La premessa è: ognuno fa come cacchio gli pare. In cucina tutto è permesso.
Anche mettere il ketchup sui maccheroni. Anche il parmigiano sugli spaghetti alle vongole: a un cliente che lo chiese, l’impeccabile maître Andrea Vannelli del Gatto Nero di Torino disse –senza fare un plissé– “certo, in Francia il connubio latticini e frutti di mare è un classico”.
Così si fa: niente snobismi, date alla gente ciò che la fa felice.
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Ciò assodato, io dico no, no e ancora no al cacao sul cappuccino. Non è affatto una questione filosofica, men che meno filologica: il cappuccino origina dal viennese Kapuziner che era con caffè, panna montata e spezie, quindi why not il cacao.
È una questione di gusto: il caffè, il latte, la sua schiuma e lo zucchero (ormai bevo il caffè senza zucchero, ma nel cappuccio secondo me ci sta) sono un’alchimia perfetta. Perfetta. Un cappuccino ben eseguito è una delizia, il modo migliore per far partire la giornata.
E perché non metterci il cacao? Direte. Del resto latte, cacao e caffè stanno benissimo assieme, per carità: vengo da Torino, la nostra bevanda simbolo –il bicerin– è proprio fatta con questi tre ingredienti.
Ebbene: io dico no. Caffè e latte bastano l’uno l’altro, sono una coppia eccezionale, non c’è bisogno di un menage a trois. Sarò un conversatore, ma sono a favore del matrimonio tradizionale, niente sesso di gruppo stile Barbieri.
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Non è necessario aggiungere niente. Nelle questioni di gusto non è vero che “più è bello”. Troppi pensano che più ci sono sapori, più ci sono ingredienti, più si può avere nello stesso prezzo – come nel caso del cacao sul cappuccino, naturalmente gratis – meglio è.
Sottrarre, bisogna. Anche la mattina presto. Anche per partire con slancio.
Ciò detto, ribadisco: ognuno fa come cacchio gli pare. Vuoi mettere il cacao? Metticelo. Ci vuoi pucciare un wurstel dentro? Ma sei un mito. Hai la mia stima.