Tra il riso e la disperazione mi è capitato qualche volta di sentire che il tè non è nient’altro che “un bicchiere d’acqua colorata”. Al di là del sarcasmo o dell’ironia, è assolutamente chiaro che questo non è mai vero. Ma se chiaro non fosse, è importante imparare a capire cosa distingue un tè dall’altro, come riconoscere un tè di qualità tra i tanti proposti, con una serie di spunti che possano orientare anche i neofiti, anche i bevitori seriali di Earl Grey.
Alessandra Celi, tea expert, selezionatrice e proprietaria di uno dei più importanti tea shop di Roma, Tè e teiere, sarà oggi la nostra guida nel mondo del tè di qualità, una figura imprescindibile per comprendere un universo immenso e anche complesso. Complessità è la prima parola che ci deve venire in mente quando pensiamo al tè, a una bevanda dalla storia millenaria, diffusa in tutto il mondo, le cui tecniche di coltivazione, raccolta e lavorazione hanno avuto secoli per evolversi e perfezionarsi. Tutto sembra più comprensibile se accostiamo il mondo del tè a quello del vino, a cui siamo più avvezzi dal nostro osservatorio. Possiamo racchiudere in poche battute la risposta alla domanda “cosa distingue un vino di qualità da un altro?”. Ovviamente no, e con il tè la musica non cambia.
Nonostante questo, alcuni elementi di base tra cui orientarci esistono. E possono aiutarci a mettere a fuoco una nuova prospettiva e a capire se vogliamo approfondire il discorso. Alessandra è un’esperta selezionatrice e degustatrice di tè, oltre ad esserne una grande appassionata. Ha aperto il suo negozio di tè nel 2002, un piccolo spazio in Via del Pellegrino in pieno centro a Roma, da 8 anni sostituito con la boutique di Via dei Banchi Nuovi che propone tè soprattutto cinesi e giapponesi, importati direttamente dalle piccole aziende della Cina, ma anche di altre provenienze purché siano tè di alta qualità.
Il tè come cultura e studio
Il primo concetto che apprendo da Alessandra è che il tè si studia, si studia tanto. Con una laurea in Scienze Erboristiche come la sua, forse il percorso viene più facile. Parlare di tè significa parlare infatti di lavorazione delle foglie, conoscere la botanica, capire il concetto di ossidazione, invecchiamento, fermentazione. In questo caso un bagaglio in materie chimiche e biologiche è sicuramente d’aiuto. Poi c’è la necessità di avere una guida, come per Alessandra è stata la maestra cinese Lyne, perché buttarsi senza paracadute è romantico ma difficile. Occorre qualcuno che faccia da faro attraverso un’arte millenaria che non si studia sui nostri banchi di scuola e troppo spesso si apprende (malamente) sugli scaffali dei supermercati. Anche studiare dei libri può essere utile ma non sufficiente. Negli anni molti testi cinesi e giapponesi sono stati tradotti anche in italiano, ma anche tra quelli bisogna scegliere i più aggiornati e completi. Non sarà raro inoltre trovare discordanze anche grandi tra testi pure autorevoli.
Le piante di tè
Ce lo dimentichiamo spesso ma il tè è prima di tutto una pianta. Questo significa che lo stato della pianta, il suo benessere e il metodo di coltivazione impatta la qualità finale della bevanda che se ne ricava. Prima di tutto è centrale sapere quanti anni ha la pianta, poi se si tratta di cultivar o varietà selvatiche. Le cultivar non sono ritenute inferiori a quelle selvatiche, perché sono il frutto dello studio di piante selvatiche da cui vengono fatti innesti per creare raccolti più floridi. Raccolti che, nelle piante di piccoli produttori che puntano alla qualità, avvengono una sola volta l’anno.
Questo introduce il tema del metodo di lavorazione e dell’utilizzo di agenti chimici sulle piante. Facendo un esempio, i tè di Alessandra che vengono dal Giappone sono solo biologici certificati, mentre quelli che vengono dalla Cina sono naturali, perché i piccoli produttori non hanno interesse a farsi certificare, lavorando per tradizione solo con sostanze organiche. In qualsiasi parte del mondo è fortemente probabile che ciò che viene da collina o pianura (quindi non alle altezze e ai climi che il tè richiede) sia sottoposto a trattamenti chimici per produrre più raccolti.
L’anticonvenzionalità
Se si considera l’agricoltura naturale del tè, si può stare certi che lo stesso tè di anno in anno potrebbe variare. Nel mondo della grande distribuzione invece, si fa in modo che i tè abbiano un gusto costante di giorno in giorno, di anno in anno. Questo per dare al consumatore sempre lo stesso prodotto in tazza.
Il colore e l’aspetto delle foglie
L’esame visivo e olfattivo può restituire diverse informazioni preliminari molto significative sulla qualità del tè, premesso che ad ogni tipologia di tè che si ottiene da una lavorazione diversa delle foglie corrispondono diversi criteri qualitativi. In generale le foglie devono avere un colore lucido, vivo e non opaco. Se sono decisamente opache, significa che il tè non è più fresco. In particolare ogni tipologia di tè ha una sua vita aromatica. Quella del tè verde dura un anno, i tè neri, i tè bianchi e gli Oolong due anni, il pu’er è un tè invecchiato parecchi anni. Questo significa che nel 2022 da Giugno in poi si beve un tè della primavera del 2022 in poi, non del 2021. E così via.
Sullo stato delle foglie, c’è ancora un altro capitolo. Gli specialty tea infatti hanno foglie tutte della stessa dimensione, uguali fra di loro, selezionate spesso a mano nella fase finale di lavorazione. Un processo molto minuzioso e richiedente che produce un tè particolarmente raffinato.
L’aspetto olfattivo
Sul mondo degli aromi c’è un capitolo amplissimo. Un tea tester professionista è allenato nel riconoscerli e sa precisamente a quali profumi e gusti corrispondono gli aggettivi da associare in un ampio vocabolario del tè. Tuttavia per chiunque “ficcare il naso in un barattolo” è un esperimento che restituisce molte informazioni di gradimento e suggerisce anche quando i profumi sono sintetici e non naturali.
La degustazione del tè
Secondo molti esperti, tra cui Alessandra, la vera qualità del tè si deduce solo gustando il prodotto. Il mondo della degustazione è troppo ampio per essere riassunto qui, diciamo solo alcune cose. La degustazione dei tea tester professionisti è diversa da quella classica. Parliamo infatti di figure che hanno il compito di lavorare nelle tea factory subentrando alla fine della lavorazione per assaggiare i tè, scoprirne i difetti, riconoscerne i pregi e aiutare i produttori ad inquadrare il giusto prezzo per la vendita del prodotto. Basti pensare che i tè vengono infusi a temperature più alte del solito per far emergere tutte le criticità della lavorazione. Mentre se siamo tra appassionati non esperti, nel momento della degustazione riconosciamo un tè di alta qualità se il sapore è nitido, persistente ma non invasivo, anche quando è leggero.
Intuito
Alessandra mi parla subito di intuito. Si tratta della capacità di riunire le proprie competenze e il buonsenso, farsi domande e cercare delle risposte, per capire il tè che abbiamo davanti. Questa regola dell’intuito vale sempre ma tendiamo spesso a dimenticarla, perché prendiamo quello che ci viene offerto, per pigrizia, mancanza di tempo, di curiosità o chissà cos’altro. Ma per capire il tè l’intuito va stimolato. Altrimenti si finisce per bere un bicchiere d’acqua colorata, come dicevamo all’inizio.
I luoghi del tè
Scegliere dove comprare il tè fa davvero la differenza. Escludendo la scelta della grande distribuzione e del tè in bustina, si può fare riferimento a negozi specializzati, che siano tea shop oppure sale da tè. A questo punto interviene un’ulteriore scrematura perché, anche in Italia, essere un negozio specializzato di tè non vuol dire fare una selezione autentica. Come per tutte le tipologie di commercio, si può aprire un catalogo e scegliere da quello senza farsi troppe domande. Fare le giuste domande, chiedere da dove vengono i tè e quando sono stati raccolti e lavorati può aiutarci a capire cosa stiamo bevendo. Certo per imparare davvero, è stra-consigliato un viaggio dove il tè è ovunque, per esempio nella regione dello Yunnan in Cina.