Dopo aver esplorato Helles, Pils, Marzen, Weizen, Bock e Kolsch (giuro che non è un elenco dissimulato di parolacce tedesche), riecco la rubrica di Dissapore che racconta stili, sottostili, non stili della birra.
Con in più un elenco di consigli per gli acquisti che vi farà aumentare la salivazione, promesso.
Stiamo per salutare il mondo teutonico, fremo all’idea di portarvi altrove, ma non prima di aver dato spazio a un paio di chicche che, sulla scia di questa nouvelle vogue luppolata, sono state riscoperte e stanno conquistando i palati di nuovi adepti.
Cosa vado blaterando? Non vi spaventate per i nomi ma parlo di Berliner Weisse e Gose, ovvero:
“gli ultimi baluardi delle birre di frumento con quel profilo sensoriale un po’ così della Germania settentrionale. Due importanti collegamenti a una tradizione durata fino a pochi decenni fa” (Jeff Alworth).
E invece, caro Jeff, in qualche modo la tradizione delle birre acide è stata riscoperta e ha contagiato anche alcuni birrai italiani. Magari un filo imborghesita, talvolta ripulita o al contrario, volutamente arricchita di rusticità olfattive che fanno tanto ‘cantina del nonno’.
Per chi ha (ri)scoperto la propensione alle acidità sostenute le birre consigliate oggi potrebbero essere vere golosità.
La storia delle Berliner Weisse e delle Gose
Nella Germania di fine medioevo (e non solo) era pratica comune utilizzare frumento per produrre birra, nonostante leggi (editto di purezza, 1516) ne avessero vietato l’utilizzo al grido di “il popolo è affamato”.
Quindi è ragionevole pensare che diversi tipi di birre ne contenessero almeno un po’ nella ricetta.
Ed è altrettanto ragionevole pensare che le tecniche utilizzate per produrle avessero più a che vedere con necessità, casualità e approssimazioni, anziché finezze produttive, e che quindi quasi sempre questo si esprimesse con profili sensoriali un tantino bizzarri.
Inacidimenti e nasi formaggiosi non erano vezzi intenzionali insomma, piuttosto la naturale conseguenza di fermentazioni in cui non si sapevano (o potevano) gestire le variabili, e che talvolta si sceglieva di ammansire con spezie, frutta, erbe aromatiche, ecc.
Questi due stili, seppur con peculiarità che vedremo in seguito, condividono molto di ciò che ho scritto.
Le caratteristiche degli stili Berliner Weisse e Gose
Berliner Weisse
Qualche indicazione sulla zona geografica e sulle similitudini stilistiche sono contenute già nel nome dato allo stile.
Questa specialità Berlinese nota già nel 1600 (che le truppe Napoleoniche definirono lo champagne del nord) è una Ale (sinonimo di alta fermentazione) di frumento, ma che, a differenza delle weizen, si esprime nel bicchiere all’incirca così:
ASPETTO: schiuma compatta e bianca. Liquido paglierino chiaro e abbastanza limpido nel bicchiere;
NASO: dominato da sentori fruttati, quella frutta acidula (un generico agrume e mela verde e non ci sbagliamo) che in qualche modo preannuncia il sorso. Potrebbe ricordarvi anche il cereale e l’impasto del pane in fermentazione;
IN BOCCA: spiccata acidità, frutto di fermentazioni lattiche spontanee (svolte dai batteri lattici naturalmente presenti sui chicchi dei cereali, che trasformano gli zuccheri in acido lattico anziché alcol), oggi riprodotta inoculando batteri lattici.
Tutto sostenuto dalla carbonazione spinta (frizzantezza, bolle, CO2, sempre lei), che assieme al poco alcol (2,8- 3,8 % vol.) e al corpo snello, rendono il sorso fresco e succoso. Amaro non pervenuto.
Alcune versioni godono della presenza di Brettanomiceti (nome in codice Brett, lieviti che caratterizzano le birre con specifici tratti olfattivi), vuoi per interpretare più fedelmente ciò che secondo alcune fonti completerebbe il profilo aromatico delle Berliner, vuoi per ingolosire i molti birrofili che apprezzano quel sottile ‘piacere’ da sniffata di calzino sudato e altri fantastici profumi tipici del metabolismo di questi lieviti.
Tradizione vorrebbe che, per mitigare la loro spiccata acidità, queste birre vengano servite aggiungendo sciroppi di asperula o lampone (che donano al contempo il caratteristico colore verde e rosso intenso).
Nel caso foste a Berlino e ordinaste una Berliner Weisse è abbastanza probabile vi venga chiesto quale versione preferiate bere. A voi la scelta (anche di non edulcorarla, eh).
Gose [le salate di Lipsia]
Lo stile si consolidò e diffuse a Lipsia, di fatto questa birra è il simbolo birrario della cittadina, ma fu Goslar (1700- inizi 1800) a dare i natali e il nome allo stile.
Pare che la zona fosse ricca di cave da cui si estraevano minerali e che tra questi il sale disciolto nelle falde rendesse l’acqua (la stessa usata per produrre birra appunto) leggermente salata. Ciò che in sintesi rende unico lo stile.
Unicità incompresa a tal punto da essere scomparsa per una ventina d’anni (metà anni ’60- inizi ’80) quando anche l’ultimo birrificio cessò la produzione e nessuno volle raccogliere quella salata eredità.
Ma grazie alla tenacia di Lothar Goldhahn (gestore di un pub a Lispia), lo stile è stato salvato dall’oblio e gode oggi di nuovo appeal.
Anche in questo caso siamo di fronte a una Ale al frumento acidula, in cui però coriandolo, sale e un maggior tenore alcolico completano il sapore, caratterizzando lo stile che nel bicchiere dovrebbe esprimersi così:
ASPETTO: schiuma bianca, compatta e abbondante. Il goloso nettare si presenta dorato e abbastanza torbido;
AL NASO: coriandolo e note citriche primeggiano in questo fresco bouquet in cui non mancano rimandi fruttati e il più modesto contributo del cereale, anche in questo caso potreste avvertire flebili sentori di pane;
IN BOCCA: la freschezza (acidità) è ben presente, ringalluzzita dalle bolle ma bilanciata dalla presenza del sale, moderatamente percepibile, mai aggressivo.
Il corpo maggiore e qualche grado alcolico in più rispetto alle Berliner (4.2 -4.8 % vol.) rendono il sorso leggermente più rotondo e complesso, pur conservando le caratteristiche di freschezza e pericolosa bevibilità.
Le migliori Berliner Weisse e Gose artigianali italiane
Sono poche le birre italiane sul tema ma gli sparuti estimatori fanno capolino anche nel nostro Paese. I prezzi, come sempre riferiti alla vendita al dettaglio e online, escluso quindi il servizio di somministrazione, oscillano dai 4 ai 5 Euro per il formato da 0,33 cl.
Berliner Weisse
Berliner weisse – CANEDIGUERRA
Freschezza giustamente gagliarda e birra da bere a secchiate quella proposta da Canediguerra.
Gaballuss – Carrobiolo
3 gradi alcol di citrica felicità nella versione proposta da Carrobiolo. Disponibile solo in fusto (e nelle loro spine, ahinoi).
Dr. Caligari (doppel raspberry berliner weisse ) – Toccalmatto
In quel di Fidenza si è pensato a una variazione sul tema più corposa e alcolica, impreziosita dai lamponi freschi.
Queste invece le interpretazioni sul tema Gose
Margose – Birranova
Donato di Palma utilizza l’acqua di mare dell’Adriatico, opportunamente depurata, in questa golosa interpretazione in cui fa capolino anche l’apporto del luppolo (non è sul sito ma è in vendita, giuro!).
Salada – Birrificio Lariano
Sale marino dalla Sicilia (ah, le saline!) e coriandolo per la “simil Gose” di Lariano.
Belle Gose – Civale/ Montegioco/ Croce di Malto
Interpretazioni stilistiche a 8 mani in questa collaboration brew con sale bianco e rosa.
La Marsilia – Birra amiata
Sembra proprio un tributo allo stile quello che si legge nel lungo e interessante racconto dei fratelli Cerullo. Marsiglia nel calice e buona lettura.
Salty Angel – Toccalmatto
Reinterpretazione con sale Maldon e ribes rossi in questo bell’esercizio di eleganza di Toccalmatto.
Direi che abbiamo acidità a sufficienza per sgrassare quantità considerevoli di tartine al salmone (e burro salato magari), con un modestissimo apporto alcolico. Ma che volete di più?