12 drink analcolici per non sentirsi esclusi

Bere senza alcol è un trend in crescita. Ecco 12 drink analcolici per non sentirsi esclusi, da kombucha a kefir, shrub, tonica, acqua frizzante

12 drink analcolici per non sentirsi esclusi

Il settore dei drink analcolici non è mai stato così interessante e variegato. Che si tratti di astemi, ex bevitori o semplicemente sober curious, il trend del bere senza alcol è in aumento, soprattutto fra i giovani. Le occasioni di ritrovo sociale non devono essere per forza alcoliche, e i virgin drinks sono una valida e (più) sana alternativa per non sentirsi esclusi.

Alcol e socialità andranno pure a braccetto, peccato che lo stesso valga per dipendenza, malattie e tumori. Dal 2010 l’etanolo è inserito nella categoria delle sostanze cancerogene di tipo 1, al pari di fumo per intenderci. E sì, vale anche per il vino del contadino: non ci sono polemiche che tengano.

Tuttavia è anche vero che se l’alternativa analcolica equivale al soft drink pieno di zucchero, tanto vale. Per questo abbiamo selezionato 12 drink analcolici che rispettino, per quanto possibile, le caratteristiche che normalmente chiediamo a birra, spirits & co. Gusto prevalentemente amaro e acido, presenza di fermentazione e possibilmente bollicine. Ecco quali sono, da kombucha, kefir, shrub fino alla cara vecchia acqua frizzante.

Kombucha

Kombucha

La kombucha è il tè fermentato con coltura SCOBY, simbiosi di batteri e lieviti che si nutre di zucchero e caffeina. La sua azione trasforma un semplice tè dolce in una bevanda probiotica e viva a tutti gli effetti. La kombucha tende ad avere leggera effervescenza e sapore acidulo, caratteristiche che la rendono ideale come drink dissetante e mixer per cocktail.

Potete farla in casa, con le dovute accortezze, oppure affidarvi alle breweries artigianali  disseminate lungo tutta la penisola. Qualche esempio? Legend Kombucha, che fra gli altri propone il gusto mojito; Live Barrels, che eccelle nel caffè verde e si è anche inventata una kombukola contro il sistema; Orti Geometrici, le cui botaniche (zafferano, elicriso, salvia) non sfigurerebbero in un mixology lab.

Kefir d’acqua

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Spesso il kefir viene proposto come alternativa allo yogurt, e ci sta. Tranquilli, non vi proponiamo il beverone di latte, vaccino o vegetale che sia, come drink da pasteggio. Il focus è sul kefir di acqua, realizzato con appositi granuli tibiscos. Anche in questo caso si tratta di lieviti e batteri che regalano una bevanda probiotica ed effervescente di media acidità.

Spesso, a differenza della kombucha, il kefir risulta meno o quasi per nulla dolce. Rimangono però spiccati gli aromi a base di frutta di stagione, erbe e spezie. Sbizzarritevi a prepararlo in casa, e non gettate i granuli! Curati con attenzione, si riattivano alla fermentazione successiva.

Ginger beer

Ginger-beer

Forse ce l’avrete presente come componente essenziale del Moscow Mule, ma la ginger beer sa essere irresistibile e deliziosa tal quale senza aggiunta di alcol. Originaria dei Caraibi, è una bevanda fermentata naturalmente a base di radice di zenzero. Lo starter è il Lactobacillus, batterio lattico tipico di yogurt e cetriolini.

Perché non includiamo la ginger ale? Perché si tratta di un soft drink non fermentato, con anidride carbonica aggiunta e percentuale più alta di zuccheri. Preferite dunque la beer alla ale (il consiglio non vale naturalmente in campo brassicolo).

Tonica

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Il gin tonic senza gin si può fare, basta scegliere la tonica giusta. Da troppo tempo infatti, considerata il mixer per eccellenza, si tende a sottovalutarla. Eppure già agli esordi la tonica aveva un ruolo importantissimo: quello di bevanda medicinale anti-malaria grazie all’aggiunta di chinino. Introdotta nelle colonie inglesi tropicali del Diciottesimo secolo, la tonica dissetava e curava allo stesso tempo.

Storicamente dunque è caratterizzata da intenso retrogusto amaro, e non sorprende che ai coloni dell’epoca venisse più facile mandarla giù con una bella dose di gin. Le toniche odierne però si sono evolute, esprimendo un bouquet complesso che va dal citrino al floreale al balsamico. Ovviamente parliamo di quelle artigianali, le uniche che valga la pena degustare.

Distillati analcolici

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Si parlava di gin, appunto. Ma mettiamo in mezzo anche vodka, tequila, whisky, bourbon, rum e quant’altro. Da anni esistono validissime alternative ai distillati, i cosiddetti non-alcoholic spirits. La prova del nove è il bicchiere, e vi assicuriamo che a livello gustativo non è facile distinguere tra cocktail “sobri” e regolari.

Il processo produttivo varia da azienda a azienda. C’è chi distilla più volte per ridurre l’alcol, chi utilizza tecniche studiate ad hoc, chi salta la fermentazione così da eliminare l’etanolo alla radice. In tutti i casi si cerca di estrarre il più possibile gli aromi così da conservarli intatti, tali e quali agli “originali”, meno l’alcol. Perché no, se poi la differenza non si sente?

Nitro cold brew

Nitro-cold-brew

Il drink fresco e cremoso che non ti aspetti è il nitro cold brew. In pratica si tratta di un cold brew infuso con idrogeno, che rende la consistenza vellutata e il sapore più dolce senza aggiunta di zucchero. Questo perché l’azione dell’idrogeno è capace di ridurre l’amaro del caffè.

Sarà un caso che il Double Chicken Please, miglior bar del Nord America del 2023, lo proponga come unica alternativa zero-proof a fronte dell’eclettica proposta di cocktail? Secondo noi no, e vi incoraggiamo a fiondarvi al coffee specialty più vicino per assaggiare con le vostre papille.

Shrub

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Le bevande a base di aceto stanno facendo il botto, specialmente come integratori salutisti e probiotici. Prima del trend però c’è la tradizione, in questo caso risalente al 1600-1700, che per prima ha sdoganato lo shrub. Questo in origine era uno sciroppo di frutta, zucchero e aceto fatto apposta per essere mischiato ad acqua e distillati.

Andando ancora più indietro arriviamo all’etimologia, dall’Arabia sharab ovvero “bere”. Dagli antichi cordiali medicinali al cocktail del momento è un attimo. Oggi infatti shrub ha significato ambivalente di bitter e aperitivo fatto e finito. Il drink, diffuso soprattutto in Nord America, ha base di frutta, aceto, soda e/o tonica.

Spritzer

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Se è vero che si può tranquillamente fare a meno dello spritz, rinunciare allo spritzer è assai più problematico. Con spritzer infatti si indica una vasta categoria di bevande, alcoliche e non alcoliche, a base di soda e/o acqua frizzante. Diffusi soprattutto nell’est Europa (Ungheria, Germania, Croazia, Slovenia), normalmente gli spritzer contengono vino bianco o rosé.

L’alternativa analcolica prevede sciroppo o succo di frutta. Fra gli spritzer “tipici” più conosciuti c’è l’Apfelschorle tedesco a base di succo di mela. Altri mix vincenti sono i citrini con succo di arancia/limone spremuto fresco oppure menta e zenzero, rinfrescante e pungente.

Sparkling tea

Sparkling-tea

Esiste qualcosa di più democratico, intergenerazionale e universalmente apprezzato del tè freddo? Ecco immaginate di aggiungervi le bollicine, et voila il perfetto drink analcolico è servito. Il tè frizzante o sparkling tea non va confuso con la kombucha: qui non c’è SCOBY, e dunque è assente la caratteristica acidità che può far storcere il naso a qualcuno.

Il processo produttivo è simile al metodo Charmat di spumantizzazione, con fermentazione delle foglie di tè ed eventuale aggiunta di aromi naturali. Non a caso le etichette di sparkling tea (concentrate nel Nord Europa) pubblicizzano le loro bottiglie come “Champagne” o “spumante” senza alcol. C’è da dire che perlage e bouquet di certo non gli mancano.

Vino dealcolato

Versare-vino-bicchiere

I colleghi di Intravino sempre sul pezzo ne stanno parlando in questi giorni. Il vino dealcolato è sul mercato, che piaccia o no, e non serve a niente indignarsi a prescindere. Piuttosto vale la pena capirne di più e magari scoprirne i pregi. Badate bene, non si tratta di mostri sintetici da laboratorio: terroir, vigna e uva sono sempre quelli.

La tecnologia interviene in cantina, dove per togliere l’alcol vengono utilizzate osmosi inversa o evaporazione sottovuoto. Il risultato, secondo Jacopo Cossater, spesso pecca di equilibrio, persistenza e armonia. Ma, per ora, è tutto sommato soddisfacente.

Se non siete completamente astemi, l’alternativa è la piquette o acquerello. Si tratta di un sottoprodotto del vino ricavato dalla fermentazione delle vinacce già torchiate. Leggero, frizzante e dal basso contenuto alcolico, ha tutte le carte in regola per diventare il prossimo trend in campo vitivinicolo.

Birra analcolica

Boccale-birra

Disprezzata e usata come punch-line cattivella, la birra analcolica è la proverbiale acqua di rose del mondo brassicolo. Eppure, degustata in modo serio e attento, rivela dignità granitica e attributi lodevoli. Certo, in Italia non sono molte le realtà artigianali che la includono in produzione e affidarsi all’industria non è esattamente un’esperienza trascendentale.

Al prossimo viaggio in Nord Europa, Nord America, Australia e non solo, fatevi una birra analcolica e capirete. Dagli stili (IPA, Weizen, Stout, Golden ale) a struttura e complessità scoprirete una beva di tutto rispetto. Come tante altre voci di questa lista, ne riparliamo tra qualche anno.

Acqua frizzante

acqua frizzante in bicchiere

Per dissetarsi non c’è niente di meglio di un bicchiere d’acqua. Per dissetarsi e divertirsi invece serve il kick in più delle bollicine. L’acqua frizzante, gassata o naturalmente effervescente, è forse il drink più sottovalutato. Ricordate quella voglia irresistibile di bersela a garganella?

Con le dovute caratteristiche (effervescenza, durezza, residuo) diventa un ottimo accompagnamento all’ora dell’aperitivo. Ok forse avremo scoperto l’acqua calda (touché). Ma chi vuole smettere o astenersi dall’alcol per qualsiasi motivo, troverà nella cara vecchia acqua frizzante un’alleata insospettata e formidabile.