Da esperti di politica internazionale quali siamo, mastichiamo brillantemente il linguaggio della fusione nucleare ma, non si sa come, titubiamo fortissimamente di fronte allo scaffale del whisky, in una sorta di timore reverenziale da supermercato.
Lì, dove quasi mai si è seguiti da un professionista che possa fugare i nostri dubbi, siamo circondati da clienti incollati, esattamente come noi, innanzi a ripiani di bottiglie troppo care per una scelta fugace e troppo cheap per meritare che ci si impegni più di tanto a farsi una cultura. E da qui nasce questo vademecum volto a risparmiarvi gli occhi sbarrati nel vuoto dell’iper o i rimandi alla memoria, alla ricerca di qualche spot di Michele bendato, quel gran intenditore.
Come per il vino o molte altre bevande alcoliche, i prezzi possono variare da pochi euro a, normalmente qualche decina, con qualche puntata in alcuni punti vendita anche oltre le centinaia ma in quel caso sono spesso rinchiusi in armadietti ben chiusi a chiave.
Premesso che le corsie dei supermercati non sono il demonio per comprare whisky, bisogna adottare qualche accortezza e soprattutto, se si è poco avvezzi, imparare anche a leggere le etichette o a cercare le cose giuste sul vostro smartphone.
Innanzitutto, un punto a favore del whisky rispetto, ad esempio, al vino, è che è molto più genuino. Il vino, che proviene da una materia prima molto più nobile e complessa, può anche essere prodotto aggiungendo decine di sostanze, il whisky commercializzato in Europa è prodotto da cereali o pseudo-cereali (amaranto, grano saraceno), lievito e ha come unici additivi l’acqua e, non sempre, il caramello per armonizzare il colore tra i diversi lotti. Subisce normalmente una filtratura meccanica ma non ha bisogno di altro e non è possibile aggiungere zucchero o sostanze aromatizzanti, che non arrivino dalla botte o dal processo produttivo. Nel mercato europeo se c’è la parola “whisk(e)y” deve aver fatto almeno tre anni in una botte di legno di massimo 700 litri.
Leggere l’etichetta
Esistono una moltitudine di whisky provenienti da tutto il mondo per cui indichiamo le indicazioni principali.
- Grain: prodotto con una miscela di cereali (orzo, mais, frumento e altri)
- Malt: prodotto solo con malto d’orzo, se è preceduto dalla parola “single” proviene da una sola distilleria
- Blended: contiene whisky di malto e di altri cereali.
- Gradazione: quella minima è del 40% di alcol in volume, tuttavia esistono varie gradazioni sul mercato, le principali, oltre alla minima, sono 43% e 46%. Se non siete abituati a bere distillati evitate gradazioni troppo elevate, anche se possono essere diluite nel bicchiere. Se trovate la scritta Cask Strength o Full Proof o 100 proof vi trovate spesso gradazioni oltre i 50 gradi, per cui fate attenzione.
- Unchill Filtered: non viene filtrato
- Natural Color: non contiene caramello
- Single Barrel/Single Cask: proviene da una sola botte per cui normalmente sono indicate anche le bottiglie totali prodotte.
- Finish abbinato a un’altra parola (wine, rum, Amarone, etc) indica un passaggio di qualche mese in una botte che aveva contenuto altre sostanze alcoliche in precedenza, per cui vi potrebbe dare qualche indicazione o suggestione organolettica.
- Se è indicata una età, è quella del whisky più giovane contenuto nella miscela. Non vale quindi il concetto di età media o altri alcoli astrusi che si possono trovare ad esempio, sui vini fortificati.
Indicazioni Geografiche
Molte indicazioni geografiche seguono anche rigide regole produttive, indichiamo le principali.
- Scotch vuol dire che è interamente prodotto in Scozia
- Bourbon è prodotto negli USA con almeno il 51% di mais e non contiene caramello colorante. Analogamente American Rye ma con almeno il 51% di segale. Se alle parole Rye e Bourbon non è abbinata la parola whisky significa che in USA, dove si potrebbe chiamare whisk(e)y, non ha fatto i tre anni in botte, per cui conserva l’indicazione geografica ma non lo status di whisky.
- Irish: prodotto in Irlanda Se è indicato “pot still” significa che la ricetta contiene anche orzo non maltato,
- Japanese: qui si entra in un territorio più opaco e, al momento, non avete la certezza che si tratti di whisky distillato in Giappone, a meno che non sia un Single Malt.
Che gusto ha?
Quasi mai le etichette contengono informazioni organolettiche o di abbinamento per cui una cosa su cui fare attenzione. I bourbon sono tendenzialmente dolci, i whisky di segale speziati e terrosi, i blended sono “piacioni” e di facile consumo, anche con ghiaccio o sode, i blended irlandesi molto fruttati. Su molti altri prodotti è più difficile orientarsi, in quanto vi potreste anche trovare davanti a un whisky fortemente caratterizzato da un gusto affumicato. I celebri whisky “torbati”, cioè affumicati bruciando torba, molto apprezzati in Italia, potrebbero piacere ma anche creare repulsione. Molto spesso li potete individuare solo dal nome della distilleria (Laphroaig, Caol Ila, Bowmore, Lagavulin, per elencare le più note) anche se non sempre si va a colpo sicuro in quanto vi sono distillerie che normalmente non fanno whisky torbato ma che escono sul mercato con imbottigliamenti “torbosi” (es. Bunnahabhain, BenRiach, Bruichladdich).
Ma come fa a costare così poco? Ma non lo compro, è troppo caro!
Sul prezzo ci possono essere reazioni opposte, con whisky molto cari, dati dalla loro rarità normalmente, o con cifre talmente basse che sembrano impossibili, anche tenendo conto che su una bottiglia di Whisky (o Rum, o Brandy o Grappa) al 40% di alcol, pesano oltre quattro euro di accise.
Soprattutto nei discount si possono trovare whisky a poco più di sei euro. Come è possibile considerando tasse, IVA, packaging? Certamente si tratta quasi di un sottocosto o di margini microscopici, ma un grande impianto industriale di whisky è in grado di produrre migliaia di litri di distillato al giorno a una gradazione oltre il 90%, partendo da una materia prima piuttosto povera, soprattutto se non si usa orzo. Per cui è un prezzo a cui ci si può arrivare su una economia di scala molto grande. Ma, tolto il danno che l’alcol fa nel vostro corpo, quella bottiglia non contiene null’altro che acqua, sostanze aromatiche che arrivano dalla materia prima, dalla fermentazione, dalla distillazione e dalla maturazione e, spesso, colorante E150.
Al contrario spesso una bottiglia che costa qualche decina di euro provoca l’effetto contrario. Facciamo un confronto duro, maleducato e spiacevole con una bottiglia di vino, anche senza considerare la menzionata maggior tassazione applicata ai distillati.
Ogni bottiglia di whisky da 70cl vi restituisce 35 dosi da 20ml, vero che al bar normalmente le dosi sono almeno da 40ml, ma visto che si tratta di un acquisto al supermercato ci mettiamo nello scenario di uso domestico.
Con una bottiglia di vino riempite sette bicchieri e, in molti casi, va finita possibilmente in poche ore, cosa che non accade col whisky, che potete godervi nel corso dei mesi, se non di anni.
Se una bottiglia di whisky costa 35 euro, avete un costo a bicchiere di 1 euro. Facendo l’esercizio opposto, otterreste come controvalore, in termini di dosi, una bottiglia di vino da circa 7 euro. Vi posso assicurare che col whisky bevete molto meglio e, male che vada, la potete finire nel corso dei mesi, anche invitando amici, miscelata con le sode o per sfumare il risotto.