La cattiva notizia è che gli scienziati si sono arresi al valore divulgativo delle fake news, riconoscendo nel sensazionalismo un’arma utilissima alla propria vanità. Quella buona, direi ottima, è che anche oggi non siamo costretti ad avere un’opinione definitiva sulla biodinamica, perché l’Italia non finanzierà il cornoletame.
Lo dice la scienza
E questo al netto di titoli come “Coltivare con l’abracadabra. Soldi pubblici sull’agricoltura biodinamica”. “Corna di mucca e teschi, la biodinamica è legge (e fa infuriare la scienza)”. “Cosi l’Italia finanzia cornoletame e vesciche di cervo”, giusto per citare alcune tra le decine di testate che si sono mosse sulla scia delle parole della senatrice a vita e farmaceuta Elena Cattaneo, oppostasi duramente al tanto atteso Ddl sull’agricoltura biologica (giusto ieri sera la stessa Onorevole ridacchiava con Roberto Burioni, ospite da Fabio Fazio, “sull’antiscienza della biodinamica” affrontata in Parlamento).
D’altronde la comunità scientifica aveva inviato un’accorata lettera al Senato, di fronte alla quale persino un sito che fa debunking di mestiere come Bufale.net non ha retto il colpo e ha bollato come notizia vera “Il Senato a favore del cornoletame“.
“Può il Paese di Galileo Galilei sostenere economicamente pratiche magiche?”, chiedono i 20 scienziati firmatari. Ebbene, la risposta è no: non può.
L’unica cosa da dire
Nonostante il Ddl sul biologico passato al Senato – che ora torna alla Camera e si vedrà – , equipari il “metodo di agricoltura biodinamica” a quella biologica, la biodinamica in quanto tale non può essere sostenuta dallo Stato. Perché semplicemente, a differenza dell’agricoltura biologica, non gode di una certificazione ufficiale. Ed è assurdo che quella che di fatto è la misura applicativa di un regolamento comunitario possa essere considerata lo strumento per finanziare “il cornoletame”: la legislazione europea non prevede di sostenere la biodinamica.
Me lo ha spiegato bene Maurizio Gily, agronomo e docente presso l’Università di Scienze Gastronomiche, che qualche giorno fa ha scritto l’unica cosa sensata nel merito, ripresa da molti:
https://www.facebook.com/MaurizioGily/posts/10222840151586136
Insomma, lo scopo del Ddl n.988 è “la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico”. Il biologico, quello con la foglia stilizzata composta di stelline su sfondo verde: il marchio europeo che tutti conosciamo e che, detta fuori dai denti, semmai viene criticato per regole troppo permissive. Altro che stregoneria. A chi si fregia di quel marchio è rivolta la salvaguardia e la promozione dello Stato: se un’azienda biodinamica è anche certificata biologica allora riceverà gli aiuti dedicati, altrimenti non sarà certo sostenuta in virtù dell’uso di cornoletame.
E poi, “Sulla base di cosa lo Stato dovrebbe riconoscere la biodinamica? Dovrebbe delegare a un privato, ma non se ne sta certo parlando”, mi spiega ancora Gily, riferendosi a certificazioni private come Demeter o Respekt.
Dunque, e la domanda sorge proprio spontanea, perché aggiungere la parola “biodinamica” all’articolo 1 del Ddl? Perché quell’equiparazione, che ha fatto infuriare l’accademia delle scienze tanto da farle prestare il fianco a una fiumana di articoli fallaci?
“Sembra più un riconoscimento formale del fatto che questa denominazione esiste, ma questo non cambia nulla. Era evitabile? Sì. È un primo passo? Possiamo pensare che ci siano state pressioni per questo primo passo? Forse. Può darsi che d’ora in poi qualche campagna sul biologico possa citare anche il biodinamico? Può darsi. Giudicheremo poi”.
Di quale biodinamica stiamo parlando?
Di fatto, il biodinamico si può leggere come un “sottoinsieme” del biologico, con regole assai più stingenti. Ma senza la certificazione europea (quella del biologico si intende) i dettami che la biodinamica si impone non sono utili alle aziende che le seguono. Dettami che, vuoi per la rabbia degli scienziati di cui sopra, sono sotto l’occhio di bue. E si parla di stregoneria.
“Si citano la pelle di topo e la vescica di cervo come se rappresentassero la biodinamica odierna. Da Rudolf Steiner la biodinamica si è parzialmente allontanata dagli aspetti esoterici: oggi si basa su concetti che sono in parte dell’agronomia classica e in parte dell’agronomia moderna, che parzialmente divergono e convergono con la scienza ufficiale. Si conservano la dinamizzazione e l’uso di preparati come il cornosilice (polvere di quarzo) e il cornoletame, mentre altri concetti come il ciclo del carbonio, umificazione della sostanza organica e la biostimolazione non hanno proprio nulla di esoterico”, continua Gily.
“Non c’è scritto da nessuna parte che la biodinamica sia un metodo scientifico, ma non sta comunque al parlamento stabilire cosa abbia validità scientifica. E il fatto che non sia un metodo scientifico, aggiungo, non significa che tutto ciò che implica sia sbagliato o non abbia un valore”.
Io che un’opinione sul valore dell’agricoltura biodinamica non ce l’ho, mi domando: eminenti rappresentanti della scienza, se tanto è alle aziende biologiche che sono destinati i fondi (e lo sapete..), cosa vi importa se i loro produttori credono in cose diverse dalle vostre? Seguono gli standard dell’agricoltura biologica e per quello meritano il nostro sostegno, benché poi ululassero alla luna prima di imbottigliare, che problema ci sarebbe?