Che il product placement 2.0 fosse arrivato a toccare la musica, ce n’eravamo già ampiamente accorti. E forse – chissà – se n’erano accorti pure i Pinguini Tattici Nucleari, che tramavano da tempo di blastare la Coca Cola (molto, molto prima che la loro “Coca Zero” diventasse la super hit del pre-estate, trasmessa a giro continuo in tutte le radio).
Ma facciamo un passo indietro, fino a Chiara Ferragni che sventola i capelli biondi mentre sale su un jet privato insieme a Baby K.
Le aziende e la musica
Non sarà stato il primo, di certo, ma è probabilmente uno dei primi a essere così palesi. Era il 2021, e anche se non ve lo ricordate più – o avete tentato di dimenticare – vi sarà certamente capitato di ballare sulle note di “Non mi basta più”. Di più, di canticchiare frasi come “Ti ho in testa come Pantene”. Se non fosse stato per il video che accompagnava la canzone di Baby K e Chiara Ferragni, forse avremmo pensato anche a un simpatico sillogismo del genere “Tipo conosciuto la sera prima = shampoo anticaduta dei capelli”. Invece, il lunghissimo (lunghissimissimo) dettaglio sui prodotti per capelli non aveva lasciato spazio al misunderstanding: quel video – e forse perfino quella canzone – erano stati un’enorme operazione commerciale firmata Pantene.
Così i marchi entravano prepotentemente nei testi delle canzoni, con buona pace della poesia e del cantautorato. O forse no, perché in fondo ci va dell’ingegno a infilare “Sofficini” in una frase che abbia un senso.
Il rischio, una volta sdoganato il product placement musicale, era di passare attraverso una serie di hit di Baby K che canta “lucidami la piastrella come fossi il mio Mastro Lindo”, con la quasi certezza che prima o poi gli ascoltatori si sarebbero ribellati. Invece, sono arrivati i Pinguini Tattici Nucleari.
La Coca Cola e la musica
“Coca Zero” non è neanche il primo tentativo di Coca Cola di infilare il suo brand nella testa dei consumatori facendoglielo canticchiare. E forse neanche il più riuscito, visto che l’operazione “Labbra rosse Coca Cola” è stata letale per le nostre playlist. Quell’estate lì Fedez, Achille Lauro e una rinnovata Orietta Berti si sono infilati a forza nei nostri pensieri, offrendoci su un vassoio d’argento litrate di Coca Cola.
Un’operazione riuscitissima, in effetti: la Coca Cola simbolo di giovinezza, freschezza, di labbra rosse da baciare. E a dirlo erano i top influencer appartenenti a due generazioni diverse.
Ovvio che la Coca Cola quest’anno ci abbia riprovato, prendendo i più bravi ragazzi sul mercato: i Pinguini Tattici Nucleari. Però, stavolta, la Coca Cola ha fatto l’errore che fa l’ascoltatore medio: sottovalutare questa band che rappresenta una delle cose più di spessore che la musica pop di questa generazione abbia prodotto. Altro che Vasco, i PTN sono i Caparezza della Generazione Y. E lo dimostrano con Coca Zero, tanto che la sensazione è quella che la canzone sia nata per blastare il committente, la Coca Cola, appunto. Che paga una partenership dichiarata (“chi urla alla marchetta / è il primo che poi cambia“) e che si ritrova in un testo che forse mica capisce poi tanto.
Un testo che parla di differenze generazionali, di ragazzi/e che fanno coming out e di nonni/e che non li capiscono, tirando in mezzo temi complessi legati al cambiamento e all’attualità: la metafora di tutto questo, nella canzone (e nella spiegazione del testo che danno i PTN) è il fatto che non si beve più Coca Cola come una volta, bensì Coca Zero. Ma davvero solo noi leggiamo dell’ironia in questa cosa?
Di più. Noi, in questa similitudine con la Coca Zero ci leggiamo pure qualche critica. Perfino nel testo della canzone ci sembra che la scelta di ordinare Coca Zero anziché Coca Cola appartenga più alla “signora mia”, quella che commenta le situazioni senza capire davvero il cambiamento.
Di più, ancora. Associare il concetto di “Rainbow washing” a – letteralmente – pausa / lattina che si apre / sorsata di bibita / sospiro di soddisfazione, ci sembra un messaggio chiarissimo, soprattutto se associato a un brand che spesso è stato accusato a gran voce di sfruttare il movimento LGBT per vendere qualche bottiglia in più.
Ve le ricordate, a tal proposito, le etichette Coca Cola rainbow che potevano essere personalizzate con la scritta “Nazi” ma non con quella “Trasgender”, quasi fosse una parolaccia? Noi sì. E stai a vedere che forse se le ricordavano pure i Pinguini Tattici Nucleari.