L’ultima volta ci eravamo salutati con un corposo elenco di Rauchbier e la grigliata estiva attorno al fuoco con gli amici, il vino e l’immancabile chitarra.
Oggi riprendiamo il viaggio con la birra artigianale spiegata bene<: guida ai diversi stili birrari con annessi consigli per gli acquisti.
Salutiamo il rigore tedesco. Dunque dopo Helles, Pils, Marzen, Weizen, Bock, Kolsch, Berliner Weisse, Gose e Rauchbier ci spostiamo finalmente in Belgio, a caccia di Blanche e sentori speziati.
La storia della birra Blanche
Siamo nel tardo medioevo, in quell’area delimitata dalle vallate di Bruxelles a sud, di Mechelen a nord da Maastricht e Liegi (le Fiandre) a est, ovvero la culla oggi di alcune tra le birre di frumento (witbier in fiammingo) più note al mondo.
In quest’area si trova Hoedgaarden, paesino a 30 km di Bruxelles cui è legata la storia dello stile, di certo la sua riscoperta.
Qui la produzione si caratterizzava per il generoso utilizzo di frumento (oltre ad orzo, segale) e il fondamentale contributo delle spezie (coriandolo, buccia d’arancio) per incipriare il naso di questo nettare certamente più corroborante dell’acqua, ma spesso assediato da afrori fermentativi di difficile approccio (puzze, insomma).
La cittadina ha vissuto anni di grande produttività dal XVI al XVIII secolo, in parte grazie all’insediamento dei padri Begardi (laici che vivevano in povertà denunciando i soprusi del Clero e spostandosi di villaggio in villaggio) che iniziarono a produrre birra presto emulati dai contadini della zona.
Due guerre mondiali e l’avvento delle lager hanno minato a tal punto la popolarità della bevanda da decretarne la morte apparente alla fine degli anni ’50, quando anche l’ultimo birrificio della zona aveva cessato la produzione.
E’ stato Pierre Celis, lattaio di Hoegaarden, a salvare e rilanciare lo stile. Celis, che aveva lavorato per un birrificio della zona, evidentemente carpendo qualche segreto, nel ‘66 ha fondato la Brouwerij Celis (in seguito ribattezzata De Kluis) e iniziato a produrre la sua birra bianca chiamata appunto Hoegaarden, in omaggio alla cittadina.
Le caratteristiche della birra Blanche
Parliamo di una Ale, cioè di una birra ad alta fermentazione, di frumento, come nel caso delle weizen infatti prevede l’utilizzo del cereale nella ricetta ma che, a differenza delle cugine tedesche, si esprime nel bicchiere all’incirca così:
ASPETTO: schiuma bianca e densa, di media persistenza. Liquido torbido tra il paglierino e il dorato chiarissimo nel bicchiere.
AL NASO: primeggia solitamente le speziatura, in particolare le note erbacee fresche/balsamiche e lievemente agrumate del coriandolo. Importante il contributo del lievito che sorregge e completa i sentori percepiti dal naso. Non dovreste sentire aroma di luppolo;
Non dovreste avvertire nemmeno la fastidiosa e talvolta presente nota saponosa che può caratterizzare il coriandolo.
Come ci spiega il chimico Dario Bressanini non è tutta colpa del coriandolo (che fa solo il coriandolo) e nemmeno del birraio (non sempre diciamo), piuttosto ha a che fare con la nostra sensibilità olfattiva nei confronti di alcune molecole che ne compongono l’aroma.
IN BOCCA: l’apporto del frumento ringalluzzisce la freschezza (acidità), insieme alla carbonazione (anidride carbonica), il corpo abbastanza snello e il tenore alcolico contenuto (4,5- 5,5% vol.). Tutto rende il sorso piacevolmente fresco e di facile approccio. Non dovreste percepire amaro.
Le migliori birre Blanche artigianali in Italia
Dal rischio di estinzione alla grande popolarità. Eccovi una selezione di quanto di meglio potete assaggiare nelle interpretazioni italiane.
L’elenco è caratterizzato più da rivisitazioni anziché cloni, vuoi per affermare un’identità, vuoi perché l’attinenza allo stile è talvolta un esercizio complesso. I prezzi, riferiti alla vendita al dettaglio, escluso il servizio di somministrazione, si attestano sui 3,50 – 4,50 € per il formato da 0,33 cl (ma prendere lo 0,75 santiddio).
Fiordalisa – Manerba Brewery
Tra le versioni più fedeli allo stile la Fiordalisa di Manerba del Garda.
Friska – Barley
Rivisitazione sul tema più corposa e complessa. Una delle molte opere alchemiche di Nicola Perra.
Seta, Seta Special e Seta Sour – Birrificio Rurale
Assaggiatele tutte, magari in quest’ordine. Rurale ci propone un’escalation nel bicchiere, arricchita con Bergamotto (nella versione Special) e inoculo lattico (aggiunta di batteri lattici) nella versione Sour.
Asia – Hammer
L’interpretazione di Hammer alza l’asticella della complessità aromatica grazie a una miscela di agrumi, spezie orientali, e Sorachi Ace (luppolo giapponese).
Tzara – Dada
La rivisitazione proposta dal birrificio Dada lascia in panchina la speziatura tradizionale (niente coriandolo) e sceglie due punte luppolate (Nelson Sauvin e Hallertauer Hersbruker) per animare il gioco aromatico.
Bianca Piperita – Birrificio Opperbacco
Opperbacco sceglie invece un mix di luppoli americani ed europei, la menta piperita e il miele (abbruzzese) per caratterizzare la sua versione.
Bianca – Bruton
Ci spostiamo a Lucca per assaggiare la golosa interpretazione proposta da Bruton.
Cento Volte Forte – Birrificio del Forte
Bergamotto, arancia amara e coriandolo (come da copione) si contendono il naso nella versione proposta dal Birrificio del Forte.
Saggia – Birra dell’Eremo
Saggiamente dissetante anche l’interpretazione proposta da Birra dell’Eremo.
Tra le birre estive più gettonate sapranno accompagnare degnamente l’agognato trittico ‘sole, sabbia, salsedine’. Nel mentre suggerirei l’acquisto compulsivo come gesto propiziatorio. Si sa mai il clima scozzese di questo inizio estate decida di tornarsene a casa.