Si chiama Bar Leone. Potrebbe stare in una qualsiasi piazzetta assolata di un paesino di provincia italiano, con fuori i vecchietti con la coppola in testa seduti sulle sedie di plastica, quelle del gelato Sammontana, che giocano a carte e fumano qualche sigaretta. Avete presente quest’immagine? Certo che sì, che domande. Di certo ce l’ha presente Lorenzo Antinori, che ieri è stato incoronato il migliore di tutta l’Asia, lui e il suo locale. Perché il fatto è che il Bar Leone non sta in una paesino sperduto nell’entroterra italiano. No, il bar Leone sta in una megalopoli, e precisamente ad Hong Kong, e da ieri è l’Asia’s Best Bar, che entra nella storia non solo come numero uno, ma anche comoe primo caso in assoluto di ingresso in classifica direttamente al primo posto.
Il successo del Bar Leone, spiegato bene
“Il miglior bar di tutta l’Asia è italiano”, hanno titolato tutti, e in effetti così abbiamo titolato anche noi. Ma non è questa la notizia. Perché di Italia, nei cocktail bar più famosi del mondo, ce n’è in effetti sempre stata. Per dire: il Paradiso, miglior cocktail bar 2022, è il locale spagnolo del nostro Giacomo Giannotti. E al Sips, primo dello scorso anno (sempre a Barcellona), c’è lo zampino del nostro Simone Caporale.
Dunque no, il fatto che gli italiani ci sappiano fare con bar, drink e compagnia bella non è una gran notizia (a parte il fatto che aspettiamo di veder salire in classifica uno dei nostri bar, ma questa è un’altra storia). La notizia, nel Bar Leone, è che a vincere in Asia non è soltanto un bar italiano, ma il bar simbolo dell’Italianità.
Basta guardare le immagini del bar di Lorenzo Antinori per capire di cosa parliamo: l’aspetto del bar Leone è esattamente, come dicevamo, quello di un bar della provincia italiana. Di un qualsiasi paesino. Il bar dei nostri nonni, quello dove da piccoli compravamo un ghiacciolo con una monetina. Quello con il perlinato alle pareti, le foto dei calciatori, le cartoline inviate dai clienti, i bicchieri da vino d’osteria e i posacenere di plastica dei grandi brand di amaro. Ah già, e gli amari. Quelli con cui, dal Cynar in poi, il Bar Leone ha costruito parte della sua fortuna, portando ad Hong Kong un prodotto tipicamente italiano, e poco diffuso all’estero.
Cosa possiamo imparare da Antinori
Dunque la verità è che Antinori non vende (solo) cocktail. Lui vende l’Italianità. E l’Italianità piace un sacco. I suoi drink (che per sua stessa definizione sono “popolari”, spesso premiscelati, in un’idea di fruizione semplice, veloce, amichevole) sono solo parte di un progetto riuscito, che porta un pezzetto d’Italia dall’altra parte del mondo.
E che ci insegna che è anche questo il Made in Italy su cui dovremmo puntare. L’eccellenza, ovviamente, ma condita con l’atmosfera, con quel tocco di realismo che solo l’Italia sa avere, agli occhi di un pubblico internazionale. Non solo la Dolce Vita e la Costiera Amalfitana, che quest’estate riempie il marketing dei brand alcolici come mai prima, in una ridondanza che rischia di nauseare. Quel che piace al pubblico è l’Italia di un tempo, quella vera, quella che ancora i turisti vanno cercando quando vengono da noi e che non sempre trovano. Anzi, talvolta è più facile trovarla ad Hong Kong.