“La morte fa parte della vita. Credo che riuscire ad ammetterlo e riconoscerne l’importanza, senza cercare di ricacciarla in un angolo buio e farla sparire, ci renda molto più umani”.
Quelle non sono le parole di un acuto filosofo o di un fine umanista mentre ragiona di etica o di morale, no.
Sono le crude, inconfutabili ma allo stesso profonde parole del titolare di un macello.
Arian Thibormery è infatti il proprietario della Vermont Packinghouse: un macello.
Un particolarissimo mattatoio del Vermont, a North Springfield, con 50 dipendenti , che ha iniziato la sua attività da appena un paio di anni, ma che già è diventato un caso internazionale per la particolare politica di gestione della materia che tratta: gli animali (una struttura gemella, inoltre, la Lorenz Meats, di comproprietà del gruppo della Vermont Packinghouse, si trova nel Minnesota).
Lontani dalla immagini raccapriccianti che subito ci si presentano alla mente quando parliamo di questi luoghi, o dei terribili trattamenti cui vengono sottoposti gli animali nei macelli tradizionali, il mattatoio di Thiboumery ha fatto della trasparenza, e anche dell’etica, la sua insegna.
Certo, gli animali sono comunque destinati verso il viaggio finale, ma non nei modi in cui siamo abituati a pensarli nei consueti macelli.
E’ lo stesso Thiboumery che ammette: “non avrei mai accettato di gestirlo in altro modo”.
A riprova delle sue parole, infatti, ha aperto il suo macello a fotografi, visitatori e tutti coloro che abbiano intenzione di visitarlo. Con una semplice prenotazione, infatti, è possibile fissare una visita e recarsi a vedere tutte le fasi di lavoro della struttura.
Il mercato di questi animali è di nicchia, provengono tutti da allevamenti biologici, crescono a pascolo libero e alimentati ad erba, trattamento che prosegue anche in questa sede.
“Ci sentiamo orgogliosi di quello che facciamo qui e vogliamo che tutto sia alla luce del sole”, ha detto Thiboumery al giornalista dell’ Huffington Post. “Vi descriveremo il modo in cui gli animali sono stati allevati e come sono morti. Non ce ne vergogniamo”
Proprio questa trasparenza ha attirato l’interesse del fotografo newyorkese Evan Meissner, che si è recato in visita al macello constatando la completa apertura di tutti i reparti della struttura ai visitori, senza nessuna sezione segreta o “off limits”, con possibilità, inoltre, di scattare fotografie liberamente.
Durante la sua visita, Meissner ha anche incrociato una comitiva di studenti, anche loro arrivati nel mattatoio per vedere tutte le fasi di lavorazione, e uno dei suoi scatti preferiti riguarda proprio l’espressione di una studentessa mentre osserva le fasi di macellazione di una mucca.
‘Ero impressionato dalla loro politica a porte aperte – ha dichiarato il fotografo. ‘In questi luoghi, di solito, si ha la sensazione che tutto accada in segreto, non riesci a guardare oltre il cancello’.
Invece, nel mattatoio di Thiboumery, tutto è alla luce del sole, tutto è sotto gli occhi di tutti.
La vita, e anche la morte.
Perché, come dice Meissner, “Se mangi carne devi accettare il fatto che, a un certo punto, l’animale dev’essere ucciso”.
Ucciso, ma non torturato.
[Crediti | Link: Dissapore, Huffington Post Italia, via Il Post]