Helles, Pils e Marzen sono ricordi. Nel racconto di stili, sottostili e interpretazioni della birra artigianale, corredata di consigli per gli acquisti che spengano la vostra sete, siamo ormai al quarto episodio.
Vi confesso che questa rubrica mi sta dando filo da torcere. Ero divorata dai dubbi. Come proseguire cercando di dare continuità geografica (e magari storica) alla serie, pensando a ciò che si trova in Italia e a quello che magari preferite bere?
Quattro pinte dopo avevo finalmente trovato la soluzione, ma l’ho dimenticata.
Rompo quindi gli indugi: salutiamo le basse fermentazioni (ci torniamo più avanti), ma restiamo in casa teutonica. Vi racconto una storia che parla di un popolo affamato, frumento e leggi istituite per vietarne l’uso. Con un’eccezione: le weizen (aka: hefeweizen, weisse, weizenbier, wheat ale).
La storia della birra Weizen
Ricordate il duca Albrecht V che vietò la produzione di birra nel periodo estivo? Dovete sapere che l’aspirante principino era uno Wittelsbach, dinastia che tra un matrimonio con un politico e uno con un regnante del vicinato, allargò le sue potenti braccia per oltre 700 anni (dal 1180 al 1918) praticamente su mezza Europa, decidendo sorti e legiferando di questo e quello.
Nello specifico un suo predecessore, con una mano firmò la legge sull’editto di purezza (Reinheitsgebot – 1516) per impedire l’utilizzo di frumento -necessario piuttosto per sfamare il popolo- (e di fatto impedire la trattazione sui prezzi tra birrai e panificatori) con l’altra strinse accordi con i vicini duchi di Degenberg (a Schwarzach, vicino al confine ceco), concedendo loro l’eccezionale privilegio opportunamente tassato, di continuare a produrre birre con frumento.
In seguito il monopolio birrario passò direttamente nelle mani degli Wittelsbach e fu tutto un fiorire di Weizen Wittelsbach, fino a quando le lager scure bavaresi fecero crollare i consumi dello schiumoso impero di frumento.
Nel 1856 la corona vendette i diritti (e ricetta) sulla produzione a George Schneider I. Oggi la sesta generazione di Schneider continua a deliziarci con pannosi sorsi al frumento.
L’editto (anzi gli editti, originariamente ne esistevano due versioni) è divenuto negli anni manifesto da sbandierare orgogliosamente a garanzia di rigore e qualità nella produzione birraria tedesca, ma le sue origini sono legate a scopi di ben diversa nobiltà.
La legge, oggi non più in vigore, resta per molti birrai una sorta di Bibbia-disciplinare da seguire fedelmente.
Le caratteristiche dello stile Weizen
Entriamo nel mondo delle alte fermentazioni (la menzione Ale che trovate in etichetta è un sinonimo) che tradotto in due parole significa temperature di fermentazione più elevate rispetto alle birre lager e differenti ceppi di lieviti utilizzati.
Sono proprio i lieviti che, divorando gli zuccheri, ci regalano un sacco di cose meravigliose tipo l’alcol (eh!), la CO2 e tantissimi composti aromatici spesso determinanti nel caratterizzare le birre.
La weizen è un esempio calzante e dovrebbe essere grossomodo così:
SCHIUMA: abbondante, fine, pannosa e persistente.
COLORE: paglierino chiaro – dorato carico, solitamente torbida. Le versioni che troviamo più spesso in commercio sono le hefeweizen (hefe significa lievito), ovvero birre non filtrate in cui la presenza di lieviti e proteine in sospensione rende tipicamente torbido il prodotto. Le krystal sono invece filtrate, quindi limpide.
NASO: intenso e dominato da sentori fruttati, su tutti la banana, e riportarvi al mondo delle spezie, il chiodo di garofano in particolare (sia lode ai lieviti).
IN BOCCA: il sorso dovrebbe essere fresco, accentuato dalla carbonazione (le bolle, sempre loro) sostenuta. Il corpo medio, più leggero nelle versioni filtrate. L’amaro non pervenuto.
Ciò che troviamo in Italia interpreta in maniera più o meno fedele la versione non filtrata.
Le migliori birre Weizen artigianali italiane
I prezzi riferiti alla vendita al dettaglio e online, escluso quindi il servizio di somministrazione, si attestano sui 3 – 4 euro nel formato da 0,33 cl.
Inizio a storcere il naso attorno ai 4.50 (il formato da 0.50 cl sta diventando impopolare in Italia ma trovate chi continua a proporlo).
Zenit – Statale Nove
Fedeltà allo stile in questa medagliata weizen di Statale Nove, sul podio nella sua categoria nella recente edizione di Birra dell’Anno all’interno di BeerAttraction. Correte ad assaggiarla!
BI Weizen – Birrificio Italiano
Uno dei masterpiece di Agostino Arioli, il suo personale tributo alle birre di frumento. Non potete perdervela.
Charlotte BiRen – Birrificio Renazzese
Abbiamo già incontrato i birrai di Renazzo, qui ci raccontano la loro idea di Weizen.
Weizen – Manerba Brewery
Se c’è una cosa che piace ai ragazzi del Manerba è proprio il mondo teutonico. Questo è un fulgido esempio.
Domm – Lambrate
Altra bella interpretazione in stile del Birrificio Lambrate.
Beat Weizen Generation – Birrificio Indipendente Elav
A Bergamo si suonano accordi olfattivi diversi per questa weizen in cui i sentori floreali si uniscono ai fruttati dominando il naso. Interessante anche la versione ai lamponi.
Rat weizen – Montegioco
Ce ne andiamo nella nicchia in provincia di Alessandria e assaggiamo anche quella prodotta dalle sapienti mani di Riccardo Franzosi.
Batzen Weisse – Batzen Brau
Li conoscete? Iniziate con la loro weizen, potreste sentire l’esigenza di approfondire la questione e fare una gita a Bolzano.
E poi ci sono le versioni scure e gli ibridi di stile che meritano certamente menzioni e assaggi. Ma vi immagino assetati, proporrei quindi una tregua liquida così voi mi aiutate a completate l’elenco qui sopra, e io penso ai prossimi.
Dunkelweizen e Weizenbock le teniamo in cantina per ora.