in barrique). Sarà anche il fratello minore, il Terre, ma lui non lo sa: intenso e di discreto corpo, a tavola è presenza piacevole e non schiacciante.
Di Majo Norante – Aglianico Molise Riserva DOC Contado
Uno dei segreti peggio custoditi del Molise è questo muscoloso esemplare di aglianico, costantemente premiato dalle guide di settore anno dopo anno, eppure ancora ampiamente nella fascia di prezzo da noi proposta e con qualche spicciolo di resto. Occhio però: si richiede l’accompagnamento con piatti altrettanto strutturati, perché questo vino a tavola tende a fare la voce grossa. Una voce sì potente, ma sempre melodiosa. Un Tony Hadley, via.
Lunae Bosoni – Vermentino Colli di Luni DOC Etichetta Grigia
Di solito i vini spartiacque, quelli per cui c’è un prima e un dopo averli assaggiati, sono sempre i Borgogna, gli Champagne, i Riesling Renani. Ma se vogliamo traslare il discorso su assi cartesiani minori (anche perché oggi un Borgogna emozionante se lo possono permettere giusto un migliaio di persone al mondo), anche il Vermentino di Colli di Luni ha adempito a questa funzione: sono stato testimone di mistiche rivelazioni da parte di persone cui offrivo il primo sorso di vermentino lunigiano, questo concentrato di gelsomino e agrumi, fresco e profumato come la tovaglia della nonna.
Raìna – Umbria Bianco IGT Campo di Colonnello
Il trebbiano spoletino è uno dei vitigni bianchi più interessanti del mondo. Del mondo, ribasdisco: un gusto peculiare, profumi accattivanti, una capacità di invecchiamento da fare invidia a Sean Connery, il quale, lo sappiamo tutti, era molto più bello da vecchio che da giovane. Tra i tanti esemplari di trebbiano spoletino prodotti in Umbria (e trovare un umbro che lavori male in cantina è cosa veramente ardua) quello di Francesco Mariani, prodotto in biodinamica, è tra i più interessanti per complessità, imprevedibilità e godimento nel berlo.
Cantina Kaltern – Alto Adige Lago di Caldaro Superiore DOC Quintessenz
Uno dei consigli più facili da dare a un neofita del vino è: parti col bere vini altoatesini. I vini dell’Alto Adige sono accessibili, immediati, didattici e mai deludenti. Il vino scelto è un rosso prodotto da uve schiava (vernatsch in altoatesino) presso il lago di Caldaro (Kalterer See in altoatesino), di colore tenue e di beva agile, perfetto per chi ancora si azzarda a dire “io in estate non bevo vino rosso”.
Marco Antonelli – Cesanese Olevano Romano DOC Il Fresco
Questa è una chicca per pochi, ma fidatevi e andatela a cercare, e sennò internet cosa lo hanno inventato a fare? Un vino rosso leggero prodotto 100% cesanese, uva drammaticamente sottovalutata. L’opera di valorizzazione del cesanese da parte di Marco Antonelli e altri produttori in quel di Olevano Romano è costante, e fossi in voi manterrei l’orecchio ben teso. Tornando alla bevanda, i pochi giorni di macerazione sulle bucce fanno sì che il vino appaia come un cristallo rosso, con profumi di fiori e spezie e con una beva agile e dal grande allungo. Le bottiglie sul mercato non sono tantissime, ragione in più per procacciarsene una.
Paltrinieri – Lambrusco di Sorbara DOC Leclisse
Un altro must have, soprattutto ora che s’appropinqua l’estate. E non pensate alle bottiglie da 1,5 l di lambrusco amabile da discount a 2 €: il Lambrusco è un vino imprescindibile, il vero ministro della tavola se ce n’è uno. E questo di Paltrinieri è allegro, spensierato ma non banale e può accostarsi ad una miriade di pietanze senza soverchiarle. Io ne caldeggio sempre l’acquisto multiplo, che ad ogni pranzo c’è quello che dice “ma a me il vino frizzante non piace” e poi se ne ingolla mezza boccia.
La Staffa – Verdicchio dei Castelli di Jesi Superiore DOC La Staffa
Il verdicchio è stata per molto tempo l’uva bianca italiana più rinomata, forte anche della diffusione mondiale di quella bottiglia a forma d’anfora che oggi tutti canzonano, ma che ha fatto da traino per il Made in Italy quando di Made in Italy neanche si parlava. Oggi la ‘specializzazione’ dei palati e la varietà di vini sul mercato hanno un po’ ridimensionato l’hype di cui il verdicchio godeva, ma vini come quelli di Riccardo Baldi de La Staffa ne mantengono alto il blasone. Il verdicchio La Staffa è un vino fresco e di discreto impatto palatale, ed è sul mercato a un prezzo che non rispecchia il suo valore, ma meglio così per noi.
Fattoria La Rivolta – Fiano Sannio DOC
A proposito di uve bianche italiane rinomate, pur essendomi dichiarato infatuato del trebbiano spoletino, non si può restare indifferenti di fronte a un vitigno così caleidoscopico come il fiano. Le vinificazioni più nobili del fiano si trovano in Irpinia, ma questa versione sannita non ha nulla da invidiare loro. Di gusto intenso e di lunga persistenza, il Fiano della Fattoria La Rivolta è un portentoso warm-up per chi volesse introdursi alla conoscenza di questa grande uva.
Scala – Cirò Rosso Classico Superiore DOC
Immagino possa esserci stupore nel leggere un vino calabrese in questa lista, ma me lo aspetto solo da chi non è conscio dei grandi vini che la zona di Cirò sta esprimendo. Questo in particolare è un rosso 100% gaglioppo, dalla beva galoppante, tutto fiori e spezie. Da segnalare l’etichetta di totale impatto, che prende per il bavero della giacchetta il fruitore e gli urla in faccia “qui siamo ancora negli anni ’70!”.
Torre Rosazza – Friulano Friuli Colli Orientali DOC
La storia del nome dell’uva friulano è stata una delle avvisaglie che dimostrano come noi agli ungheresi non stiamo tanto simpatici (sentimento sempre più ricambiato man mano che passano gli anni): dal 2008 si è dovuto rinunciare all’uso del nome originale e storico ‘tocai‘ poiché in conflitto con il pur delizioso vino dolce magiaro. Senza rivangare acrimonie mai sopite, del vino prodotto da quest’uva resta il carattere fresco, elegante e conviviale, che spazia dagli aperitivi alla tavola, magari accanto a piatti dalla struttura leggera; agli ungheresi invece resta una delle poche vittorie politiche dai tempi dell’Impero. Ma che bravi.
Antonio Camillo – Ciliegiolo Toscana IGT Principio
Il claim aziendale di Antonio Camillo recita “Vini di territorio”, e questo ciliegiolo maremmano lo rispetta appieno: vigne di oltre 40 anni che godono dei benefici del clima tirrenico e vinificazione ‘semplice’, con un breve affinamento del vino in cemento prima di finire in bottiglia e poi sugli scaffali. Piacevolezza dei profumi e facilità di beva sono caratteristiche inammovibili del Ciliegiolo di Camillo.
Fradiles – Mandrolisai Rosso DOC Fradiles
Il Mandrolisai è il centro esatto della Sardegna. Nulla in comune con i bagordi costieri, qui la gente ci arriva giusto se ha uno scopo. Immagino che dopo aver goduto della bottiglia in questione, un blend di bovale sardo, monica e cannonau che beneficia anche di un passaggio per le botti, dal gusto assai intenso e profondo, molte persone sceglieranno di dedicare almeno un giorno delle loro vacanze sarde all’esplorazione del Mandrolisai per bersi tutto quello che c’è. E io condivido, ma andateci piano: è sempre alcol.
Le Piane – Nebbiolo Colline Novaresi DOC
Di solito si associa sempre il nebbiolo alle Langhe, ma se voleste provare delle diverse vibrazioni rivolgetevi ai due areali meno gettonati di questo vitigno: Valtellina e Nord Piemonte. Queste zone, ognuna a modo suo, esprimono vini aguzzi, incentrati su un frutto freschissimo ma che mantengono la stupenda complessità dell’uva più nobile in nostro possesso. Per rientrare nel prezzo fissato proponiamo il Nebbiolo Colline Novaresi DOC di Le Piane, un’azienda ormai di riferimento nel Nord Piemonte. 100% nebbiolo, 9 mesi in acciaio, una discreta lama di freschezza e dal grip tannico presente ma non soverchiante.