Fanno bene i vignaioli del Carso ad essere furenti con il Prosecco DOC?

Giudicate voi, il nostro bignami di storia del Prosecco alla mano, se i viticoltori del Carso abbiano ragione d'arrabbiarsi con la mega DOC, che nel proprio calderone vorrebbe annoverare rifermentati in bottiglia e..vitovska.

Fanno bene i vignaioli del Carso ad essere furenti con il Prosecco DOC?

Il 2024 ha messo a dura prova lo stomaco dei vignaioli del Carso. Una gastrite sfavillante attanaglia i viticoltori di uno degli altipiani friulani più cari alla Patria. I primi acuti segnali si sono manifestati durante l’estate, per poi riacuirsi lo scorso ottobre. Il colpevole del malessere è chiaramente individuato nel Consorzio del Prosecco DOC, che ormai nel Carso vedono col fumo agli occhi.

La modifica del disciplinare: il Prosekar nel Prosecco

spumante prosecco

Lo scorso 31 maggio il legale rappresentante del Consorzio di tutela del Prosecco DOC ha presentato istanza di modifica del disciplinare di produzione, introducendo la menzione “Riserva” e, soprattutto, la denominazione “Prosecco spumante Prosekar”, accompagnato dal riferimento “Trieste” o “Trst”, specificando che “la tipologia «Prosecco spumante Prosekar» deve essere ottenuta esclusivamente per fermentazione naturale in bottiglia, per un minimo di elaborazione di 3 mesi per i vini immessi al consumo senza sboccatura e di 12 mesi per quelli immessi al consumo dopo la sboccatura. Tale tipologia deve essere commercializzata nei tipi brut nature, extra brut, brut ed extra dry“.

Questo Prosekar altri non è che uno spumante tipico del Carso friulano, forse diretto discendente del vino che ha dato origine a tutto: il disciplinare infatti indica come risalente a fine ‘600 la prima documentazione nota in cui si cita un vino Prosecco; tali documenti descrivono un vino bianco, delicato (non è menzionata l’ effervescenza), che ha origine sul Carso triestino e in particolare nel territorio di Prosecco, un quartiere di Trieste di neanche 1500 abitanti. Ok, e allora?

E allora i vignaioli del Carso non ci sono stati a vedersi defraudati dell’identitario Prosekar per farlo finire dentro il calderone del Prosecco DOC. Un perché è già lampante: il Prosekar viene prodotto con rifermentazione in bottiglia, quindi metodo classico (ma anche metodo ancestrale), mentre il disciplinare dispone chiaramente di produrre il Prosecco solo tramite rifermentazione in autoclave, o metodo Martinotti.

Inoltre, il Prosecco DOC può essere prodotto a partire da un 85% minimo di uva glera, mentre per il Prosekar sono previsti uva glera per almeno il 50%, più altri vitigni a bacca bianca non aromatici idonei alla coltivazione nella provincia di Trieste fino al massimo del 50% e il vitigno malvasia istriana fino a un massimo del 15%. I viticoltori del Carso leggono tra le righe di quel “vitigni idonei alla coltivazione nella provincia di Trieste” l’introduzione della vitosvska nel Prosecco DOC.

Vitovska: caratteristiche di un vino e di un vitigno simbolo di una rivoluzione culturale Vitovska: caratteristiche di un vino e di un vitigno simbolo di una rivoluzione culturale

Toccategli tutto ma non la vitovska, vitigno simbolo e identitario dell’altopiano, oltretutto intimamente legato alla DOC Carso (ma non in modo totalmente esclusivo; ricordate il paradosso di non poter nominare la varietà di uva usata se non dove e quando previsto?). Il pensiero di Matej Skerlj, Presidente dell’Associazione Vignaioli del Carso-Kras, allora fu: “L’affare lo farebbe il Consorzio di tutela della Doc Prosecco che, in una zona non sua, metterebbe le mani su un vitigno storico prerogativa del Carso, vantandosi poi di avere una nicchia come il Prosekar all’interno della DOC“. Ma allora, uno si domanda, perché i carsici non hanno richiesto il riconoscimento di una DOC Prosekar? Perché il Regolamento Europeo sulle Indicazioni Geografiche gli segherebbe subito le gambe: non si può introdurre una denominazione dal nome simile ad una già esistente se quest’ultima fa riferimento ad una precisa zona geografica. E, come abbiamo detto, il Prosecco prende il nome dal quartiere di Trieste, Prosecco. Fine della discussione. Già, ma la sede del Consorzio de Prosecco DOC ha sede in Via Calmaggiore 23, Treviso. In Veneto. Fanno 140 km di distanza da Prosecco. La situazione si sta ingarbugliando, facciamo un passo indietro.

2009: la nascita della mega-DOC Prosecco

L’uva che oggi si chiama ‘glera’ un tempo era conosciuta con il nome di prosecco. E l’uva prosecco poteva essere piantata, vinificata e spumantizzata ovunque, con la possibilità di essere anche nominata in etichetta. Insomma, tutto filava tranquillamente finché, negli anni ’90 il Prosecco, allora IGT, fece il botto: cominciò a godere di un successo che cresceva e cresceva anno dopo anno. Ovviamente la fama portò con sé una schiera di imitatori che, spumantizzando l’uva lontano dal luogo di origine, potevano comunque chiamarla Prosecco e godere dei grandi vantaggi economici derivanti.

La soluzione venne trovata nei primi anni 2000 dall’ex presidente della provincia di Treviso, ex vicepresidente della giunta regionale del Veneto, e all’epoca ministro delle politiche agricole e forestali Luca Zaia, originario di Conegliano: cambiare innanzitutto il nome dell’uva prosecco in glera, sinonimo già esistente ma meno usato; poi, l’Europa protegge le denominazioni di origine a patto che siano legate a un luogo geografico? Perfetto: sfruttiamo la storicità della zona di produzione e, dalle colline di Conegliano, arriviamo zitti zitti, chiotti chiotti, fino al quartiere Prosecco di Trieste. Fu così che nel 2009 vide ufficialmente la luce una delle più vaste denominazioni di origine del mondo, formata dalle intere regioni Friuli Venezia-Giulia e Veneto (ad eccezione delle provincie di Rovigo e Verona), con oltre 28000 ettari vitati, più della superficie calpestabile di Saint Kitts e Nevis. Il successo sul mercato crebbe ulteriormente, arrivando al sorpasso di quest’anno sullo Champagne nelle vendite in USA e, in generale, a numeri mostruosi: 616 milioni di bottiglie prodotte (nel 2010 erano 142 milioni) e 3 miliardi di € di fatturato. Prendo la calcolatrice: fanno circa 4,87 € a bottiglia. Torniamo al 2024.

Il reel che ha fatto traboccare il Carso

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Lo scorso 13 ottobre il Consorzio del Prosecco DOC, in collaborazione con Adua Villa (@globetrottergourmet), posta sul proprio profilo Instagram un reel di 14 secondi. Il reel (da 57 likes, a fronte di 44700 follower) dovrebbe rimandare ad un video più ampio su YouTube, di 2 minuti e 38 secondi; malauguratamente, ciò non è specificato da nessuna parte. Ciò spiega come mai tale video vanti ad oggi solo 216 visualizzazioni e, ahimé, 1 solo like.
Dai frame brevissimi che si vedono nei 14 secondi di reel, potremmo essere dovunque ci sia un promontorio a strapiombo sul mare. È la didascalia a corredo a chiarire dove siamo: “Globetrotter (sic. Non nome e cognome, “Globetrotter”. Un modello di camion Volvo si chiama Globetrotter) ci accompagna alla scoperta del Carso, una terra affascinante tra il Friuli Venezia Giulia e l’Istria, nel cuore della zona di produzione del Prosecco DOC“. La didascalia continua, ma il succo è già chiaro: il Carso è nel cuore del Prosecco DOC. Antropomorfizzando, la DOC si troverebbe con il cuore dentro al gomito. Ma al di là dei paragoni anatomici il reel ha destato nuove ire da parte dell’Associazione dei viticoltori del Carso, che con il loro account ufficiale hanno commentato il reel definendo “una vergogna usare costumi tradizionali Carsici per promuovere “l’italian genio” [claim finale del reel, N.d.A.]. Tornate in Veneto a filmare le vigne in pianura“. Un disappunto espresso in punta di bastone. A cercare in giro, in effetti, l’unico Prosecco DOC triestino risulta essere l’Audace (oltretutto affinato nel Golfo di Trieste, e voi ricordate cosa pensiamo di questa pratica dell’affinamento in mare).

Ma i vignaioli carsici non si sono limitati alla protesta via social. Notizia di qualche giorno fa è la lettera di diffida che costoro intendono inviare al Consorzio del Prosecco DOC. La richiesta è di eliminare il reel e di smettere di sfruttare il nome, i luoghi e le tradizioni del Carso per promuovere il Prosecco DOC che, come abbiamo visto, i carsici considerano parte della loro tradizione tanto quanto il gioco del cricket.

Abbiamo contattato Matej Skerlj per chiedere in quale modo il reel danneggerebbe il Carso e la sua risposta è stata eloquente: “il Carso non è solo un luogo geografico ma anche una denominazione di origine. In quanto tale, possiede vini tipici, che non sono certo il Prosecco, e vanta una tutela sul proprio nome, il che significa che non può essere usato per promuovere un’altra DOC. Il reel è un favore che noi facciamo al Prosecco DOC: si mostrano paesaggi e tradizioni locali ma alla fine si vede un Prosecco, non uno dei nostri vini. E dunque è il Carso a promuovere il Prosecco DOC, non il contrario. Anzi, in questo modo si crea solo confusione nel consumatore. Un Rolex, un prodotto di alta qualità promuoverebbe il Carso, non il Prosecco DOC“. Gli abbiamo chiesto se nutre fiducia nell’ascolto del Consorzio, sia per la situazione Prosekar che per il reel incriminato. “No, ma dovrebbero. In fin dei conti esistono grazie a noi. Per cui ci vorrebbe un po’ più di rispetto per i vignaioli del Carso. Perché se quindici anni fa ci fossimo opposti, oggi la DOC non esisterebbe“. E in effetti Prosecco, quartiere di Trieste, sempre sul Carso sta.

Fonte: In copertina: un vigneto del Carso
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