Dove eravamo rimasti? Dunque, ci eravamo lasciati con l’invito all’acquisto compulsivo di Blanche, per propiziare l’arrivo dell’estate. Sembrerebbe funzionare, quindi meglio non spezzare l’incantesimo e proseguire con qualcosa di altrettanto estivo, altrettanto belga. La birra artigianale spiegata bene, guida agli stili birrari di Dissapore con annessi consigli per gli acquisti, incontra le Saison. Ed è subito estate.
La storia della birra Saison
Immaginate di essere in Vallonia (regione francofona del Belgio al confine con la Francia), in epoca preindustriale e di essere un agricoltore. La vostra azienda agricola somiglia un sacco a ciò che qualcuno, parecchi anni più tardi, avrebbe definito a ciclo chiuso.
Coltivate ortaggi, cereali e allevate bestiame indispensabile per l’auto-sostentamento ricavandone in parte reddito con la vendita, oppure barattandolo in cambio di manovalanza o altri prodotti.
E sì, producete anche birra. Di solito nei mesi più freschi dell’anno, quando le temperature sono più adatte a gestire fermentazione e maturazione, e quando le ridotte attività in campagna vi consentono di impiegare in altri modi il vostro tempo.
Non badate un granché alla ricetta, dovete fare con ciò che avete. Se l’orzo scarseggia utilizzate frumento, farro e avena in proporzioni variabili. Anche il luppolo non è sempre disponibile, talvolta evitate addirittura di usarlo e utilizzate erbe aromatiche e spezie.
Quel che è certo è che avete bisogno di una birra rinfrescante, secca e non troppo alcolica, adatta alla stagione calda che si avvicina. Un nettare da consumare nelle assolate giornate lavorative. La vostra Farmhouse insomma (come le chiamano gli americani), ovvero l’archetipo delle Saison.
Birre stagionali e da lavoro dunque, consumate (in copiose quantità) da agricoltori e classe operaia, storicamente non prodotte da birrai, ma accomunate piuttosto dalla abitudine di trasformare le materie prime prodotte nelle aziende agricole.
Due guerre mondiali, industrializzazione, agricoltura intensiva (l’avvento delle lager) hanno cambiato radicalmente il modo di fare agricoltura e di brassare. Queste birre stagionali (saisòn in francese indica genericamente una stagione, in questo caso l’estate) hanno avuto momenti di declino, sino a rischiare di scomparire negli anni ’60.
Nel mentre però, ciò che per necessità e tradizione aveva ben poche regole stilistiche (e quindi i più disparati risultati nel bicchiere), si stava sempre più definendo, grazie soprattutto a una più consapevole gestione di materie prime (acqua, lieviti, ecc.) e processi produttivi.
Potrei sintetizzarla così l’essenza di Brasserie Dupont, il birrificio cui è legata la nouvelle vague di ciò che oggi chiamiamo saison.
Il presente ci consegna uno scenario dove coesistono entrambi gli approcci e filosofie. Prodotti ‘alla Dupont’ (birrificio belga che produce una saison molto nota) e altri che attingono a una più antica e (rustica) arte di produrre birra, quindi spazio a botti, fermentazioni spontanee, utilizzo di materie prime inusuali e via discorrendo.
Le caratteristiche dello stile Saison
Parliamo di birre ad alta fermentazione, che come abbiamo visto ammettono tutta una serie di variabili. Provo a darvi un’idea di cosa trovate nel bicchiere, concentrandomi in particolare sulle versioni odierne dello stile:
ASPETTO: schiuma densa, abbondante e persistente di colore variabile in funzione del malto di base (dal bianco all’avorio).
Ovviamente anche il colore cambia in funzione della miscela di cereali utilizzata. Le versioni più chiare (le più comuni) solo solitamente sul dorato carico – ambrato. Le versioni più scure virano sul ramato – marrone scuro. Anche la limpidezza è variabile, solitamente si presentano abbastanza torbide.
AL NASO: definire l’aroma di uno stile che, anche storicamente, ammette parecchie variazioni sul tema (dalle miscele dei malti all’utilizzo di spezie) è un esercizio frustrante perché incapace di fotografare le innumerevoli sfumature nel calice.
Abbiamo però alcune caratteristiche, tutte collegate alla scelta del lievito (da “saison”, appunto) e il suo metabolismo (quando si mangia gli zuccheri) che ci regala intense note fruttate (agrumate), speziate (il pepe su tutte) e di crosta di pane, divenute ormai firma di tipicità. Completano il tema le variazioni sulla scelta delle materie prime, in genere ci pensa il luppolo (altrettanto usuale) con sentori floreali, fruttati e talvolta terrosi.
Ma anche spezie, erbe aromatiche, frutte, fermentazioni spontanee e passaggi in botte possono contribuire a impreziosire l’aroma caratteristico nelle versioni in chiave farmhouse. Non dimentichiamo poi il contributo dei malti che, soprattutto nelle versioni più scure, può emergere con più intensità.
IN BOCCA: le saison sono solitamente ben attenuate (secche) e belle carbonate (carbonazione sta alla birra come perlage sta al vino). Sono probabilmente le due caratteristiche che accomunano le diverse variazioni sul tema.
Ci sono versioni meno corpose e alcoliche (3,5- 5 % vol) in cui la freschezza (nota acidula) si palesa con più intensità, e versioni con maggior vigoria etilica (7- 9,5%) e complessità. Va da sé che anche il sorso vari in modo sostanziale. Anche l’amaro è variabile, nelle versioni luppolate è ovviamente presente, ma non dovrebbe mai avere un ruolo da protagonista.
Le migliori birre Saison artigianali italiane
Le interpretazioni italiane sono lo specchio di questa libertà stilistica a cavallo tra passato e presente. I prezzi, riferiti alla vendita al dettaglio e online (esclusa la somministrazione) si aggirano sui 4- 5 Euro per il formato da 0,33 cl.
Wallonië, Straff – Extraomnes
Il tributo del birraio Schigi D’Amelio lascia al lievito (come da manuale) il compito di caratterizzare il naso, arricchito dal fresco contributo del luppolo (Saaz) che completa il tema olfattivo. La Straff? Vi punirà.
Duenna – Barley
La Sardegna è terra di grandi ricchezze paesaggistiche, e pure grandi birre. Duenna è un’ interpretazione dal naso goloso e amaro deciso, ottimamente integrato nel sorso.
Saison De L’Ouvrier (e variazioni sul tema) – Loverbeer
Tra i migliori equilibristi in fatto di fermentazioni spontanee (non solo in Italia), il domatore di botti Valter Loverier si cimenta in questa kermesse nel bicchiere ripercorrendo la storia della bevanda, una sorta di omaggio alle tradizionali farmhouse in diverse versioni.
Alla capostipite Saison De L’Ouvrier, fermentata usando i lieviti della Beerbera (prodotto a fermentazione spontanea con aggiunta di mosto di Barbera), si sono aggiunte la Cardosa con cardi gobbi, la Violetta (indovinate?), la Serpilla con timo serpillo e la Griotta con ciliegie griotte. Se siete cultori dello stile e avete la fortuna di trovarle (vanno a ruba) non lasciatevele scappare.
Malombra – birrificio Endorama
Ispiranzioni luppolate ben riuscite anche in quel di Grassobbio, provincia di Bergamo, con l’interpretazione di Simone Casiraghi.
Sibilla, Tabularasa, Oceania e Tonki -shu – Toccalmatto
Pare che le saison piacciano parecchio anche in quel di Fidenza, dove non mancano gli omaggi allo stile: dall’odierno classicismo alla Dupont della Sibilla, alle interpretazioni americaneggianti di Tabularasa e Oceania sino ad arrivare alla calda versione con lo Yuzu. Niente, vi tocca provarle tutte.
The Dark Side of Saison – Birrificio Ofelia
A Sovizzo, nel Vicentino, ci si incipria il naso con un miele di tiglio locale.
Wayan – Birrificio Baladin
Teo Musso non ha mai fatto mistero della sua predilezione per le spezie, gli amari innocui e le note maltate. L’intera produzione sintetizza (all’incirca eh) questo pensiero. Non poteva non amare le saison insomma. Cinque cereali, nove spezie (di cui cinque pepi) e la Wayan è servita.
Trupija – ‘A Magara
La scena artigianale sta facendo sentire la sua voce anche nel sud Italia, che paga forse lo scotto di essere partito più tardi rispetto al nord (e probabilmente di non essere comunicato a dovere). È di Nocera Terinese (CZ) questa interpretazione con scorza d’arancia.
Quadro – Barbaforte
La Beerfirm trentina (si appoggiano a Manerba Brewery per la produzione) ci propone un’interessante versione arricchita con scorze d’arancia dolci, coriandolo, radice di genziana e rafano fresco.
Intensità e ampiezza aromatica, freschezza, secchezza, di solito ben presenti, e amaro innocuo, rendono questi nettari parecchio versatili anche in abbinamento con il cibo. Tartare di gamberi stasera? O magari burrata e pomodorini? Panzanella? Insalata greca? Fritto di Paranza? Zaru soba?…
Bene, ho ufficialmente fame e sono le 16,30. Sarà illegale iniziare con l’aperitivo ora?
[credit: les Bières belges; Beer and Brewing]