Esistono alcune cose che chiamano a gran voce il Nanni Moretti che è in me. Una di queste è il calice di vino brandito per il bevante. Ora, al netto di questioni caratteriali di cui dovrei occuparmi prima che peggiorino, la faccenda potrebbe sembrare soltanto una questione di forma e di eleganza. Invece il gesto di agguantare il calice come fosse uno smartphone o, anche peggio, di tenerlo a mo’ di ballon con del cognac dentro va a peggiorare progressivamente la qualità organolettica del vino. In che modo? Scaldandolo eccessivamente.
Sappiamo che ogni vino ha la sua giusta temperatura di servizio e, per consentire un’esperienza adeguata, alcuni osti e sommelier accorti servono il vino anche un paio di gradi Celsius al di sotto di tale temperatura, in modo che non si scaldi subito. Infatti, la letteratura afferma che un vino bianco servito attorno ai 10/12 °C, restando nel calice aumenta la propria temperatura di circa 1 °C ogni 5 minuti. Questo se la temperatura ambientale è attorno ai 20/22 °C e se il calice lo si lascia sul tavolo o lo si tiene nella maniera corretta: dallo stelo o dal piede. Se invece il calice noi lo reggiamo come una palla da bowling, la nostra temperatura corporea di circa 37 °C accelera enormemente il riscaldamento del vino. Come risultato di questo malcostume, aumenta la quantità di alcol che sale al nostro naso, spariscono i profumi più sottili e, in generale, troveremo il vino meno fine e più grossolano.
La mera logica già ci dà buoni motivi per convertirsi al mantenimento del calice dallo stelo e per non tappezzare più il bevante delle nostre impronte digitali. Ma a noi piacciono i dati empirici, quindi procederemo con una verifica pratica. Hai visto mai che davanti a dei dati sperimentali vi passasse definitivamente ‘sto viziaccio.
Materiali e metodi
Per la verifica del riscaldamento subìto da un vino tenuto nel palmo della mano ci si è avvalsi di un Riesling della Rheingau (Germania) precedentemente raffreddato in frigorifero, di due calici identici, di un cronometro e di un termometro laser. Per distinguere i due campioni sono stati usati i termini “Palla da bowling” per il calice tenuto nel palmo della mano e “Vostra maestà” per il calice retto dal piede. La verifica è stata condotta a una temperatura ambientale di 21 °C e, dal versamento del vino nel calice, la temperatura dei vini è stata registrata a intervalli di un minuto per 15 minuti complessivi.
Risultati e discussione
Il campione “Vostra maestà” è andato incontro a un riscaldamento medio di circa 0.2 °C al minuto, per un guadagno complessivo di 2.9 °C (dai 12.2 °C iniziali ai 15.1 °C finali). Il dato conferma quanto abbiamo affermato qualche riga più in alto. Dunque, pur tenendo in modo corretto il calice si va comunque incontro a un aumento della temperatura del vino; considerate che il riscaldamento aumenta con il numero di rotazioni che imprimiamo al calice quando vogliamo darci un tocco di fascino sommelieristico.
Dall’altro lato il campione “Palla da bowling”, come era ampiamente prevedibile, umilia l’avversario vedendo crescere la propria temperatura da 12.5 °C a un drammatico 25.5 °C: un guadagno di quasi 1 °C al minuto. Partite con un Riesling e finite col sorseggiare un consommé.
Già qui il buon senso ci suggerirebbe di smettere di tenere il calice alla maniera americana (ci fosse un film o una serie tv d’oltreoceano dove tengono correttamente il dannato calice), ma io ci metto comunque il carico a bastoni dell’analisi organolettica a fine esperimento.
Il Riesling “Vostra maestà” si caratterizza per note di fieno, camomilla e fiore di tiglio, mela verde, buccia di cedro, salvia e un leggero odore di pioggia (esiste, la molecola responsabile si chiama ‘geosmina’). In bocca la temperatura ancora fresca fa apprezzare la componente dura del vino, data soprattutto dall’alta acidità fissa tipica dell’uva riesling, che regala al sorso una bella tensione e un grande allungo connotato da un finale delicatamente abboccato.
Il Riesling “Palla da bowling” invece si distingue principalmente per un forte odore di cenere, accompagnato da buccia di limone e fieno secco. Sono spariti i profumi più sottili e, contemporaneamente, è diventato spiacevolmente percepibile l’alcol. In bocca la situazione peggiora ulteriormente: l’alta temperatura rende il sorso più piatto. Eppure gli acidi fissi sempre quelli sono, il vino è sempre lo stesso di prima; tuttavia, l’effetto della temperatura più alta li rende manifesti solo sul finale di bocca, mentre al contempo accentua da subito la presenza del residuo zuccherino. Chiude il sorso un leggero amarore, non rilevato nel “Vostra maestà”, lasciando il bevitore incerto se proseguire nel consumo della trista bevanda.
Abbiamo dunque dato prova di quanto sia deleterio tenere il calice di vino come fosse il teschio dell’Amleto. Spero non indugerete più nell’errore, quantomeno in segno di rispetto per il vino che state bevendo e per quella povera quantità che io ho sacrificato per darvene dimostrazione.