Chi altri vuole scaricare Birra del Borgo dopo Teo Musso di Baladin?

Tutto il movimento italiano della birra artigianale sta prendendo le distanze da Birra del Borgo, di Leonardo Di Vincenzo, che ha venduto a Ab InBev, gigante internazionale della birra. L'ultimo in ordine di tempo è stato Teo Musso di Birra Baladin

Chi altri vuole scaricare Birra del Borgo dopo Teo Musso di Baladin?

Voi lettori di Dissapore che siete persone di mondo ditemi: quanto può essere snob un “non ho più niente a che fare con te“?

Nella saga di Birra del Borgo, microbirrificio fondato nel 2005 da Leonardo Di Vincenzo a Borgorose, in provincia di Rieti e oggi primo birrificio artigianale italiano con una produzione annua di 12.000 ettolitri, appena ceduto al colosso internazionale Ab InBev, siamo al valzer degli addii.

Già parecchi amici (ex?) si sono esposti in prima persona spiegando che l’affetto è una cosa ma sugli affari non si scherza, loro non condividono “le ragioni di una scelta” (la scelta di vendere a una grande industria) spiegate da Di Vincenzo nel video omonimo postato sulla pagina Facebook di Birra del Borgo.

Loneardo di Vincenzo; tizio x; Teo Musso

L’ultimo ad aver preso le distanze è Teo Musso, icona della birra artigianale italiana nonché fondatore di Birra Baladin, il più noto dei nostri microbirrifici, che giusto ieri ha platealmente scaricato Di Vincenzo con un’affettuoso, diplomatico quanto categorico “ciaone”.

Musso, che sta alacremente lavorando al nuovo birrificio Baladin, che ha appena sdoganato la birra artigianale in lattina con la POP, colui che non si è mai venduto all’industria sottolinea su Facebook l’amicizia che lo lega a Di Vincenzo, ne loda le capacità imprenditoriali, ricorda i bei tempi in cui aprirono insieme l’Open Baladin di Roma, un pub dove la scelta di birre artigianali è pazzesca.

Poi però annuncia sferzante: non distribuirò più i prodotti di Birra del Borgo.

Citazione testuale: “La filosofia che guida i locali Open è di ospitare birrifici indipendenti e venendo meno questa condizione nell’assetto societario di Birra del Borgo, abbiamo deciso per comune coerenza di interrompere il servizio delle sue birre“.

Colonna; di Vincenzo

Prima di lui a servire il 2 di picche era stato Manuele Colonna, nome tutelare della birra artigianale italiana, publican del Ma che siete venuti a fà di Roma.

Nel dirsi deciso a non distribuire più ReAle, Duchessa, DucAle e le altre birre Birra del Borgo, ha confermato l’esistenza di un fronte comune già pronosticato da Jean Hummler di Moeder Lambic, tempio della birra artigianale di Bruxelles, pronto a far scudo contro le multinazionali.

Una forma di resistenza tutta europea, fatta di pub, locali e piccoli birrifici ostinatamente indipendenti “per dire no alla corsa all’acquisizione che dopo gli Stati Uniti si abbatterà presto su di noi“.

Più che linea unita, linea unica. In pratica si rubano le parole di bocca nel mondo brasserie artigianale del Bel Paese.

Non fa eccezione Diego Vitucci del birrificio Luppolo12 e di Luppolo Station, il risto-pub trasteverino noto per gli interni che evocano le stazioni degli anni 20.

Anche lui contrario a foraggiare le multinazionali ha detto che smetterà di servire il birrificio di Leonardo Di Vincenzo. Giusto il tempo di “finire le scorte”.

Seguito dalla distribuzione Domus Birrae, decisa a chiudere le porte al birrificio laziale.

jeanvanroycantillon

Come non citare poi l’esclusione di Birra del Borgo dal Quintessence Brassicole di Bruxelles, prestigioso evento biennale organizzato dal birrificio Cantillon, che per gli amanti delle birre acide, o Lambic, è come dire la Mecca per i musulmani.

Anche secondo Jean Van Roy, titolare di Cantillon, Leonardo è “prima di tutto un amico”. Ma non si può (traduzione letterale del commento che ha seguito di poche ore l’acquisizione InBev) “far entrare la volpe nel pollaio”.

A parte il ditino alzato e tutti questi distinguo, difficilmente il birrificio laziale avrà problemi di distribuzione con un gigante come InBev alle spalle.

Ma se il pregiudizio anti-Birra del Borgo contagia operatori e consumatori di birra non industriale, l’idea che i suoi prodotti siano ormai come tanti altri, delle crafly beer, caricature delle vere artigianali, potrebbe diffondersi a macchia d’olio lasciando le birre di Leonardo Di Vincenzo senza un pubblico di riferimento.

L’ipotesi è verosimile, voi come la pensate?

[Crediti foto: Birradelborgo.it, Mondobirra.org, Anne Elisabeth Næss