Si può dire paraculata? Non mi viene altro modo per descrivere il video “Le ragioni di una scelta“, postato da Birra del Borgo sulla propria pagina Facebook.
Una risposta live, visibile a tutti ma rivolta soprattutto ai nerd del luppolo già fan della mitica birra ReAle, ora inaciditi come in overdose da Lambic.
Per una volta è difficile dare torto agli champagne socialist (versione inglese dei radical chic, ma beer socialist andava meglio): con la vendita del birrificio laziale al più grande produttore di birra al mondo, Anheuser-Busch Ab Inbev (lo stesso della Corona e della Beck’s, per capirsi), Leonardo di Vincenzo resta con zero quote sulle proprie creature, le tasche gonfie e il ruolo di amministratore delegato.
La sua immagine cambia da guida spirituale dei mastri birrai nostrani a guru del compromesso, che stando così le cose avrà il suo bel da fare a mantenere un briciolo di qualità e sperimentazione associato al marchio laziale.
Siccome è uomo di mondo e sa come vanno certe cose, corre ai ripari con il video salva-reputazione che, senza offesa, manco Grom (sì, quello comprato da Unilever).
Appare sconfortato ma risoluto tra i suoi amati impianti per la cotta, seduto al centro, frontman tra i membri della crew a testa bassa sul palco. Basta un fermo immagine per comprendere il contenuto di 36 minuti di discorso: “Lo so, siete arrabbiati. Ma posso spiegarvi: era inevitabile“.
Lui, proprio lui, fino a ieri paladino del piccolo ma bello, parla come se niente fosse di “unire le forze con Inbev“, che è come andare a letto col nemico.
Nel video si leggono le domande dei birrofili come a un Dopofestival di Sanremo.
C’è delusione ma il lìder maximo alimenta un briciolo di speranza che tutto resterà come prima, e invita un seguace incerto a restare tale con parole di grande saggezza: “La nostra società è operante in Italia, quindi per legge le tasse vanno pagate in Italia“.
Cercando di non farsi sopraffare dallo sconforto qualcuno chiede: “ma l’hanno capito quelli di InBev il vostro modo di fare birra?“. Insomma, vi rispetteranno, o vi metteranno nel calderone birre della domenica pomeriggio? E Leonardo risponde che sì, la loro specificità è apprezzata e sarà sostenuta. La direzione, dice taumaturgico, è la creatività e non la super-produzione.
Il video ha messo insieme 14 mila visualizzazioni (contando solo la pagina social del birrificio) e lo spostamento del topic su un nuovo tipo di eroismo: restare buoni anche se non si è più indipendenti.
Ma i dubbi restano, come esplicitano senza fronzoli intellettuali i lettori del verace Cronache di birra: “non mi sono abbonato a Mediaset dopo che SKY ha perso la Champions, figurati se vado a dare soldi al Berlusca….così non comprerò più Birra del Borgo“.
Anzi, parliamo chiaro: per alcuni Di Vincenzo è un traditore. Disertore di una lunga e sanguinosa guerra tra multinazionali e piccoli produttori, un partigiano corrotto.
Qualche giorno fa, parlando con il Gambero Rosso, Jean Hummler di Moeder Lambic, tempio della birra artigianale di Bruxelles, ha tuonato che è solo l’inizio.
Parlando dell’identità andata a rotoli dei birrifici belgi che l’industria si è comprata ha previsto che lo stesso capiterà a Birra del Borgo. Probabilmente la produzione non resterà dove si trova ora, a Borgorose, il paesino in provincia di Rieti ai confini con l’Abruzzo dove l’ex microbirrificio Birra del Borgo è stato fondato nel 2005.
Magari verrà spostata a Leuven in Belgio. Più probabilmente in Ucraina, dove produrre costa meno. Perché ovviamente per chi realizza miliardi di ettolitri risparmiare anche un centesimo al litro aiuta eccome.
Chiedetelo a un birraio artigianale quanto conta un centesimo in più o in meno per produrre la sua creatura. Nulla, vi risponderà con una certa enfasi, quel che conta è la qualità.
Leonardo Di Vincenzo però una spiegazione plausibile ce l’ha. I debiti l’hanno messo “sotto scacco“. Ora può tornare a fare il suo lavoro con serenità.
E fuor di polemica, finché la Birra del Borgo non risulterà davvero snaturata per quale motivo dovremmo smettere di berla?
Infine, se notate nel sito di Birra del Borgo compare ancora la dicitura “birra artigianale“: chissà se dopo sarà ancora così.
In Italia è da poco stata approvata una legge che cito a stralci: “Si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti (…) per piccolo birrificio indipendente s’intende un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio”.
Dommage, come direbbero in Belgio.
[Crediti | Link: Birra del Borgo, Dissapore, Cronache di birra, Gambero Rosso]